SCANZANO J.CO (MT) 27 NOVEMBRE - E’ necessario rianimare lo spirito della civile protesta di Scanzano per evitare che la Basilicata possa diventare con il ritorno del nucleare nuovamente oggetto di altre “infrastrutture di peccato” che segnerebbero la fine dello sviluppo del territorio agricolo e turistico. Lo ha sostenuto in un comunicato stampa Pasquale Stigliani, portavoce dell’associazione antinucleare Scanziamo le scorie. Nel testo si legge: “Questo è l'obiettivo del “Manifesto di Scanzano”, strumento di conoscenza contro le aspirazioni di un ritorno del nucleare, presentato dall’Associazione Antinucleare ScanZiamo le Scorie ai responsabili regionali di CGIL, CISL, UIL, CIA, Confagricoltura, Legambiente, WWF e ARCI, il 23 novembre nella giornata della manifestazione dei centomila, in ricordo del XXII anniversario della protesta. All’incontro hanno portato il loro contributo anche i Sindaci del Comune di Rotondella, di Montalbano, di Pisticci, il Vice Sindaco di Scanzano, l’Assessore all’Ambiente del Comune di Bernalda e il Consigliere regionale Piero Marrese. Dopo l’utile confronto, porteremo il “Manifesto di Scanzano” in tutto il territorio della Basilicata per ostacolare la propaganda nucleare. La posizione della Regione espressa in favore del disegno di legge del Governo per riaprire il nucleare ci preoccupa molto. Per questo, attraverso una solida base di conoscenza diffusa tra i cittadini Lucani dobbiamo prepararci ad opporci pacificamente alla costruzione in Basilicata di nuovi impianti o centri di scorie nucleari, cosi come facemmo con determinazione il 27 novembre di 22 anni fa, costringendo il Governo Berlusconi di allora a cancellare il nome di Scanzano dopo 15 gloriose giornate di protesta”.
Consulta il “Manifesto di Scanzano” cliccando sul link. IL MANIFESTO E' ANCHE ALLEGATO AL PRESENTE POST.
Per chi volesse organizzare un incontro per la presentazione del Manifesto può scriverci a scanziamolescorie@gmail.com
Pasquale Stigliani
Resp. Comunicazione e Organizzazione
ScanZiamo le Scorie
IL MANIFESTO DI SCANZANO
premesso che:
nell’ambito della pianificazione per il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal, l’Italia ha inviato alla Commissione europea, il 1° luglio 2024, il “Piano Nazionale Integrato Energia e Clima” (PNIEC);
nel Piano è stata inserita dal Governo l’ipotesi di costruire in Italia una capacità nucleare che, partendo da 0,4 GW nel 2035, potrebbe salire a 7,6 GW nel 2050, con altri 0,4 GW che dovrebbero arrivare dalla fusione nucleare, senza la presenza di elementi tecnici o dati che asseverino la sostenibilità degli obiettivi indicati. Tale decisione è avvenuta contro le regole del diritto europeo, con un annuncio del Governo ed in assenza di un confronto pubblico e trasparente, nonostante la popolazione italiana si sia espressa contro questa scelta già con ben 2 referendum, nel 1987 e nel 2011;
lo scenario sviluppato nel PNIEC prevede la fornitura al 2050 di circa l’11% dell’energia elettrica totale richiesta, con una possibile proiezione verso il 20%, impiegando la tecnologia degli SMR (Small Modular Reactors). Nonostante la tecnologia optata dal Governo sia ancora nella fase di ricerca e priva di uno sviluppo commerciale per il suo impiego, si ipotizza di realizzare centrali nucleari con potenze tra i 100-300 MW che, secondo Energia per l’Italia, gruppo di docenti e ricercatori di università e centri di ricerca impegnati sui temi della transizione energetica, potrebbe portare all’installazione tra i 58 e i 175 reattori sul territorio nazionale;
tale scelta è giustificata dall’affermazione contenuta nel PNIEC secondo cui questo scenario per il raggiungimento degli obiettivi al 2050 consentirebbe di ridurre i costi fino a 17 miliardi di euro rispetto a uno scenario 100% rinnovabile. Un’affermazione che non è suffragata da alcuna analisi: nei documenti pubblicati dai 7 gruppi di lavoro della Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile insediata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica per il rilancio della tecnologia nucleare non ci sono indicazioni di costo per i nuovi SMR;
