LE
PAROLE RIVOLTE AI FEDELI DAL VESCOVO DI MATERA-IRSINA QUESTA MATTINA
DURANTE LA CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA NELLA BASILICA CATTEDRALE
DI MATERA
OMELIA
GIORNO DI NATALE 2020
Carissimi
fratelli e sorelle presenti nella nostra stupenda Basilica Cattedrale
e voi che ci seguite da casa grazie all’emittente TRM, in questo
giorno solenne i nostri occhi contemplano Dio che si è fatto carne,
proprio come ognuno di noi, formandosi nel grembo di una donna,
Maria, che lo ha partorito con le stesse doglie delle nostre mamme.
La
meditazione della Parola mi suggerisce che Gesù, insieme a Maria e
Giuseppe, ha vissuto un’esperienza molto simile a quella che stiamo
sperimentando in questo tempo di pandemia. Da qui ripartiamo per
esprimere la nostra fede che ci invita a riportare questa festa nella
sua vera umanità, lontani dai frastuoni e da tutto ciò che non
rimanda a Dio. Questo tempo così difficile e duro ci sta dicendo che
dobbiamo ritrovare l’incanto del Natale di Gesù e, anche nelle
case, sperimentare il silenzio per pregare davanti al presepe e
contemplare Dio che si è fatto come noi: Bambino. Guardando la sua
umanità in Gesù avvertiamo il bisogno di essere sanati e guariti
interiormente.
Alla
famiglia di Nazareth sono state chiuse tutte le porte: non c’era
posto per loro né in albergo né negli ostelli e nemmeno nelle case
private. Anche a noi, durante quest’anno, sono state chiuse le
porte delle nostre case, delle scuole, delle palestre, dei cinema,
dei ristoranti, delle pizzerie. Sono rimaste chiuse anche le porte
delle piscine, delle piste da sci, dei teatri, dei musei, dei negozi,
senza dimenticare che, nella prima ondata, non abbiamo potuto
attraversare neanche le porte delle nostre chiese.
L’evangelista
Giovanni nel prologo afferma che Gesù, Verbo di Dio, è venuto in
mezzo a noi e al termine della sua missione è ritornato a Dio. Tutto
ciò che ha detto e fatto non è stato altro che rivelazione del
Padre.
Ad
ognuno di noi, mai come in questo tempo, viene data l’opportunità
di contemplare il mistero che si è svelato ai nostri occhi: le porte
della vita divina si spalancano davanti a noi.
Purtroppo
in tanti casi le mura domestiche si sono rivelate poco ospitali: chi
è stato contagiato dal Covid19 o ha avuto contatti con qualcuno già
positivo, vive la quarantena, isolato da tutti, soprattutto dagli
affetti. Un saluto affettuoso a voi tutti.
Mi
sono chiesto: perché la famiglia di Nazareth non è riuscita a
trovare posto in nessuna locanda o casa? Possibile che nessuno abbia
avuto pietà nel vedere una donna incinta in procinto di partorire?
La spiegazione è riposta nella dottrina giudaica secondo la quale
quando una donna partoriva rimaneva in uno stato di impurità che
durava sette giorni se nasceva un maschio e quattordici se nasceva
una femmina. Secondo quanto c’è scritto nel libro del Levitico
(Lev 12,1-8) la madre doveva aspettare altri trentatré giorni se
aveva partorito un maschio e sessantasei in caso di femmina. Questo
tempo serviva a purificarsi prima di portare un sacrificio al
sacerdote del Tempio.
Questa
è la ragione per cui nessuno voleva avere contatti con una
partoriente: era immonda e tutto ciò che toccava diventava immondo.
Come allora anche ai nostri giorni abbiamo constatato di trovarci di
fronte ad una umanità chiusa nel proprio individualismo e indolente
di fronte ai drammi e sofferenze di interi popoli volutamente tenuti
ai margini della convivenza civile.
La
stessa Vergine Maria, pur essendo Immacolata e senza peccato
originale, si è docilmente sottoposta alla Legge mosaica, così come
l’evangelista racconta. Non solo, ma portò una coppia di colombi
al Tempio come offerta purificatrice.
Non
vorrei forzare troppo l’interpretazione di quanto ha vissuto la
famiglia di Nazareth, però mi sembra di trovare delle analogie con
quanto stiamo sperimentando ai nostri giorni: non possiamo avere
contatti, niente strette di mano, niente abbracci, niente scambio di
pace, purifichiamo continuamente tutto ciò che tocchiamo, usiamo
mascherine e ci laviamo spesso le mani per paura di prendere o
trasmettere l’impurità del virus.
La
Parola di Dio oggi si manifesta in tutto ciò che ci circonda, nella
storia dell’umanità chiamata a riconoscere la sua presenza tra
noi. Eppure abbiamo ascoltato che il “mondo” non lo riconobbe, né
ricevette la Parola. "Venne fra la sua gente, ma i suoi non
l’hanno accolto”. Ma in questo momento ci sentiamo aggrediti da
un virus che si trasforma mettendo ulteriore apprensione e paura: ci
manca l’ossigeno, anzi il vero ossigeno: Dio!
