sabato 9 novembre 2024

INCHIESTA SANITOPOLI E MALA POLITICA LUCANA. TUTTI I NOMI DEI 19 RINVIATI A GIUDIZIO (TRA CUI IL PRESIDENTE BARDI), DEI 3 ASSOLTI E DEI 5 PROSCIOLTI. LE DECISIONI DEL GUP VALENTE SULL’INCHIESTA CHE SCOSSE E SCUOTE LA REGIONE BASILICATA

PROCESSO AL VIA IL 20 GENNAIO PROSSIMO. TREDICI I CAPI DI IMPUTAZIONE. LEGGI LA NOTIZIA INTEGRALE

LA PRIMA GIUNTA BARDI DELLA SUA PRIMA LEGISLATURA (PER L'EX ASSESSORA MERRA REATO DEPENALIZZATO)

POTENZA 7 OTTOBRE 2022. I CARABINIERI ENTRANO NELLA REGIONE (FOTO ANSA)

PRIMA PAGINA IL QUOTIDIANO DEL SUD - EDIZIONE DI BASILICATA

FONTE ILQUOTIDIANO DEL SUD – EDIZIONE DI BASILICATA

SPERA ASSOLTO, BARDI E ALTRI 18 NO

IL GUP SMONTA LE ACCUSE AL DG DEL SAN CARLO. A GIUDIZIO IL GOVERNATORE, ROSA, CUPPARO, LEONE E FANELLI

AL VIA A GENNAIO IL DIBATTIMENTO SUL COMPLOTTO CONTRO BARRESI E LE CORRUTTELE ELETTORALI A LAGONEGRO

POTENZA – Assolti il direttore generale del San Carlo, Giuseppe Spera, l'ex capo dell’ufficio legislativo del governatore Vito Bardi, Antonio Ferrara, e l'imprenditore Antonello Canonico, che avevano optato per il rito abbreviato.

Rinviati a giudizio per presunte pressioni per far dimettere il precedente dg del San Carlo, Massimo Barresi, lo stesso Bardi e 4 dei componenti della sua prima giunta regionale. Vale a dire: il senatore FdI Gianni Rosa, l'attuale assessore regionale alle Attività produttive Franco Cupparo (FI), e gli attuali consiglieri regionali Rocco Leone, sempre FdI, e Francesco Fanelli (Lega). Più l’ex sindaca di Lagonegro Maria Di Lascio, l’ex capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale e altri per presunte corrutele legate alle elezioni del 2020 nel centro valnocino.

E’ questo il verdetto pronunciato ieri sera dal gup Francesco Valente nell’ambito del processo nato dall’inchiesta sulla “mala politica lucana”. Con un totale di 19 rinviati a giudizio che dovranno presentarsi il prossimo 20 gennaio davanti al collegio “A” del Tribunale di Potenza per l’inizio del dibattimento su 13 capi d’accusa residui.

Il gup ha respinto le richieste di condanna a 3 anni e mezzo di reclusione per Spera, e a un anno e 4 mesi per Canonico che erano stata avanzate in mattinata dal pm Vincenzo Montemurro. Mentre per Ferrara lo stesso Montemurro aveva fatto marcia indietro chiedendo l’assoluzione.

Soddisfazione per la sentenza è stata espressa dai difensori del dg del San Carlo, Savino Murro e Maurizio Spera, che hanno parlato della fine di una grave sofferenza per il loro assistito. Tanto più che due anni orsono venne raggiunto persino dal divieto di dimora a Potenza, poi annullato dal Tribunale del riesame. Il tutto per accuse che sarebbero state fondate su «fatti a lui non noti e comportamenti di altri dei quali era all'oscurità”. Spera era rimasto implicato nel filone “elettorale” dell’inchiesta

nata dalle denunce di Barresi e di un altro superteste dell’accusa, l’ex segretario particolare di Bardi, su un presunto gruppo di potere deviato annidato ai vertici della Regione. Gruppo che avrebbe voluto speculare, in particolare, sulla costruzione del nuovo ospedale di Lagonegro.