nei documenti strategici di pianificazione energetica e climatica per il raggiungimento degli impegni sulla decarbonizzazione assunti per i target del 2030 e il 2050 dei Governi precedenti tra i quali il “Piano Nazionale Integrato Energia e Clima” (PNIEC) pubblicato nel 2019, la Strategia Italiana di lungo termine (LTS) pubblicata nel gennaio del 2021, il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” (PNRR) pubblicato nell’aprile 2021, il “Piano per la Transizione Ecologica” (PTE) pubblicato giugno del 2022, l’ipotesi del nucleare non era mai stata presa in considerazione;
neanche lo scoppio del conflitto in Ucraina ha spinto l’Europa a rilanciare il nucleare, nonostante abbia dovuto velocemente adeguare la sua politica di approvvigionamento energetico con una nuova strategia individuata nel “Piano RepowerEU”, rivolto ad accelerare drasticamente la transizione verso l'energia pulita, a ridurre i consumi di energia e ed aumentare l'indipendenza energetica dell'Europa da fornitori inaffidabili e da combustibili fossili volatili;
nel documento programmatico pluriennale 2025-2027, il Ministero della Difesa descrive un contesto geopolitico in cui sembra imminente un coinvolgimento diretto dell’Unione europea e dell’Italia in guerra. Proprio con l’aggravarsi del conflitto tra l’Ucraina e la Russia si sono manifestati palesemente i rischi ed i pericoli rispetto alla gestione in sicurezza delle centrali nucleari nell’ambito della della guerra. In particolare, gli attacchi al sarcofago di Chernobyl e alla centrale di Zaporizhzhia in Ucraina potrebbero comportare un incidente nucleare con conseguenze catastrofiche che coinvolgerebbe gli Stati europei oltre ad un’ampia interruzione delle forniture di energia elettrica;
sui pericoli alimentati dai conflitti è intervenuto nella Giornata nazionale del lutto in Germania anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lanciando un importante monito sul nucleare: «Un solo gesto può cancellare una città e l’innocenza stessa del mondo», perché dice: ci sono «nuovi “dottor Stranamore” si affacciano all’orizzonte, con la pretesa che si debba “amare la bomba”»;
per la produzione di energia nucleare siamo fortemente dipendenti dagli Stati stranieri, in particolare dalla Russia e suoi Stati satellite, per l’approvvigionamento della materia prima. Secondo l’Associazione Mondiale Nucleare (WNA), nel 2022, Mosca deteneva circa il 20% della capacità mondiale di conversione dell’uranio e il 44% della capacità di arricchimento. La metà del materiale fissile disponibile a livello globale passa attraverso impianti russi. Non è comprensibile come sia pertanto possibile perseguire l’autonomia energetica della Nazione se avremo il bisogno di approvvigionarci del combustibile nucleare da altri Paesi insicuri. Inoltre dalle audizioni tenute alla Camera dei deputati nell’indagine conoscitiva sul ruolo dell’energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione è emerso che l’uranio è in via di esaurimento: circa 60 anni con l’attuale utilizzo, non appena saranno rese operative tutte le centrali in costruzione, in particolare cinesi;
la sicurezza delle centrali nucleari viene minata anche dai cambiamenti climatici. Nel 2025 sia la Francia che la Svizzera hanno dovuto fermare alcune centrali nucleari a causa delle condizioni meteorologiche che il 30 giugno hanno aumentato la temperatura di alcuni fiumi sopra i 25°C;
considerato che;
la volontà di installare centrali nucleari nel territorio nazionale, nonostante sia sostenuta da una massiccia campagna di propaganda sull’opinione pubblica, da diverse iniziative parlamentari e dal governo con la presentazione di un disegno di legge "Delega al Governo in materia di energia nucleare sostenibile" (2669), riscontra nei fatti l’opposizione bipartisan delle forze politiche territoriali. Sull’ipotesi di realizzare una centrale nucleare nel territorio si è già espresso contro il Comune di Latina, feudo del centro destra. Anche nel Veneto, il dibattito emerso per realizzare una centrale a Mestre, in prossimità di Venezia, vede la contrarietà del Presidente della Regione Luca Zaia;
i rischi delle centrali nucleari comportano la necessità di prevedere interventi complessi sui territori attraverso la predisposizione di piani provinciali di sicurezza per la popolazione, per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari e le conseguenti misure protettive per fronteggiare eventuali pericoli ai quali ci si esporrebbe;