“La
pandemia del Covid19 ci ha messi di fronte a un evento traumatico che
ci costringe a un nuovo apprendistato: ragione, lavoro, relazione,
vicinanza, sicurezza, democrazia, povertà, disabilità – ma anche
fede, Chiesa, spiritualità, sacramenti, prossimità – sono ancora
lì, ma non sono come prima. Il nostro tempo si è interrotto, una
frattura si è instaurata. Ci scopriamo feriti là dove nemmeno
immaginavamo. Affamati di parole che abbiano il coraggio di
affrontare la radicalità del presente, non vogliamo disperdere il
pianto e i timori di questo momento. Non si tratta di inventare
narrazioni consolatorie, ma di cercare parole che sappiano dire i
processi mentre vengono vissuti, e contribuire, per quel che
possiamo, a «svegliare l’aurora»”. (Il
Centro Fede e Cultura “Alberto Hurtado”, unità accademica
dell’Università Gregoriana di Roma, ha pubblicato un e-book per
aiutarci a leggere e a interpretare il tempo che stiamo vivendo:
“Vedo la notte che accende le stelle - Sentieri in tempo di
pandemia”).
Il
rischio che noi cristiani possiamo correre è esattamente questo: non
riconoscere la presenza di Dio tra noi, non accogliere la Parola che
ci chiede di diventare carne nella nostra carne, di ripensare la
nostra vita e rileggerla secondo quanto Dio ci sta comunicando.
E’
giusto e sacrosanto il desiderio di tornare a vivere la normalità
della vita, ma a noi cristiani viene chiesto di più: far entrare la
luce divina nelle nostre case e farci abbagliare meno da quelle
artificiali.
Giuseppe
e Maria si erano recati a Gerusalemme per obbedire al censimento che
imponeva agli abitanti di registrarsi nel luogo dal quale proveniva
la propria stirpe. Un’obbedienza, la loro, faticosa in quanto
dovevano percorrere da Nazareth a Gerusalemme 150 Km a piedi e per di
più con Maria che da un momento all’altro avrebbe potuto
partorire.
Anche
noi in questo tempo stiamo ricevendo, attraverso i diversi DPCM,
molte prescrizioni alle quali attenerci. Ci costa molto non poter
stare con i nostri affetti più cari, non poter alleviare le loro
solitudini. Quanta sofferenza ci provoca il non poter condividere il
dolore, non poter consolare o essere consolati per la morte di una
persona cara: nemmeno un funerale! E’ tutto così assurdo,
disumano!
“Il
Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.
La paura, la stanchezza, la rabbia, il dolore hanno bisogno di essere
illuminati, sostenuti. Allo stesso modo, le schermaglie politiche e
le continue campagne elettorali hanno bisogno di essere purificate e
indirizzate verso un impegno concreto per il bene di tutti. Dio vuole
stare vicino all’uomo, ecco perché la sua Parola si è resa
presente e visibile a noi nella persona di Gesù, “pieno di grazia
e di verità”.
Giovanni
nel prologo aggiunge: «Il mondo fu fatto per mezzo di Lui, eppure il
mondo non lo riconobbe». Mai come quest’anno l’evento pandemico
ci sta riportando all’essenza del Natale: il festeggiato è Gesù
ed è lui che ci invita a far festa, facendoci partecipi del suo
essere Dio.
Questa
è la Parola viva di Dio, presente in tutte le cose, che brilla nelle
tenebre che non hanno il potere di spegnerla. E’ stato così in
passato, in momenti duri e difficili come questo, lo è anche oggi:
il bisogno di Dio rinasce sempre nel cuore umano. Non c’è stato e
non ci sarà mai nessuna scuola filosofica, nessun contesto
culturale, nessun regime, capaci di soffocare il desiderio di Dio.
In
questo tempo noi cristiani, come Maria, siamo chiamati a dare alla
luce Gesù, mostrando la gioia che caratterizza la nostra vita di
uomini pieni di speranza e di fiducia.
Attualissime le
parole di Don Tonino Bello, quando afferma: «Il Natale di
quest'anno ci farà trovare Gesù e, con lui, la festa di vivere, il
gusto dell'essenziale, il sapore delle cose semplici, la fontana
della pace, la gioia del dialogo, lo stupore della vera libertà».
E ancora: «Chi spera cammina, non fugge! Si incarna nella storia!
Costruisce il futuro, non lo attende soltanto! Ha la grinta del
lottatore, non la rassegnazione di chi disarma! Ha la passione del
veggente, non l'aria avvilita di chi si lascia andare. Cambia la
storia, non la subisce»!
E’ il tempo
della purificazione, di lasciarci incontrare da Dio, di ritornare al
Tempio con il desiderio di adorare il Signore della Vita, Gesù, di
riannodare relazioni interrotte, in modo da essere una umanità che,
dopo il travaglio del parto, mostri il volto bello di come Dio da
sempre l’ha pensata.
Così
sia.
✠ Don
Pino