domenica 27 ottobre 2024

TUTTE LE SPIE D'ITALIA. ANCHE QUATTRO PUGLIESI E UN LUCANO (VINCENZO DE MARZIO, ORIGINARIO DI SALANDRA) NELLA MAXINCHIESTA SUI DATI RUBATI A VIP DELL’ECONOMIA, DELLA POLITICA E DELLO SPETTACOLO CHE STA SCUOTENDO IL PAESE

ECCO LA FABBRICA DEI DOSSIER SCOPERTA DALLA DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA DI MILANO. LEGGI LA NOTIZIA INTEGRALE

LA CONFERENZA STAMPA. DA SX.: GIOVANNI MELILLO (DNA), MARCELLO VIOLA (PROCURA DI MILANO), ALESSANDRA DOLCI (PM)

LA PRIMA PAGINA DE LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO DI OGGI

FONTE LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

ANCHE MANI PUGLIESI E LUCANE NELLA «FABBRICA» DEI DOSSIER. SOSPESO UN MARESCIALLO DELLA DIA DI LECCE

FRANCESCO CASULA

BARI - Ci sono anche quattro pugliesi e un lucano nell’inchiesta sui furti di database messa a segno dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano che, nelle scorse ore, ha portato all’arresto di 4 persone e all’applicazione di 2 sospensioni dal servizio. Proprio queste ultime due misure hanno riguardato due investigatori originari di Lecce e Brindisi: il primo è Giuliano Schiano, salentino in servizio alla Dia di Lecce, il secondo invece è Marco Malerba brindisino ispettore della Polizia in servizio al commissariato di Rho, nell’hinterland milanese. A questi si aggiungono anche altri tre membri delle forze dell’ordine, al momento indagati a piede libero: si tratta di Tommaso Cagnazzo, maresciallo dei carabinieri anche lui in servizio presso la Sezione Operativa della Dia di Lecce, e Armando Gianniello, poliziotto brindisino anche lui in servizio al commissariato di Rho. Denunciato in stato di libertà anche Vincenzo De Marzio, ex appartenente all’Arma dei carabinieri (nato a Salandra (MT) 63 anni fa, ndr) che per l’accusa partecipava all’associazione con il compito principale di procacciare clienti ma anche «contribuendo materialmente all’espletamento dei servizi illeciti, comprese le intercettazioni abusive».

Secondo quanto accertato dai carabinieri di Varese che hanno condotto le indagini, sono Schiano e Malerba alcune figure chiave dell’inchiesta: rappresentano sostanzialmente il braccio operativo di un’associazione a delinquere che aveva al suo vertice l’ex poliziotto Carmine Gallo, e poi Nunzio Samuele Calamucci, socio di minoranza della “Mercury Advisor srl”, società che operava nel campo della «consulenza in materia di sicurezza» e dei «servizi di investigazione privata», e infine Giulio Cornelli, «tecnico del sodalizio» che, in stretta sintonia con Calamucci e Gallo, gestiva l’apparato informatico-telematico del gruppo, redigeva i report, si occupava di esportare le informazioni dalle banche dati e di inserirle «mimetizzate» all’interno di report. I dossier contenenti le informazioni abusivamente e illecitamente raccolte da sistemi utilizzati esclusivamente dalle forze dell’ordine, venivano infatti «sapientemente camuffati» sotto forma di notizie giornalistiche o comunque provenienti da altre fonti apparentemente lecite, in modo tale da occultare l’origine illegale dei dati.

Malerba secondo l’accusa ha portato avanti, in modo «ininterrotto e sistematico», una serie di «attività corruttive e atti contrari ai doveri d’ufficio». Per gli inquirenti svolgeva una «funzione vitale» per il gruppo: era lui a consultare il sistema investigativo e a comunicare il contenuto direttamente a Gallo. Come in una conversazione di dicembre 2022 quando, acquisito il nominativo da analizzare, raccontava «mh... c’ha un paio di cose... allora passiamo dalla più vecchia... vabe minchiate ingiuria nel 2015...16 violenza e minaccia a pubblico ufficiale. Nel 2016 percosse, minaccia, sempre 16 diffamazione...» e così via fino a fatti più recenti. Pochi minuti dopo, quindi, Gallo contattava l’interlocutore che aveva commissionato la raccolta di informazioni per raccontargli quanto aveva appena appreso. In cambio, secondo l’accusa, Malerba ottiene diverse cose tra cui un lavoro per il figlio: gli investigatori la considerano «la diretta conseguenza dei “favori” illeciti che il padre assicura allo stesso Gallo». Ma non solo. «Un’altra utilità economica – scrive il gip Fabrizio Filice - consiste nel pagamento, da parte di Gallo, delle spese legali relative a una controversia civile che Malerba vuole instaurare contro una ditta che ha eseguito alcuni lavori nella sua abitazione».

Su Schiano, invece, gli investigatori ritengono che abbia percepito la somma di 1.300 euro al mese in cambio di informazioni riservate: anche per lui «le indagini hanno permesso di accertare l’esistenza di un rapporto di tipo corruttivo e con carattere di stabilità», ma a differenza di Malerba, Schiano appare più accorto nei rapporti con il vertice dell'organizzazione al punto che viene definito da questi ultimi «paranoico». E durante alcune fasi delle indagini Giulio Cornelli è costretto a scendere in Puglia per incontrarlo in due occasione: la prima a febbraio 2023 a Lecce e la seconda a ottobre dello stesso anno a Bari.

«L’indagine – si legge nelle 518 pagine che compongono l’ordinanza di custodia cautelare - ha permesso di accertare, attraverso un compendio probatorio costituito essenzialmente da intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, l’esistenza di un’organizzazione di persone e mezzi deputata alla conduzione di un’attività professionale, e ampiamente commercializzata, di servizi di investigazione privata, nel cui ambito, però, risultano sistematicamente attuate condotte illecite di accesso abusivo a sistemi informatici in uso al Ministero dell’Interno e alle Forze dell’ordine, inaccessibili ai privati, protetti da misure di sicurezza e relativi all’ordine pubblico e alla sicurezza pubblica». Sotto la lente dei carabinieri coordinati dal pm della Dda milanese Francesco De Tommasi e dal pm della Dna Antonello Ardituro, che ipotizzano i reati di associazione a delinquere, intercettazioni illegali, accesso abusivo a sistema informatico, corruzione e violazione di segreto, sono finiti un «numero incalcolabile» di accessi abusivi.

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