la realizzazione nel territorio comunale di una centrale nucleare comporta una servitù che alimenta lo sviluppo distorto mettendo a rischio la crescita dello sviluppo economico locale;
nel corso del convegno organizzato nel maggio del 2025 dall’Associazione Si alle rinnovabili No al nucleare in ricordo del Professor Massimo Scalia, anche il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi ha espresso il suo scetticismo sul nucleare. Per il Nobel l’Italia non è un buon posto per fare centrali nucleari: «Avere un impianto per l’energia nucleare in una zona densamente popolata è un modo per massimizzare i danni rispetto ai benefici». Teniamo conto che il 95% nazionale è a rischio idrogeologico. Per il Professore, un altro aspetto problematico che riguarda il nucleare è quello relativo alla gestione delle scorie radioattive secondo cui «bisogna gestirle, un lavoro non facile». Infine, il premio Nobel ritiene che «ci saranno reattori di quarta generazione alcuni dei quali promettono di “mangiarsi” le scorie per ridurle, ma al momento sono solo dei prototipi. Non è ancora chiaro quanto andrà avanti il nucleare di quarta generazione, mentre è più sicuro investire sul risparmio energetico»;
nel mondo la gestione e la messa in sicurezza definitiva dei rifiuti radioattivi di alta attività che nel 2003 volevano essere seppelliti nelle miniere di salgemma di Terzo Cavone a Scanzano J.co (MT), rimane il problema irrisolto. In Italia i cronoprogrammi delle attività di messa in sicurezza e lo smantellamento dei centri nucleari continuano a subire ritardi facendo lievitare i costi per la collettività e i rischi per la salute umana delle popolazioni che vivono nei pressi dei centri nucleari. Non si è riusciti ad individuare ancora l’area in cui realizzare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi che potrebbe riguardare una delle 14 aree potenzialmente idonee presenti nella Regione Basilicata nei Comuni di Matera, Montalbano Jonico, Bernalda, Montescaglioso, Irsina e Genzano di Lucania. Tuttavia la Sogin, società incaricata dallo stato per la gestione dei lasciti nucleari, nel nuovo piano prevede un ulteriore aumento dei costi pari a 11,38 miliardi, 3,58 miliardi, circa il 50 per cento in più rispetto alle previsioni del 2020. Il raggiungimento del “prato verde” stimato nel 2020 al 2041 sale di oltre 10 anni e viene nuovamente previsto al 2052. Slittano di 10 anni anche i tempi dell'entrata in esercizio del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi che viene prevista al 2039;
secondo un recente studio pubblicato dall’autorevole rivista scientifica PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) i nuovi reattori nucleari su cui punta l’Italia, darebbero luogo ad un volume di rifiuti radioattivi da smaltire da 2 a 30 volte superiori a quelle prodotte dai reattori del tipo attualmente in funzione. Inoltre, a causa della natura delle scorie radioattive sarebbe molto più critica la gestione dei depositi in cui sistemarle;
è smentita anche la favola che le centrali nucleari non emettono CO2. Secondo l’articolo pubblicato dalla rivista online QualEnergia dal titolo “L’energia nucleare è davvero carbon-free?” nel maggio 2023, se si guarda alla lunga e complessa filiera e al loro ciclo di vita, si possono stimare emissioni significative, che potrebbero aumentare molto in futuro;
considerato che;
oltre agli aspetti relativi alla sicurezza, alla gestione delle scorie e all'accettabilità sociale, sono due i fattori che mettono in discussione il ruolo del nucleare nei prossimi anni e decenni. I tempi di costruzione e i costi. Al momento, chi spera nel nucleare in Italia crede in soluzioni di cui è impossibile prevedere se e quando saranno disponibili e, soprattutto, quanto eventualmente costeranno realmente;
per accendere la prima lampadina con energia nucleare prodotta dalla futura tecnologia dobbiamo attendere il 2035 secondo le indicazioni contenute nel PNIEC, un tempo troppo lontano considerata la necessità di intervenire con urgenza per contrastare la crisi climatica attraverso la riduzione delle emissioni e gli alti livelli di prezzo della bolletta energetica;
