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GIUSEPPE PASSARELLI |
LA
GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 18.12.17
POLICORO
- “Mio figlio Giuseppe non si è suicidato, a 20 anni, nella
caserma dei carabinieri di Cassano allo Jonio (CS), dove prestava
servizio, il 24 marzo 1997, non aveva motivo per farlo perchè amava
la vita. Chiedo che venga fatta giustizia e vengano puniti i
colpevoli di un atroce omicidio”. Lo ha scritto Antonio Passarelli,
padre di Giuseppe, il carabiniere nato nel centro jonico e deceduto
in circostanze che non hanno mai convinto la sua famiglia, in un
memoriale inviato al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella;
al ministro della giustizia, Antonio Orlando; degli interni Marco
Minniti; della difesa Roberta Pinotti; ed al comandante generale dei
carabinieri Tullio Del Sette. Nel testo Antonio ha elencato tutto ciò
che l'ha indotto a dedurre che l'amato figlio fu ucciso. Fino ad
arrivare ad indicare chi pianificò il delitto e chi lo eseguì in
concorso con altri. Ma ecco stralci del memoriale: “Giuseppe fu
trattenuto in caserma per 32 ore senza prestare servizio. Forse per
non farlo parlare con la famiglia su ciò che aveva scoperto in
quella caserma e per poterlo uccidere in comodità?” Ed ancora: “La
presenza di sostanza ematica all’interno dell’arma e la pulizia
esterna indicano che essa fu pulita per cancellare le impronte
digitali. Da chi? E perché? E mai è stata rinvenuta la scheda che
attribuiva quella pistola a Giuseppe”. Ma ci sarebbe di più: “Che
non fu la sua mano a sparare è stato comprovato dagli
stubs: negativi sulle mani, positivo sul lato destro del viso; e
sulla manica destra della giacca della divisa non c'erano tracce di
polvere da sparo. Non fu, perciò, la mano destra di mio figlio ad
azionare l’arma”. I
dubbi,
però, non sono finiti: “Sulla camicia e sulle scarpe furono
rivenute tracce di terriccio dando l'idea che il corpo fosse stato
trascinato attraverso una zona in terra o in erba. Da dove
provengono?” Da ultimo, il “mistero” delle
macchie
ematiche e di materia cerebrale solo all’interno della giacca e non
all'esterno: “Una persona sparandosi non si macchia sulla giacca ma
il suo sangue miracolosamente fluisce solo al di sotto di essa? Forse
mio figlio non indossava al momento dello sparo la giacca che gli fu
messa addosso dopo il colpo per far credere che avesse con sé la
pistola custodita nella fondina attaccata all'indumento a mezzo di un
moschettone”. Da qui la richiesta di giustizia, dopo 20 anni, alle
istituzioni.
L'AVVOCATO SANASI PRECISA: “LA FAMIGLIA HA SEMPRE
CERCATO DI FARE EMERGERE LA VERITÀ”
POLICORO
- “Esprimo a nome della famiglia Passarelli il disappunto e
rammarico provati nel leggere il titolo “Fu suicidio”
dell'articolo del 10 dicembre 2017 della Gazzetta del Mezzogiorno il
quale, seppure virgolettato, sembra dare un verdetto finale e certo
sulle cause della morte di Giuseppe Passarelli. La famiglia si è
sempre battuta per far emergere la verità negando l'ipotesi del
suicidio e sostenendo la tesi dell'omicidio”. Lo ha scritto al
nostro giornale l'avv. Daniele Luigi Sanasi chiedendo una rettifica.
Nessuna difficoltà a riportare la precisazione da parte nostra
chiarendo che il virgolettato indicava solo che quella è stata la
sentenza della magistratura che mai ha convinto i familiari di
Giuseppe ed anche, ad esempio, l'associazione Libera. Del resto la
Gazzetta ha sempre dato voce alle istanze della famiglia Passarelli
alla ricerca da 20 anni di giustizia e verità.
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