FISSATA L’UDIENZA PER
DICHIARARE L’ESTINZIONE DEI REATI A CARICO DI PITTELLA, DE FILIPPO, ED ALTRI.
SOLO L’EX CONSIGLIERE SANTOCHIRICO RINUNCIA E CHIEDE L’ASSOLUZIONE NEL MERITO.
DI SEGUITO LA NOTIZIA INTEGRALE
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FONTE IL QUOTIDIANO DEL SUD, EDIZIONE BASILICATA
RIMBORSOPOLI BASILICATA, DOPO 12 ANNI DI INDAGINI TUTTI PRESCRITTI
LEO AMATO
17 MAGGIO 2024
DOPO 12 ANNI DI INDAGINI FINISCONO TUTTI PRESCRITTI GLI INDAGATI NELL’INCHIESTA RIMBORSOPOLI SULLE SPESE FACILI DEI CONSIGLIERI REGIONALI (E NON SOLO) DELLA BASILICATA
POTENZA – Tutti prescritti
nel processo “madre” sulla rimborsopoli
lucana.
E’ questo il clamoroso verdetto anticipato, ieri (16 maggio 2024), dal
presidente del collegio “b” del Tribunale di Potenza, Valentina Rossi. Dodici
anni dopo l’esplosione dell’inchiesta sulle spese pazze degli esponenti del
parlamentino di via Verrastro. Uno scandalo senza precedenti, che portò alle
dimissioni dell’allora governatore Vito De Filippo e alle elezioni anticipate
vinte, a novembre del 2013, da un altro candidato governatore del Pd come
Marcello Pittella (poi transitato in Azione, ndr). Quindi al rinvio a giudizio,
nel 2014, di una quarantina tra consiglieri regionali e assessori, rieletti e
non, e degli stessi Pittella e De Filippo, intanto nominato sottosegretario
alla Salute del governo Renzi.
L’imbarazzante epilogo di una
vicenda giudiziaria già oltremodo imbarazzante di suo, per le istituzioni
lucane, è maturato a distanza di tre mesi da una prima “scrematura” dei capi
d’imputazione già prescritti da quelli per cui i termini di estinzione del
reato non erano ancora scaduti.
A febbraio, infatti, era stato pronunciato il non luogo a procedere per una
serie di accuse nei confronti, tra l’altro, dell’attuale commissario del Parco
nazionale dell’Appennino lucano, Antonio Tisci, del presidente Centro studi
internazionali Lucani nel Mondo e della Confederazione italiani nel mondo,
Luigi Scaglione. Ma anche l’ex presidente del Consiglio regionale Franco
Mollica, in corsa come candidato sindaco della sua Venosa, col sostegno di Pd
ed ex laici cattolici di Basilicata casa comune, alle elezioni dell’8 e 9
giugno.
Tanto non è bastato, ad ogni
modo, per alleggerire le incombenze istruttorie ancora da svolgere per provare
a chiudere il dibattimento e a emettere un verdetto. Quanto meno in tempi utili
in ragione dei due anni ulteriori necessari, a esser ottimisti, per garantire
agli imputati anche un processo in Appello e la possibilità di un ricorso in
Cassazione.
Di qui la decisione annunciata ieri mattina di rinviare l’udienza a febbraio
2025, sulla base di un protocollo giudiziario in vigore dal 2017 nel Palazzo di
giustizia di Potenza. In materia di processi “moribondi”. Con la precisa
intenzione di lasciar maturare il termine dei 13 anni dai fatti necessario a
far scattare la prescrizione anche per le accuse di peculato meno datate. In
quanto risalenti al secondo semestre del 2011.
Una circostanza, questa del del rinvio strategico delle accuse in via di
prescrizione, che lascia comunque aperto un interrogativo non di poco conto su
cosa ne sarebbe stato del processo se questa possibilità fosse stata
considerata con un paio di anni di anticipo. Magari stralciando e rinviando al
2025 le accuse per i fatti più datati, e concentrando l’attività in udienza per
quelli più recenti. Anche in considerazione della relativa semplicità delle
questioni giuridiche da risolvere, laddove si fosse rimediato ai problemi
derivati dal numero ingente di imputati e di contestazioni.
Tra i sicuri prescritti del maxi-processo rimborsopoli ci sono anche altri esponenti politici lucani di primo piano come il potentino Michele Napoli (FdI), appena rieletto in Consiglio regionale, l’imprenditore materano Nicola Benedetto, vicecapolista dei meloniani alle europee dell’8 e del 9 giugno, e l’ex consigliere regionale Luca Braia (Iv). E ancora l’ex sindaco di Potenza Gaetano Fierro, animatore di una delle liste di aspiranti consiglieri alle comunali di giugno, e il segretario regionale dell’Udc, Agatino Mancusi.
Ha rinunciato espressamente
alla prescrizione chiedendo l’assoluzione nel merito, invece, il solo ex
presidente del Consiglio regionale Vincenzo Santochirico. Per lui, che è
assistito dall’avvocato Angela Pignatari, ieri sono stati sentiti alcuni
testimoni ed è stata già fissata un’udienza a parte, a settembre, per provare a
chiudere l’istruttoria e a passare alle discussioni.
Restano in attesa del verdetto della Corte d’appello di Potenza, invece, 7 ex
consiglieri coinvolti in un filone secondario della medesima inchiesta che ha
originato un mini-processo arrivato a sentenza, dopo un percorso accelerato, a
dicembre 2019. Con condanne tra i 2 anni e 2 mesi, e i 5 anni e 4 mesi di
reclusione.
Per loro la prossima udienza
è fissata a settembre. In caso di conferma della condanna, ad ogni modo, è
probabile che la prescrizione arrivi comunque prima della pronuncia della
Cassazione sugli eventuali ricorsi che verranno presentati.
Gli accertamenti condotti tra il 2012 e il 2013 da finanza, carabinieri e
polizia sui rimborsi riconosciuti a consiglieri e assessori regionali si erano
concentrati sulle spese di esercizio del mandato dei singoli consiglieri, e
quelle per l’attività dei loro gruppi politici di appartenenza.
Le spese emerse dall’esame di
rendiconti e scontrini giustificativi, però, in molti casi avrebbero avuto ben
poco di politico: dall’orsetto di peluche ai cd musicali acquistati in
autogrill, passando per il singolo caffè, le caramelle e prodotti da forno di
ogni tipo, il noleggio di un auto in Costa Smeralda in altissima stagione,
vacanze, pernottamenti in albergo con accompagnatrici imprecisate, e
quant’altro.
Diversi, inoltre, sarebbero stati gli scontrini corretti a penna gonfiandone
l’importo – e il relativo rimborso -, e in qualche caso sono state documentate
persino spese “impossibili”. Come quelle per pranzi e cene che lo stesso
consigliere avrebbe consumato lo stesso giorno, alla stessa ora, ma in
ristoranti distanti centinaia di chilometri di distanza.
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