la propaganda sulla riapertura delle centrali nucleari non si ferma neanche davanti al manifestarsi del fallimento dei progetti di sviluppo dei prototipi della tecnologia nucleare che il Governo, Confindustria e alcuni operatori industriali del settore energetico italiano vorrebbero impiegare. Un quadro aggiornato viene ben descritto nell’articolo pubblicato il 31 ottobre 2024 da QualEnergia, dal titolo “Fallisce l’azienda di micro reattori: il nuovo nucleare è un'incognita economica” a firma di Giulio Meneghello, nel quale si approfondiscono anche gli aspetti sulla convenienza economica rispetto ad altre tecnologie;
nell’articolo viene ripreso il report IEEFA “Small Modular Reactors: Still too expensive, too slow and too risky”, secondo il quale per tutte le principali soluzioni SMR in campo dal 2015 al 2023, tempi e costi previsti si sono impennati anziché ridursi;
Edison, Ansaldo Nucleare e TEHA Group, in un report pubblicato a settembre, prevedono che con 20 SMR potrà essere prodotta elettricità ad un costo tra 90 e 110 €/MWh, affermando che questo li renderebbe competitivi rispetto al fotovoltaico con storage. Un’affermazione facilmente contestabile secondo GB Zorzoli, storico esperto di energia, secondo cui la previsione di costo è forzata perché assume, per il nucleare, un capacity factor al 95%, cioè 8.322 ore di funzionamento a piena potenza in un anno, mentre solitamente per le centrali nucleari si assume un fattore di capacità dell’80%, cioè circa 7.000 ore. In particolare, diversamente da quanto si afferma nel report, il fotovoltaico con batteria, cioè con produzione programmabile, oggi costa già meno del nucleare convenzionale e anche di quel che potrebbero costare, forse, soluzioni come gli SMR un domani, come viene illustrato dall‘ultimo report sugli LCOE del Fraunhofer Institute;
prendendo per buono l’LCOE previsto da TEHA per i piccoli reattori futuri, cioè come sopra indicato tra i 90 ei 110 €/MWh, il fotovoltaico con batterie, in grandi impianti a terra, già nella prima metà del 2024 ha un LCOE tra 60 e 108 €/MWh, secondo il Fraunhofer Institute. Le stime dell’Istituto modellate sulla Germania migliorerebbero se parametrate sull’Italia considerato che abbiamo il 20-30% di radiazione solare in più;
secondo i dati di Wood Mackenzie, entro il 2030 gli Smr dovrebbero generare energia a 182 dollari per megawattora, rispetto ai 133 dollari per megawattora del nucleare convenzionale. Addirittura costerebbe molto di più rispetto alla tecnologia oggi in funzione;
l’ultimo studio sul “Challenges of small modular reactors: A comprehensive exploration of economic and waste uncertainties associated with U.S. small modular reactor designs” pubblicato su ScienceDirect dimostra che anche il progetto dell'americana NuScale - l'unico che, ancora sulla carta ma che ha ricevuto un’autorizzazione di sicurezza - produrrebbe elettricità a costi assai superiori rispetto alle ultime tecnologie americane: il confronto è con l'AP1000, che è totalmente fuori mercato. Teniamo conto che nello studio non sono inclusi lo smantellamento la gestione a lungo termine delle scorie;
dal "World Nuclear Industry Status Report 2025" presentato a settembre a Roma dal Kyoto Club, viene evidenziato che per i piccoli reattori modulari «i progressi sono limitati»: solo un progetto in Canada ha ricevuto l'approvazione per la costruzione. La Cina sta costruendo due tipi di SMR, ma mancano informazioni sulle prestazioni. Non ci sono costruzioni in Occidente e due startup nucleari europee sono in difficoltà finanziarie;
il Rapporto offre inoltre un quadro inequivocabile: il nucleare nel mondo è in declino. Costi in salita, ritardi cronici, impianti decrepiti e una concorrenza imbattibile da parte di solare ed eolico. Il report certifica che la quota nucleare nella produzione globale, scivolata al 9% nel 2024, è destinata a calare per via di progetti dai costi vertiginosi mentre le rinnovabili esplodono in tutto il loro potenziale, superando il nucleare di 21 volte negli investimenti a livello globale e di 100 volte nella nuova capacità installata, con i costi delle batterie crollati del 40% solo nell’ultimo anno. Il costo livellato per l'energia prodotta da fotovoltaico con grossi impianti è pari a un terzo di quello del nucleare, 4 centesimi di dollaro per Kwh contro un minimo di 14 centesimi per l'atomo;
