|
NO ALLA VIOLENZA SUI MEDICI. MANIFESTO DELLA FNOMCEO DI BARI |
Di FILIPPO MELE. MEDICO DI
MEDICINA GENERALE, POLICORO (MT)
LA MIA RELAZIONE AL CORSO
DI EDUCAZIONE MEDICA CONTINUA ORGANIZZATO DALL'ORDINE DEI MEDICI SU
“IL RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE: PERCHE' LA VIOLENZA” E SVOLTOSI
OGGI A MATERA, NELL'AUDITORIUM DELL'OSPEDALE MADONNA DELLE GRAZIE
MATERA 13.4.19
- Conosco la violenza. Sono iscritto a due
ordini, quello dei giornalisti e quello dei medici. Ed esercito
entrambe le professioni. Per la prima mi sono occupato, sino al 1
aprile scorso, giorno dei mio pensionamento come collaboratore de La
gazzetta del mezzogiorno, anche di cronaca: omicidi, aggressioni,
risse, criminalità organizzata e non. Così, il 10 ottobre 2018
ignoti mi hanno recapitato nottetempo una busta bianca con in foglio
A4, anch'esso bianco, un proiettile di pistola inesploso, una penna
Bic rossa.
|
IL PROIETTILE DI PISTOLA E LA PENNA BIC ROSSA RECAPITATAMI NOTTETEMPO IL 10.10.2018 |
Ed ignoti hanno gettato una bomba carta sulla tettoia
della mia casa. Evidentemente a qualche boss non era piaciuto
qualcuno dei miei articoli sulla criminalità organizzata. Per questo
sono stato messo sotto sorveglianza dinamica da parte delle forze
dell'ordine per decisione della Prefettura di Matera.
Nè sono stato e non sono
più tranquillo come medico. Al mio collega, Leonardo Trentadue, il 1
settembre del 2017 un paziente ha provocato la frattura di un femore
aggredendolo per il suo rifiuto a redigere un certificato anamnestico
per la patente palesemente falso.
|
IL DR LEONARDO TRENTADUE INTERVISTATO DALLE TV NAZIONALI DOPO L'AGGRESSIONE |
Allora?
Allora cominciamo dalla
prima parte del titolo della mia relazione: IL BURNOUT. Di
cosa si tratta? Christina Maslach ne ha dato la prima definizione:
"Sindrome da esaurimento emotivo, da spersonalizzazione e
riduzione delle capacità personali che può presentarsi in soggetti
che per professione si occupano della gente". E chi più dei
medici si occupa delle persone, anzi del loro bene supremo come la
salute? La sindrome da Burnout, quindi, è l'esito patologico di un
processo stressogeno che colpisce le persone che esercitano
professioni d'aiuto, qualora queste non rispondano in maniera
adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta
ad assumere. Così il termine burnout in italiano si può tradurre
come “bruciato”, “scoppiato”, “esaurito”. Ma da dove
deriva questa autentica patologia? Dai tanti “No” che ogni giorno
siamo costretti a dire ai nostri pazienti. Eccovi alcune “scene da
ambulatorio quotidiano” come esempi.
Prima scena. Una
paziente: “Dottore mi fai la richiesta di ricovero di
riabilitazione a Ginosa? Se tu vuoi, mi hanno detto all'ospedale di
Taranto dove faro' la protesi al ginocchio, puoi farmela...”.
Richiesta che io non posso fare per ordine della mia Asl che ha
deciso si impedire ai medici di famiglia la possibilità di chiedere
ricoveri per riabilitazione ortopedica, neurologica, cardiologica.
Ovviamente la mia risposta ha causato un conflitto con la mia
assistita.
Secondo “siparietto”.
“Dottore, al cup mi hanno detto che puoi mettermi la priorità B
per la mia tac, la mia rmn, la mia colonscopia, la mia visita
ortopedica e via discorrendo”. Ed io, obtorto collo, come altri
colleghi, metto la B con risultato che questa classe di priorità non
esiste più.
Terza scena.
“Dottore, alla farmacia mi hanno detto che questa medicina è
mutuabile, perchè me l'hai scritta a pagamento? la mia amica non la
paga...”. Ed io a rispondere che non è così, purtroppo, per via
delle note Aifa o perchè la prescrizione è “off label”, al di
fuori dalle indicazioni riconosciute per quella medicina. Ed il
paziente va via non troppo convinto.
Quarta “piece” da
ambulatorio quotidiano. “Dottore, mi fai un certificato di malattia
di 15 giorni. Lo ha chiesto il nostro datore di lavoro a tutti noi
operai. Sa, piove e, quindi, non possiamo lavorare”. Ed al mio
rifiuto di rilasciare il certificato palesemente falso ecco la
replica: “Ci vuole fortuna nella vita. A tutti i miei colleghi gli
altri medici hanno fatto il pezzo di carta”. Il risultato di questo
conflitto? Il giorno dopo il paziente e tutti gli altri membri della
sua famiglia, da me assistiti da oltre 20 anni, hanno cambiato
medico.