Rispetto a questo filone “originario”, però, il gup ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di Bardi e Leone per un’ipotesi di tentata induzione indebita in concorso con Ferrara (assolto col rito abbreviato, ndr). Per le presunte pressioni su un avvocato della Regione, perché ammorbidisse la sua linea difensiva al Tar, rispetto al ricorso presentato da Spera contro la nomina di Barresi da parte della vecchia giunta di centrosinistra. Ricorso che in seguito venne comunque accolto dai giudici amministrativi.

Il gup ha preso anche atto della depenalizzazione del reato di abuso d’ufficio che era contestato a Bardi, Leone, Cupparo, Fanelli e Rosa per una delibera con cui il direttore generale del Dipartimento sanità era stato incaricato di «dare

istruzioni» agli avvocati della Regione sulla linea difensiva da adottare nel contenzioso al Tar tra Spera-Barresi.

Per tutti e 5, pertanto, è arrivato il non luogo a procedere per questa accusa, e il rinvio a giudizio solo per un’ulteriore contestazione di induzione indebita. Mentre Cupparo e Leone dovranno rispondere singolarmente, o in concorso con Piro e Di Lascio, di una serie di altre ipotesi di concussione e corruzione.

l.a.

LA MAXI INCHIESTA SULLA “MALA POLITICA”

GLI IMPUTATI E LE ACCUSE CHE RESTANO IN PIEDI

SARANNO 13 I CAPI D'IMPUTAZIONE PER CUI IL 20 GENNAIO INIZIERÀ IL DIBATTIMENTO DEL PROCESSO SULLA “MALA POLITICA LUCANA”. DEI 22 PER I QUALI ERA STATO CHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO

I REATI “ELETTORALI”

Il gip ha disposto il rinvio a giudizio, in primis, per alcune ipotesi di corruzione collegate alle elezioni comunali che nel 2020, a Lagonegro, videro Maria Di Lascio conquistare la poltrona di sindaca con il sostegno fondamentale dell'allora capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Francesco Piro. Ipotesi dalle quali lo stesso gup ieri ha scagionato il direttore generale del San Carlo, Giuseppe Spera.

La prima riguarda Di Lascio, Piro, l’assessore regionale Franco Cupparo (Fi), e un ex assessore della giunta Di Lascio, Gianni Mastroianni, che secondo l’accusa, si sarebbero accordati «al fine di assicurarsi» sia la candidatura di Mastroianni «all’interno della lista Insieme con Maria di Lascio, (...) che il relativo bacino di voti». Il tutto in cambio di una promessa di assunzione in Formez Pa o, in alternativa, «quale manutentore presso il nascente nuovo ospedale di Lagonegro».

La seconda, invece, ruota attorno alla candidatura nella lista “Insieme” di Maria Palermo, successivamente nominata assessore, che sarebbe stata “ricambiata” con atti contrari ai doveri d’ufficio quali la stabilizzazione di un’in fermiera precaria «che Ttrovava epilogo favorevole in data 02 febbraio 2021» nonché «nell’assunzione a tempo indeterminato presso una casa di riposo non meglio specificata della di lei nipote». Per questa ipotesi, risulta rinviato a giudizio assieme Palermo, Piro e Di Lascio anche l’allora assessore alla Sanità, e attuale consigliere regionalre FdI, Rocco Leone.

Questi ultimi 3 (Piro, Di Lascio e Leone) dovranno rispondere anche di istigazione alla corruzione, in concorso con un medico dell’Asp, Nicola Castelluccio, che avrebbe ottenuto un comando negli uffici della Regione come ricompensa per la promessa di una candidatura nella lista della sindaca del fratello (cosa poi non avvenuta).

Con Piro, Di Lascio, e Palermo, inoltre, è stato rinviato a giudizio un medico dell’ospedale di Lagonegro, dove Palermo presta servizio come infermiera, il ginecologo Vito Funicelli, che sarebbe stato beneficiato della promessa di una promozione. Mentre l’architetto poi eletto consigliere comunale, Benedetto Rito Olivo, dovrà difendersi con Piro e Di Lascio dall'accusa di essersi candidato nella lista “Insieme” in cambio della promessa dell’assunzione della moglie in una struttura in via di realizzazione

a Lagonegro per la formazione del personale della vigilanza privata.