nel mondo il comparto nucleare industriale è complessivamente in stallo: nel 2024 gli investimenti globali in solare ed eolico sono stati di 728 miliardi di dollari. La capacità installata di fotovoltaico è cresciuta di 452 GW in un solo anno, quella dell'eolico di 113 GW, mentre il nucleare ha registrato un aumento di appena 5,4 GW;
che il nucleare non sia un grosso affare lo ha confermato anche “L'atomo fuggente: analisi di un possibile ritorno al nucleare in Italia”, lo studio pubblicato nel mese di giugno 2025 da Banca d’Italia, secondo cui considerata «la struttura del mercato e della bolletta elettrica, una reintroduzione del nucleare non avrebbe significativi impatti sul livello dei prezzi». Lo studio affronta anche gli aspetti che riguardano la dipendenza energetica ritenendo che la riduzione delle importazioni di idrocarburi sarebbe compensata da una maggiore importazione della tecnologia e del combustibile per la produzione nucleare, in questo momento concentrati in Paesi geo-politicamente poco affini all’Italia;
la Francia, considerata leader mondiale del nucleare, non ha nuovi reattori in costruzione. La Corte dei conti nazionale nel gennaio 2025 ha invitato il governo francese a sospendere gli investimenti sul nucleare per la presenza dei rischi finanziari nello sviluppo dei nuovi impianti nucleari di seconda generazione (fissione tradizionale), sia in territorio francese che all’estero, che la controllata al 100% dallo Stato Edf sta realizzando;
anche il confronto sul costo dell’energia nucleare in Francia prodotta da impianti vecchi abbondantemente ammortizzati mostra come ormai le rinnovabili siano in grado di essere economicamente più convenienti sul mercato. Infatti secondo i calcoli del regolatore francese il costo di produzione dell’energia nucleare nel 2026-2028 è di 60,3 €/MWh. Non molto distante dai risultati delle aste tenute dal Gestore dei Servizi Energetici a fine ottobre 2024 che per impianti fotovoltaici ed eolici sopra il MWh hanno riconosciuto al soggetto responsabile del progetto un prezzo di circa 67 euro al MWh. Un risultato tuttavia abbondantemente migliorato dalle aste del cd FER X transitorio che secondo alcuni operatori ha riconosciuto un prezzo di 52 euro al MWh. Un valore che potrebbe essere ulteriormente e velocemente ridotto se si rendessero le procedure per la realizzazione degli impianti meno costose, considerato che attualmente circa il 30% del costo riguarda l’autorizzazione;
tenuto conto che;
nei giorni scorsi, nella commissione industria della Camera dei Deputati è stato inserito tra i lavori preparatori il disegno di legge “Delega al Governo in materia di energia nucleare sostenibile”;
oltre alle centrali nucleari il disegno di legge in circolazione prevede anche la realizzazione di impianti di fabbricazione e di riprocessamento del combustibile nucleare e d’impianti di stoccaggio temporaneo dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito, nonché di impianti di smaltimento definitivo dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito. Prevede quindi la realizzazione di ulteriori depositi dei rifiuti radioattivi rispetto a quello presente dell’Itrec sul territorio della Regione Basilicata in zona Trisaia di Rotondella (MT) e sul quale sono in corso da anni attività di messa in sicurezza e smantellamento, attenzionate anche dagli organi inquirenti della Magistratura in seguito ad evidenze relative a potenziali rischi di inquinamento delle aree circostanti. Nonostante la contaminazione dell’area è stata denunciata nel 2014, e il 18 novembre del 2025 sono stati rinviati a giudizio 6 imputati tra i quali alcuni accusati anche per disastro ambientale per l’inquinamento del sito nucleare dismesso dell’Itrec, gli Enti responsabili non riescono ad affrontare ancora oggi adeguatamente le attività per l’individuazione della fonte e le cause dell’inquinamento al fine di essere bonificate;
visto che;
alla lettera e), dell’articolo 2, “Oggetto della delega” dello schema di disegno di legge, la disciplina fa riferimento alla disattivazione e dello smantellamento delle installazioni nucleari esistenti sul territorio nazionale al momento dell’entrata in vigore della presente legge che non siano destinate alla ricerca, «nonché la disciplina della destinazione d’uso dei relativi siti», compreso quello presente a Rotondella;
