sabato 26 marzo 2022

SCANZANO JONICO. DEMOLITA LA CASA ABUSIVA DEGLI SCARCI

IL QUOTIDIANO DEL SUD, EDIZIONE DELLA BASILICATA, 25 MARZO 2022: “L’ORDINANZA RISALE AL 2020 MA SOLO IERI CARABINIERI E FINANZA L’HANNO ESEGUITA. LA COSTRUZIONE SI TROVA IN UN’AREA VICINO ALL’EX STABILIMENTO “LO SQUALO BEACH” SEQUESTRATO NEL 2011”. DI SEGUITO L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL GIORNALE NELL’EDIZIONE DI IERI, CON RICHIAMO E FOTO IN PRIMA PAGINA

IL QUOTIDIANO DEL SUD

EDIZIONE BASILICATA

VENERDI’ 25 MARZO 2022

SCANZANO JONICO – Avevano colonizzato abusivamente uno degli angoli più suggestivi del lido Torre di Scanzano Jonico, installando lo stabilimento balneare “Lo squalo beach”, che veniva gestito in completa autonomia, secondo gli inquirenti e la magistratura ospitando anche importanti summit mafiosi tra i clan Scarci di Taranto, i cugini lucani Scarcia di Policoro e gli autoctoni che facevano capo all’ex carabiniere Gerardo Schettino oggi in carcere. Così, dopo il sequestro del lido nel lontano settembre 2011, ed il successivo affidamento all’associazione “Libera Basilicata” che ha avviato lì il suo presidio di legalità “Onda libera”, ieri mattina le ruspe dell’XI Reggimento Genio guastatori di Foggia con un plotone di carabinieri della Compagnia di Policoro e del Nucleo investigativo di Matera, oltre ai Baschi verdi della Guardia di finanza, hanno abbattuto la “casa di villeggiatura” degli Scarci, anch’essa realizzata a pochi metri abusivamente su terreno non di loro proprietà, in piena pineta. La costruzione prefabbricata in legno era lì da più di dieci anni, ma un’ordinanza delle commissarie prefettizie che amministravano il Comune sciolto per mafia, ne disponeva la demolizione dal settembre 2020. I tempi tecnici della giustizia hanno, quindi, consentito l’abbattimento solo oggi, mentre la famiglia tarantina continuava ad utilizzarla come depandance estiva. Al loro arrivo, i militari hanno preso atto dello stato dei luoghi, la casa con tanto di recinzione tutto su terreno altrui, quindi hanno fatto irruzione iniziando a svuotarla di mobili ed elettrodomestici, alcuni dei quali sono stati prelevati direttamente da alcuni membri della famiglia. In casa c’erano frigoriferi, cucina, elettrodomestici e persino una cassaforte. Dopo lo svuotamento, la pala meccanica ha demolito il prefabbricato, sotto gli occhi attenti del capitano Roberto Rampino, comandante della Compagnia di Policoro. Al termine delle operazioni si restituirà a tutti un angolo di pineta incantevole, che era stata illecitamente occupata dalla famiglia tarantina, il cui capostipite oggi è Andrea Scarci. Così si può dire che il malaffare e l’abusivismo sono stati sradicati dal lido jonico definitivamente. 

In quella casa e nel lido, si sono svolti importanti incontri tra le famiglie. Era il 2010 quando gli investigatori del Commissariato di Scanzano sospettavano che la mala locale avesse fatto il salto di qualità. Per questo quando col passare del tempo i segnali si sono moltiplicati e anche carabinieri e Guardia di finanza sono arrivati a conclusioni convergenti, il sospetto si è trasformato in convinzione. E’ una strana riunione al lido di Scanzano Jonico, la scena d’apertura del “romanzo criminale” dei tre clan del metapontino. A raccontarlo è il gip Lucio Setola, che ha firmato l’ordinanza di misure cautelari eseguite, ricordando le informative con cui la polizia spiegava «quanto avvenuto il 28 luglio del 2010». Gli agenti, infatti, intervennero per interrompere «un “summit” tra il clan “Scarci” di Taranto, rappresentato allora dal reggente Francesco, un esponente della ‘ndrina calabrese dei “Mancuso” di Limbadi (Vv), nella persona di Giuseppe Costantino e gli esponenti più qualificati della malavita della fascia jonica-lucana Rocco Russo e Michele Puce (per il clan “Schettino”)». Il luogo prescelto per l’incontro era il lido Lo Squalo Beach “(...) gestito dalla famiglia “Scarcia” di Policoro. Russo, Puce e Costantino - giungono a bordo di un Porsche Cayenne, Scarci arriva su di un gommone proveniente da Taranto» (eludendo le limitazioni per la sorveglianza speciale). Così annotavano gli investigatori. In quel periodo, quindi: «Sul territorio di Scanzano e dei paesi limitrofi operava un unico gruppo criminale, ancora molto fluido e con una struttura ancora approssimativa, in cui spiccavano le personalità di Rocco Russo e Gerardo Schettino Gerardo quali promotori e capi del sodalizio». E soltanto «nel tempo (ed in particolare tra il 2011 ed il 2012) si registra una frattura all’interno di tale gruppo, con la progressiva contrapposizione e poi scissione di 2 gruppi». Setola descrive anche le personalità dei capi: l’ex carabiniere Schettino, «più riflessivo, accorto, metodico»; e Russo «più spavaldo, irascibile, assuntore accanito di stupefacenti». Oltre che il contrasto sulle «modalità operative da seguire ed ai settori criminali in cui operare», dal momento che «Russo, soggetto dedito ad assumere stupefacenti, prediligeva tale settore, spesso operando con modalità “eccessive” e tali da mettere in pericolo i traffici illeciti». Mentre Schettino: «soggetto accorto e di maggiore spessore criminale, collegato con gruppi mafiosi pugliesi e calabresi, pianifica ed attuata una politica di progressiva infiltrazione nel tessuto sociale -attraverso il controllo dei traffici di droga- ed in quello commerciale -sia attraverso attività estorsive a danno di imprenditori locali che con il riciclaggio dei proventi in attività di facciata grazie a presta nomi». «In seguito - scrive ancora il gip -, il forte interesse economico e la necessità di predominare sul territorio, crea forti attriti tra i due gruppi, che fino a quel momento avevano operato di comune accordo». In questo clima erano maturati gli abusi edilizi al lido, culminati nel sequestro prima e nella demolizione di ieri.

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