Due ulteriori capi d'imputazione “elettorale” per corruzione che sono finiti a dibattimento ruotano attorno al sostegno offerto a Piro e Di Lascio da Gennaro Ladaga, funzionario dell'Azienda sanitaria di Matera desideroso di trasferirsi nell'Azienda sanitaria di Potenza, e da Giacinto, Chiara e Silvio Camaldo, grazie a presunta intermediazione di Cupparo. In cambio della promessa di un’altra assunzione in Formez Pa e dello scorrimento della graduatoria di una selezione svolta da Eni per l’assunzione di personale in Val d’Agri.

Infine c'è il presunto acquisto da parte del solo Piro di altri pacchetti di voti da Nicola Buldo, Maria Lucia Infantino e Armando Buldo con la promessa «della sua qualificata attivazione presso i competenti uffici dell Asp e della Regione Basilicata al fine di assicurare loro un indennizzo patrimoniale rilevante e comunque maggiore del prezzo originario di acquisto del terreno nell’ambito della procedura di esproprio» di un terreno della società riconducibile agli ultimi tre.

LE ALTRE ACCUSE

Piro e Cupparo sono stati rinviati a giudizio anche per una tentata concussione «motivata ancora una volta da ragioni elettorali

politiche», per i solleciti all’allora amministratore di Acquedotto lucano spa, Giandomenico Marchese, rispetto alla promozione a dirigente desiderata da un funzionario della società capace di disporre di alcuni voti a Lagonegro.

Piro e Leone, poi, dovranno difendersi a dibattimento dall'accusa di tentata induzione indebita per le intimidazioni all’ex dg del San Carlo, Barresi, consistite dall'avergli fatto intendere «che era in loro potere consentire la proroga del suo incarico e delle sue funzioni e o determinarne la revoca e comunque ostacolare il legittimo esercizio del suo mandato». Con l’obiettivo di «costringere il medesimo Barresi Massimo ad acconsentire che la costruzione del nuovo ospedale di Lagonegro».

Il solo Leone è stato rinviato a giudizio per un'altra ipotesi di tentata concussione per aver sollecitato Barresi ad acconsentire alla presa di servizio di un’anestesista, «collocatasi ultima nella graduatoria della procedura concorsuale di assunzione», nella sede da lei più gradita, Potenza, in luogo di quella di Lagonegro. Sempre con frasi tipo: «non finirai il tuo mandato se ti opponi al mio volere ed alle mie direttive ed indicazioni». Più un'ipotesi di induzione indebita per aver provato a costringere l’ex dg, e con lui anche l’allora dirigente dell’ufficio risorse umane del San Carlo, a revocare la «nomina a lui non gradita» di Angelo Sigillito come direttore del Dipartimento di scienze chirurgiche.

L’EX GIUNTA IMPUTATA

Bardi, Leone, Cupparo, Fanelli e Rosa, da ultimo, sono stati rinviati a giudizio per un’ipotesi di tentata induzione indebita. Per aver compiuto: «atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere alle dimissioni Barresi Massimo (...) colpevole di non essersi adeguato alle richieste indebite e talora illecite e o clientelari di rappresentanti della giunta regionale ovvero di esponenti politici della maggioranza che esprimeva la giunta».

I pm fanno riferimento, in particolare, a una delibera con cui a luglio del 2020 sono stati tagliati 12 milioni di euro dai fondi destinati al San Carlo. Delibera che a loro avviso non avrebbe avuto altra motivazione, «se non quella di mettere il Barresi in eccezionale difficoltà se non nella sostanziale impossibilità di raggiungere i risultati di gestione che doveva conseguire con il connesso rischio di essere esposto in ragione di tale carenza di fondi ad un fallimento professionale e gestionale». Tanto più che a settembre 2020, col subentro di Spera alla guida dell’Azienda ospedaliera, circa 7 milioni e mezzo di euro sarebbero ritornati alla loro originaria destinazione.

l.a.

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