alla lettera f) dell’articolo 3, “Principi e criteri direttivi” dello schema di disegno di legge, viene indicato che il titolo abilitativo per la realizzazione dei centri nucleari è rilasciato a seguito del procedimento abilitativo di competenza del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica che «sostituisce ogni provvedimento amministrativo, autorizzazione, concessione, licenza, nulla osta, atto di assenso, comunque denominato, ad eccezione dei provvedimenti di valutazione ambientale di cui alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152»;
alla lettera h) dell’articolo 3, viene previsto che i titoli abilitativi alla sperimentazione, alla costruzione e all’esercizio degli impianti nucleari, «costituiscono anche variante ai vigenti strumenti urbanistici, qualora necessario per ragioni attinenti alle esigenze di esercizio unitario delle funzioni concernenti l’attuazione delle politiche energetiche da fonte nucleare, nel rispetto del principio di leale collaborazione»;
alla lettera v) dell’articolo 3, si fa riferimento all’«individuazione, nel rispetto del principio di leale collaborazione, dei casi in cui è necessaria l’acquisizione dell’intesa delle regioni interessate ovvero della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nonché delle modalità di esercizio del potere sostitutivo del Governo, secondo quanto previsto dall’articolo 120 della Costituzione»;
lo schema di disegno proposto appare pertanto una sorta di delega in bianco al Governo centrale che supera tutte le prerogative delle Regioni, degli altri enti compreso i Comuni in materia di energia ed urbanistica e dei territori che non avranno nessun potere reale di partecipazione trasparente all’interno del processo autorizzativo decisionale per la realizzazione delle infrastrutture nucleari;
rispetto a tutto quanto esposto, consideriamo la tecnologia nucleare inadeguata per acquisire il ruolo di fonte energetica nella transizione, in particolare nella Regione Basilicata in continua emergenza idrica, fonte necessaria per un eventuale raffreddamento degli impianti nucleari, ed in cui già nel 2023 la produzione di energia elettrica rispetto alla richiesta dei consumi ha comportato un’eccedenza produzione interna +1.613,7 GWh (+51,9%);
ribadiamo la ferma opposizione a qualunque ipotesi di rilancio del nucleare su tutto il territorio nazionale e alla realizzazione di nuovi depositi di rifiuti radioattivi sul territorio della Regione Basilicata chiedendo alle istituzioni responsabili e competenti di accelerare tutte le attività di smantellamento e messa in sicurezza dei centri nucleari, compreso quello presente in Trisaia di Rotondella (MT);
per i motivi espressi si chiede al Comune di;
1. dichiarare le aree del territorio del Comune di …………. non disponibili alla localizzazione di centri nucleari;
2. chiedere alla Regione Basilicata di convocare un Consiglio Regionale aperto con lo scopo di deliberare l’esclusione dalla programmazione energetica regionale della produzione di energia nucleare e per dichiarare le aree del territorio regionale non disponibili alla localizzazione di ulteriori centri e attività nucleari rispetto a quelle già presenti;
3. chiedere alla Regione Basilicata di rendere permanente e strutturare le attività del tavolo della trasparenza sul decommissioning nucleare costituito presso la Regione Basilicata in seguito alla civile protesta di Scanzano;
4. intraprendere iniziative comunali volte a promuovere sul territorio di competenza la realizzazione di impianti per l’autoconsumo, l’autoconsumo collettivo, la produzione di energia rinnovabile, gli interventi di efficientamento energetico del patrimonio pubblico e di riqualificazione energetica degli edifici ed azioni contro lo spopolamento;
27 NOVEMBRE 2025
SCANZIAMO LE SCORIE
27 NOVEMBRE 2025, SCANZANO J.CO (MT)





Seguo da anni attentamente la tematica delle scorie longevi. Purtroppo i calcoli presentati dai consorzi nucleari non toccano quasi mai questi costi o mettono valori irrisori che menzionano solamente le spese iniziali. Ma ci sono poi costi riguardo la manutenzione e la sicurezza per secoli e secoli. Chi mette a disposizione questo capitale annuo? Chi ci garantisce che tra 10 anni al compagnia in carica esiste ancora?
RispondiEliminaTutte domande da chiarire per fare un calcolo completo nel senso TCO (Total Cost of Ownership). Penso basterebbe questo per rimettere tutta l'idea nel cestino.
Zydania