venerdì 1 marzo 2019

FERRANDINA. CARLO LEONARDO CERABONA CONDANNATO A 6 ANNI DI CARCERE PER USURA CONTINUATA, ESTORSIONE E TENTATA ESTORSIONE

RICONOSCIUTO IL RISARCIMENTO ALL’ASSOCIAZIONE ANTIRACKET E ANTIUSURA “FAMIGLIA&SUSSIDIARIETÀ” E ALLA FONDAZIONE LUCANA ANTIUSURA “MONS. VINCENZO CAVALLA” COSTITUITESI PARTI CIVILI. IL LEGALE DEL CONDANNATO, L'AVVOCATO PIETRO DAMIANO MAZZOCCOLI, PREANNUNCIA APPELLO

IL TRIBUNALE DI MATERA
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 1.3.19
FERRANDINA - Carlo Leonardo Cerabona, 52 anni, di Ferrandina, è stato riconosciuto colpevole del reato di usura continuata, periodo1998-2015, estorsione e tentata estorsione, ed è stato condannato a 6 anni di carcere ed a 12 mila euro di multa più le spese legali dal tribunale collegiale di Matera presieduto da Gaetano Catalani, con a latere Rosa Bia e Danilo Staffieri. Lo stesso tribunale ha stabilito per la Fondazione lucana antiusura “Mons. Vincenzo Cavalla” e l’Associazione antiracket e antiusura “Famiglia e sussidiarietà”, costituitesi parti civili a sostegno delle vittime, un risarcimento del danno non patrimoniale, per ciascuna di esse, di 5.000 mila euro. “Il buon lavoro svolto dai carabinieri e dalla Procura di Matera – ha evidenziato Famiglia e sussidiarietà - ha conseguito un importante risultato. La condanna del Cerabona (tratto in arresto l'11 settembre 2017 al termine di un'indagine condotta dai carabinieri dopo le denunce di alcuni artigiani, ndr) appare proporzionata e spinge al coraggio civico e alla denuncia contro troppi usurai che delinquono nell’impunità”. Le due organizzazioni antiusura, rappresentate da don Basilio Gavazzeni e da Angelo Festa, sono state difese dall’avvocato Pietro Mazzoccoli. Cerabona, invece, è stato difeso da Pietro Damiano Mazzoccoli e Giuseppe Cristalli. “Produrremo appello contro la sentenza – ha spiegato P. D. Mazzoccoli – poiché manca agli atti del processo una consulenza contabile che attesti il tasso usuraio e perchè i magistrati si sono basati solo sulle dichiarazioni delle parti offese e non sui fatti dimostrati dall'imputato. E non vi sono prove attestanti le violenze e le minacce di cui è accusato il nostro assistito”.

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