Già. Il risultato di
tutti i “No” quotidiani è quello della sindrome di burnout nei
professionisti con l'aggravante della perdita di “clienti”. Sul
collo di ogni medico di famiglia, infatti, che lavorano in regime di
concorrenza, pende la “spada di Damocle della ricusazione”.
|
DAMOCLE ALLA CORTE DI DIONIGI, TIRANNO DI SIRACUSA |
Il
cittadino, infatti, può cambiare sanitario, senza alcuna
giustificazione, ogni sette giorni. Ed i medici, è ovvio, hanno
bisogno di lavorare.
Quali sintomi
caratterizzano il burnout? Qui riporto quelli fisici e quelli
psichici. I primi: stanchezza, necessità di dormire, irritabilità,
dolore alla schiena, cefalea, stanchezza agli arti inferiori, dolori
viscerali, diarrea, inappetenza, nausea, vertigini, dolori al petto,
alterazioni circadiane, crisi di affanno, crisi di pianto. I sintomi
psichici: stato di costante tensione, irritabilità,
depersonalizzazione, senso di frustrazione, senso di fallimento,
ridotta produttività, ridotto interesse verso il proprio lavoro,
reazioni negative verso familiari e colleghi, apatia,
demoralizzazione, disimpegno sul lavoro, distacco emotivo.
Dal burnout alla violenza
il passo è breve.
LA VIOLENZA. STIME
FIASO (FEDERAZIONE DI ASL ED OSPEDALI) E NURSING (SINDACATO
INFERMIERI) DELL'APRILE 2018: 3000 aggressioni l'anno con 1.200
denunciati all’Inail; 456 attacchi ad infermieri dei pronto
soccorso; 400 a medici e infermieri che lavorano in corsia; 320
violenze negli ambulatori; 87 casi tra omicidi, violenze carnali e
sequestri per i medici di continuità assistenziale negli ultimi 20
anni.
Quali le cause delle
aggressioni? Rispondo con Silvestro Scotti, presidente della Fimmg
(Federazione italiana medici di medicina generale) e dell'Ordine dei
medici di Napoli: “Responsabilità attribuita al medico per i
limiti organizzativi del Sistema sanitario nazionale; per motivi
logistici delle strutture sanitarie; per una condizione di malattia
ad evoluzione cronica-infausta”.
Che fare contro la
violenza sugli operatori sanitari? Ecco alcune risposte date in
diversi contesti nazionali.
Corsi di arti marziali
giapponesi “Ki aikido”. L'iniziativa è stata annunciata dal
presidente dell'Omceo di Torino Guido Giustetto. Il corso prevede una
giornata di convegno sul Ki aikido e le tecniche per contenere e
depotenziare gli atteggiamenti aggressivi.
|
KI AIKIDO |
Campagne informative
con manifesti come quelli fatti redarre dall'Ordine dei medici di
Bari: “Chi aggredisce un medico aggredisce se stesso. Difendiamo
chi difende la nostra salute”.
Progetti di legge.
La proposta di Michela Rostan, deputata di Leu, prima firmataria di
un ddl che vuole equiparare tutti i medici, al di là della loro
funzione, ai pubblici ufficiali. Ad appoggiare la proposta il
presidente della Fnomceo Filippo Anelli, il presidente Fimmg Scotti,
il numero uno dell’Enpam Alberto Oliveti. (Sanità ed informazione
30.7.18).
Che fare? La proposta che
personalmente preferisco: “La cura della coppia
medico-paziente”. Si tratta di un decalogo di
Cittadinanzattiva-Tdm e Fnoceo contenente 5 diritti e 5 doveri sia
del paziente sia del medico.
Diritti e doveri dei
cittadino.
Diritti: 1) avere il
giusto tempo di ascolto; 2) ricevere informazioni comprensibili; 3)
condividere percorsi di cura; 4) ricevere cure in sicurezza; 5) non
soffrire inutilmente.
Doveri: 1) non sostituire
il web o il passaparola al medico; 2) collaborare con il medico; 3)
rispettare le persone; 4) rispettare gli ambienti e gli oggetti; 5)
segnalare disfunzioni.
Diritti e doveri del
medico.
Diritti: 1) esercitare la
propria professionalità; 2) essere rispettato; 3) non assecondare
ogni richiesta; 4) essere informato dal cittadino; 5) lavorare nelle
migliori condizioni.
Doveri: 1) ascoltare; 2)
informare; 3) ridurre o alleggerire la burocrazia; 4) interagire e
confrontarsi con altri professionisti; 5) segnalare.
Il decalogo, però, è
stato adottato nel 2017 e, nonostante esso sia stato molto
pubblicizzato, non ha sortito gli effetti sperati, la diminuzione dei
casi di violenza contro i medici.
Quali conclusione, allora,
si possono trarre da questa trattazione?
Io, medico di 66 anni,
dopo 40 anni di professione, non posso non concludere con una frase
ormai famosa in Italia grazie al maestro Marcello D'Orta, che ha
scritto il libro, ed a Paolo Villaggio, protagonista nel film tratto
dal volume: “IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO”.