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“Considerate le cinque
evasioni registrate in soli cinque giorni e in attesa di interventi strutturali
che tardano ad arrivare, la soluzione migliore è quella di valutare
l’intervento dell’Esercito all’esterno degli istituti penitenziari attraverso
un’operazione che definiremmo “Carceri sicure”, sul modello di quanto già
realizzato per il carcere di Nuoro”. A metterlo, nero su bianco, è il Sindacato
Autonomo Polizia Penitenziaria, il primo e più rappresentativo del Corpo, che
fornisce sul blog poliziapenitenziaria.it un’analisi della situazione
penitenziaria attuale. “Non c’è nulla da scandalizzarsi per questa proposta. In
passato, in situazioni di grave emergenza, si è già fatto ricorso all’Esercito,
che salì sui muri di cinta assumendo il servizio di sentinella. Basti ricordare
l’Operazione Vespri siciliani, successiva alle stragi di Capaci e via D’Amelio,
durata dal 1992 al 1998, o la più recente disposizione del Prefetto di Nuoro per
la sorveglianza dell’esterno del carcere di quella città dopo la clamorosa
evasione di un boss”, evidenzia Donato Capece, segretario generale del SAPPE.
Il leader storico dei Baschi Azzurri rimarca la grave situazione che si è
determinata, negli anni, con politiche sbagliate: “I dati parlano chiaro e non
lasciano spazio a interpretazioni. Venti anni fa, con un organico stabilito per
legge in 45.121 unità, c’erano in servizio più di quarantamila poliziotti
penitenziari per gestire 53.000 detenuti distribuiti in 202 carceri (compresi 6
OPG poi soppressi)”, precisa. “I numeri ufficiali del Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria attestavano 41.808 unità di Polizia
Penitenziaria presenti in servizio al 31 dicembre 2006 e 40.152 unità al 31
dicembre 2009. Oggi la situazione è drammaticamente peggiorata. Con un organico
previsto per legge – tagliato dalla riforma della Pubblica Amministrazione nota
come “legge Madia” – a circa 42.000 unità, sono presenti poco più di
trentaseimila poliziotti penitenziari per gestire sessantatremila detenuti
distribuiti in 207 carceri (18 minorili), più circa 30 REMS e altrettanti UEPE,
per un totale di 267 strutture da controllare e gestire. La tendenza
pensionistica completa il quadro allarmante: se venti anni fa andavano in
pensione cinquecento poliziotti all’anno, oggi ce ne vanno tremila ogni dodici
mesi. Un’emorragia di personale, peraltro esperto, che impoverisce
ulteriormente un sistema già al limite”. Il sindacalista, che parla di
“collasso del sistema ormai alle porte – per altro tutte spalancate, come
dimostrano le recenti evasioni”, conclude con un monito “che deve risuonare
forte e chiaro: nessuno, e sottolineiamo nessuno, può più ignorare o fingere di
ignorare la drammaticità della situazione delle carceri italiane.
Come recita il brocardo latino “Ignorantia legis non excusat” – l’ignoranza
della legge non scusa – così oggi l’ignoranza della crisi carceraria non potrà
esentare nessuno dalle proprie responsabilità quando, inevitabilmente,
succederà qualcosa di irreparabile. Il tempo delle mezze misure e dei rinvii è
finito. Il sistema carcerario italiano ha bisogno di interventi immediati,
strutturali e radicali. La sicurezza dei cittadini, la vita dei detenuti e la
dignità del lavoro dei poliziotti penitenziari non possono più aspettare”. Da
qui, la proposta del SAPPE di “valutare l’intervento dell’Esercito all’esterno
degli istituti penitenziari attraverso un’operazione che definiremmo “Carceri
sicure”.



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