sabato 7 ottobre 2023

IL LAVORO PRECARIO DI BASILICATA. ARRIVANO I BIG DI FORZA ITALIA? E L’USB CHIEDE UN INCONTRO PER I 1800 LAVORATORI RMI E TIS DIMENTICATI

INTANTO IL PRESIDIO DI PROTESTA DAVANTI ALLA REGIONE E’ GIUNTO AL SUO 215ESIMO GIORNO. E CONTINUERA’ AD OLTRANZA. DI SEGUITO LA NOTIZIA INTEGRALE




FONTE COMITATO TIS 21/5/2018 USB FACEBOOK

RICHIESTA INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DI FORZA ITALIA NEGLI INCONTRI DI SABATO E DOMENICA PROSSIMI ORGANIZZATI PER PRESENTARE IL LORO PROGRAMMA “LA BASILICATA NEL FUTURO “DA PARTE DEGLI EX TIS E RMI LUCANI

I rappresentanti più di spicco di Forza Italia si riuniscono intorno al presidente Bardi in una due giorni Lucana il 7 ottobre a Matera e domenica 8 a Potenza per presentare il loro programma "la Basilicata nel futuro".

1800 persone in lotta da anni aspettano di conoscere il loro futuro.

Un futuro in cui le responsabilità della classe dirigente di questo partito sono pesanti e caratterizzate anche dall'incuria in cui sono cadute le loro richieste di intervento. Cominciando dalla sparizione del presidente Bardi rispetto alla verifica di soluzioni possibili da lui stesso rappresentate nella riunione dell'11 gennaio scorso alla senatrice Casellati, capogruppo regionale di Forza Italia e che grazie al voto dei lucani riveste il suo ruolo all'interno del parlamento e del governo italiano, destinataria di richieste di incontro insieme a tutti i parlamentari lucani.

A differenza di quanto successo da parte dei parlamentari calabresi capaci di creare normative ad hoc per i tirocinanti calabresi provenienti dalla mobilità in deroga il caso degli ex TIS e RMI lucani non è mai stato preso in considerazione per chiedere, come richiesto ,che il periodo di lavoro comunque espletato presso i comuni, a prescindere dalla denominazione di turno, sia rapportato al lavoro subordinato per il riconoscimento del triennio di anzianità utile al processo di stabilizzazione o comunque alla possibilità di accedere a contratti a tempo determinato per conseguire lo stesso obbiettivo.

Crediamo che in occasione dei due appuntamenti lucani i parlamentari presenti oltre che il presidente Bardi non possano negare l'opportunità ad una delegazione dei lavoratori interessati e alla nostra O.S. di rappresentare le proprie richieste di una giusta stabilizzazione e occupazione e denunciare per l'ennesima volta l'utilizzo di questi lavoratori in attività in cui non vengono garantiti dei diritti fondamentali come la malattia e la maternità .

Intanto si invitano tutti i lavoratori interessati a partecipare ai due appuntamenti e di fare sentire la loro voce.

ROSALBA GUGLIELMI - USB BASILICATA

 

FONTE DONATO AURIA FACEBOOK

215 GIORNI DAL PRESIDIO E DALLA TENDA

In Basilicata ci sono circa 1800 soggetti collocati in progetti di inserimento sociale/lavorativo denominati ex RMI (Reddito Minimo di Inserimento) ed ex TIS (Tirocini di Inclusione Sociale).

Questi soggetti beneficiano di un piccolo sussidio, finalizzato al contrasto alla povertà e all'esclusione sociale, in cambio I LAVORATORI PRESENTI in questi progetti svolgono attività lavorative di pubblica utilità e sono impegnati e collocati nelle scuole, nei tribunali, nei comuni, nel verde pubblico e in tanti altri ambienti di lavoro della pubblica amministrazione.

Svolgono attività dove la carenza di personale e una inesistente pianificazione di rinnovo occupazionale oltre alla compressione dei livelli dei servizi minimi da assicurare alla comunità crea disagi e disservizi agli utenti, colmati in parte con il loro lavoro quasi gratuito e senza un regolare contratto di lavoro.

Negli anni hanno acquisito professionalità e competenze riconosciute da tutti, ma formalmente e nei fatti non sono inquadrati come “lavoratori”, ma solo come "percettori di sussidio".

Non hanno diritto alla malattia, ai contributi pensionistici, ad un giusto riposo, alla maternità, non hanno alcun diritto riconosciuto.

Avrebbero diritto a lavorare senza rischiare la vita, senza perderla, ma non essendo considerato il loro come un lavoro, spesso e volentieri, non hanno nemmeno la minima dotazione di sicurezza personale e della platea sono morti sul lavoro anche due lavoratori, uno lasciò oltre la moglie anche una figlia minorenne.

Sono passati decenni dal loro primo inserimento in platee di pubblica utilità, li hanno chiamati con i nomi più fantasiosi e disparati pur di tenerli sempre nel mondo sommerso del lavoro nero legalizzato dalle istituzioni, adesso sono definiti ex “tirocinanti di inserimento sociale” e ex “reddito minimo di inserimento”.

Assistono disabili, guidano pulmini dei comuni, visionano documenti e atti sensibili in comuni e tribunali, sono presenti nelle mense scolastiche e tante altre mansioni, in verità svolgono un regolare lavoro ma senza un regolare contratto.

Percepiscono un sussidio di solo 550/580 euro al mese, questa situazione li sta distruggendo fisicamente e psicologicamente. E' sempre più difficile da parte loro pagare le bollette, mantenere le proprie famiglie, a garantire un’istruzione ai propri figli. Si sentono umiliati e sfruttati a tutti i livelli dalle pubbliche amministrazioni, le quali si servono del loro lavoro senza riconoscerne il merito e i diritti.

Tutto questo perché è più facile far quadrare i bilanci se una persona al posto di assumerla la marchi a vita come tirocinante, è comodo mandare avanti la macchina comunale se la regione assegna gratuitamente dei lavoratori lasciando pensare ai cittadini che così si contribuisce a strapparli dal degrado e dall’emarginazione sociale.

Questo paese per questi lavoratori non è una repubblica fondata sul lavoro, è un paese gestito da rappresentanti istituzionali che usano il lavoro nero all'interno degli enti pubblici per garantire dei servizi indispensabili.

Questo progetto con la distribuzione del sussidio è stato introdotto dai governi precedenti e portato avanti da altri governi a loro dire per far fronte alla povertà, subito dopo, tanti lavoratori e tante lavoratrici che hanno avuto questo contributo economico hanno iniziato a lavorare come richiesto loro dai rappresentanti istituzionali e non solo.

Il governo regionale dovrebbe prendere atto che si è di fronte a una collettività di lavoratori che prestano le loro braccia in attività socialmente utili a cui vanno riconosciuti quei diritti che non hanno mai avuto e una retribuzione che possa bastare per condurre una vita dignitosa.

Fino a quando ai lavoratori non saranno dati i diritti che meritano, il presidio continua.

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