LAVORO NERO. DENUNCIA DEI
SINDACATI. C’È GENTE IMPEGNATA PER 10 - 12 ORE AL GIORNO CHE VIVE IN SITUAZIONI
DI SEMI SCHIAVITÙ. PERSONE STIPATE A DECINE IN ANGUSTI LOCALI
NUOVE VITTIME, DOPO LE DONNE, GLI
STRANIERI, IN PARTICOLARE I LAVORATORI DELLA ROMANIA
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
28.6.15
Il caporalato, l'odioso
sfruttamento di uomini sul lavoro di altri uomini, è duro a morire. “Ed adesso
– hanno sostenuto Marcella Conese, della Flai Cgil; Vincenzo Cavallo, della Fai
Cisl; e Leonardo Barbalinardo, della Uila Uil – i caporali, alle donne, loro
tradizionali vittime poiché facilmente ricattabili, hanno aggiunto lavoratori
stranieri, in particolare rumeni. Lavoratori impegnati per 10 – 12 ore al
giorno e che vivono in situazioni di semi schiavitù, stipati a decine in
angusti appartamenti in condizioni igieniche precarie. E la loro paga è la metà
di quella contrattuale”. Una denuncia forte che fa seguito al blitz dei giorni
scorsi del Comando provinciale dei Carabinieri e della Direzione territoriale
del lavoro in 32 aziende agricole del Metapontino. Blitz che ha fatto
riemergere il fenomeno di sfruttamento nelle campagne. “I risultati delle
ispezioni sono stati allarmanti. Su 32 aziende, 27 occupavano manodopera a
nero. Significa che circa l’85% delle imprese impiegava lavoratori irregolari,
in alcuni casi clandestini, reclutati anche in Puglia e Calabria. Il caporale
recluta e assicura il trasporto dei lavoratori ad un costo che viene sopportato
dagli stessi braccianti. Si tratta di un fenomeno che interessa più regioni e
più etnie: per diversi mesi all’anno, centinaia di grossi pullman si spostano
verso la fascia jonica lucana carichi di lavoratrici e lavoratori dalle
province di Brindisi, Taranto, Bari e di Cosenza, per la raccolta di frutta e
ortaggi. Da qualche anno, sono coinvolti lavoratori stranieri, per lo più
rumeni. Spesso a questi lavoratori non vengono riconosciute le giornate
prestate e la paga giornaliera è molto al di sotto di quella contrattuale (in
media 44 euro): 25 – 30 euro per 10 – 12 ore di lavoro compresa la “tangente”
versata al caporale. Le istituzioni e le forze dell’ordine debbono intervenire
periodicamente prima che il fenomeno – hanno concluso Conese, Cavallo e
Barbalinardo - acquisti dimensioni non più controllabili”.
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