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sabato 12 novembre 2016

SCANZANO JONICO. INCHIESTA “NEVE TARANTINA” DURISSIME LE PENE DETENTIVE: 30 ANNI DI RECLUSIONE A MICHELE PUCE E 27 A FRANCESCO GAETA

I DIFENSORI PROPORRANNO APPELLO
Il palazzo di giustizia di Taranto
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 12.11.16
SCANZANO JONICO – Durissime pene detentive sono state comminate dal tribunale di Taranto al termine del processo di primo grado svolto col rito ordinario a Michele Puce e Francesco Gaeta. Sono i due residenti nel centro del Metapontino finiti nell'inchiesta denominata “Neve tarantina”. Ebbene tra le 12 persone a giudizio il collegio giudicante, presidente Fulvia Misserini, giudici Loredana Galasso ed Elvia Di Roma, ha inflitto le pene maggiori di 30 anni di carcere proprio a Puce, attualmente detenuto nel carcere della città pugliese, e di 27 anni a Gaeta, detenuto a Potenza. Pene che sono andate ben oltre quelle chieste dal pubblico ministero Alessio Coccioli, 14 anni per Puce e 12 per Gaeta. L'accusa per cui i due lucani sono stati ritenuti colpevoli è quella di associazione mafiosa armata a fini di detenzione e spaccio di droga e detenzione di armi. In tutto i magistrati hanno inflitto agli imputati condannati, tutti ritenuti vicini al “clan Catapano”, 130 anni di detenzione. Due le assoluzioni. Sono salite, quindi, complessivamente a 30 le condanne per “Neve tarantina”. Un anno fa, infatti, al termine del processo per rito abbreviato, erano state ben 20 le condanne con pene fino a 20 anni di carcere come nel caso di Alduccio Catapano, ritenuto dagli inquirenti il referente di spicco dell’omonimo sodalizio criminale che per gli inquirenti controlla la borgata di Talsano. L’indagine, coordinata dal pubblico ministero Coccioli dell'Antimafia di Lecce e dal sostituto procuratore di Taranto Lucia Isceri, portò alla luce il 14 gennaio del 2014 un’associazione ritenuta mafiosa dedita al traffico di stupefacenti che attraverso tre differenti canali di rifornimento riusciva ad alimentare il mercato tarantino degli stupefacenti: Colombia, Bari e Gioia Tauro. I difensori di Puce, gli avv. Salvatore Maggio e Livia Lauria, e di Gaeta, lo stesso Maggio e Amedeo Cataldo, hanno già preannunciato ricorso. “Si tratta – ha detto l'avv. Lauria – di una sentenza incomprensibile ed assurda. Tanto che io avevo chiesto l'assoluzione del mio assistito. Tutta l'accusa è basata solo su intercettazioni telefoniche da cui non emerge alcun traffico di droga e che non sono state corroborate ad alcun elemento probatorio esterno. Da quando in qua il partecipe ad una associazione viene condannato a pene detentive maggiori del promotore? Appena sarà depositata la sentenza proporremo appello”.

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