sabato 10 febbraio 2018

SCANZANO JONICO. ROSA ANNA DIAMANTE, MADRE DI COSIMO VENA, IL 37ENNE MORTO PER OVERDOSE: “VOGLIO GIUSTIZIA PER MIO FIGLIO. NON MI RASSEGNERÒ MAI”. PRESENTATO AI CARABINIERI DI POLICORO UN ESPOSTO-DENUNCIA PER LA RIAPERTURA DEL CASO

MARIA ANNA VENA E ANNA ROSA DIAMANTE
COSIMO VENA
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 10.2.18

SCANZANO JONICO – “Vidi morire mio figlio, il 15 settembre 2015, tra le mie braccia. Finchè i miei occhi rimarranno aperti mi batterò perchè i responsabili della sua morte vengano individuati e condannati”. Lo ha detto Rosa Anna Diamante, la madre di Cosimo Vena, deceduto a 37 anni per overdose, dopo aver presentato ai carabinieri della Compagnia di Policoro un esposto-denuncia con la richiesta di riapertura delle indagini. Vena morì mentre si trovava agli arresti domiciliari perchè coinvolto nell'indagine “Neve tarantina”. Un decesso di cui non sono stati individuati eventuali responsabili. Nelle settimane scorse il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Matera, Angelo Onorati, ha archiviato il procedimento a carico di tre persone indagate per omicidio colposo (due operatori del 118 ed il medico di famiglia, ndr) e di un'altra accusata di aver provocato la morte dell'uomo fornendogli la dose di cocaina letale. Archiviazione richiesta dalla Procura della Repubblica contro cui avevano fatto opposizione i familiari. Ma invano. Da qui la denuncia di Anna Rosa assistita nella sua battaglia dalla sorella di Cosimo, Maria Anna. “Vogliamo che si indaghi ancora – ha detto quest'ultima – su due aspetti. Sulle responsabilità di chi aveva il dovere di assistere mio fratello quando chiamai il 118 la prima volta e su chi portò la droga mortale ad un uomo ai domiciliari che non poteva incontrare nessuno. Si esaminano, allora, le registrazioni delle mie chiamate al 118 e quelle della persona accusata di aver provocato il decesso fornendo a Cosimo la dose letale”. Due richieste evidenziate nell'esposto negli otto punti posti all'attenzione degli investigatori e finalizzati ad approfondire le cause di una morte che, per la famiglia, ha tanti punti oscuri non chiariti delle indagini precedenti. Anna Rosa: “Hanno chiuso un procedimento su ipotesi non su certezze. Noi vogliamo certezze. Le voglio io, la madre che tenne tra le sue braccia il figlio dopo che era venuto la prima volta il 118. Invece che ricoverarlo, perchè stava già male, mi dissero che doveva dormire. Lo cullai, con la testa sul mio petto. Aveva il respiro affannoso. Poi, si rilasciò e vomitò un liquido nero. Pensavo si fosse liberato ma Cosimo in quel momento morì. Quando il 118 arrivò la seconda volta non ci fu più nulla da fare. Non mi rassegnerò mai. Voglio giustizia”.


METAPONTINO IN NERO. FAMILIARI COSTRETTI A TRASFORMARSI IN DETECTIVE. TANTE LE VICENDE IRRISOLTE

SCANZANO JONICO – Il caso della morte di Cosimo Vena, avvenuto il 15 settembre del 2015 nell'ospedale di Policoro dove era stato trasportato attorno alle 23, è l'ultimo della serie in cui i familiari sono costretti a trasformarsi in detective per avere giustizia. Nel Metapontino “in nero” possiamo citare quello dei “fidanzatini di Policoro”, assurto alla cronaca internazionale; dell'omicidio dell'autotrasportatore di Scanzano Jonico, Vincenzo De Mare; del giovane policorese Mario Milione, bruciato in un auto nelle campagne di Ginosa (TA); del carabiniere Giuseppe Passarelli, avvenuta a Cassano allo Jonio (CS); e dell'agricoltore di Montalbano Jonico, Nicola Macculi. Delitti senza colpevoli e con i familiari in attesa di giustizia.

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