CORONAVIRUS. MEDICI DI FAMIGLIA A RISCHIO CONTAGIO. GIA' 13 IN QUARANTENA IN ITALIA
IL MIO DIARIO NELL'EMERGENZA COVID-19. PROBLEMI
PER LE VISITE A DOMICILIO E PER I CERTIFICATI DI MALATTIA
I
medici di famiglia sono la categoria di professionisti più a rischio
di contagio da coronavirus essendo il primo riferimento del Servizio
sanitario nazionale a cui fanno ricorso i pazienti. Al 24 febbraio
scorso, come ha ricordato il presidente del sindacato Fimmg,
Silvestro Scotti, erano 13 erano i medici in
quarantena. I problemi più grossi sono le visite a domicilio di
assistiti con sintomi di malattie respiratorie e quello connesso, per
i lavoratori, dei certificati di malattia. Nella mattinata di oggi,
periodo di chiusura del mio ambulatorio, io ho visitato quasi tutti i
miei pazienti in assistenza domiciliare . Si tratta di otto
ultrasettantacinquenni, allettati, con gravi patologie croniche
neurologiche, cardiologiche, respiratorie. E mentre mi recavo da
ognuno di loro facevo una sorta di triage per capire se la visita era
sicura o meno. Per tutti è risultata sicura. Si tratta di pazienti
che sono seguiti dalle figlie o da badanti che, praticamente,
ricevono pochissime visite. Per loro il rischio di contagio da
Covid-19 è praticamente zero. In tutti i casi, però, ho chiesto se
avevano ricevuto visite di persone provenienti da aree rosse cinesi
od italiane. Responso negativo. Visite domiciliari, quindi,
effettuate. Non potevo lasciare al loro destino chi ha bisogno. Ma
cosa accade per quanti, giovani e persone in età lavorativa, hanno
problemi influenzali con febbre e sintomi respiratori? La cosa
importante è che essi non entrino in ambulatorio ma che si mettano
in contatto telefonico con noi. Il nostro compito è quello di
effettuare domande per stilare una scheda di valutazione per
infezioni suggestive di rischio coronavirus. Ovviamente, i quesiti
più importanti sono quelli sul soggiorno o meno in località a
rischio, se ci sia stata una esposizione a casi accertati o sospetti
o probabili, se ci siano stati contatti anche con persone rientrate
da aree a rischio e con familiari di casi sospetti. Se ci sono
risposte positive allora contatteremo il 118 o procederemo a
valutazione clinica telefonica al fine di attivare il numero di
emergenza o di una rivalutazione disincentivando l'accesso al pronto
soccorso, guardia medica, medico di famiglia. Ma nel caso le
condizioni non siano critiche o tali da suggerire il ricovero il
medico di medicina generale cosa deve fare? Occorre dare indicazioni
di igiene e protezione dei conviventi, indicando idonee terapie ma
evitando sia l'accesso in pronto soccorso sia la visita domiciliare
in assenza di contatti con i numeri verdi regionali od il 1500 del
ministero. E per i certificati medici? I sindacati di categoria
hanno lanciato alcune proposte. La Fismu: “Serve
l’autocertificazione da parte degli assistiti dei primi 3 giorni di
malattia e la comunicazione per via telefonica, così da impedire
possibili contagi ed evitare di decongestionare gli ambulatori”. La
Fimmg, nell'evidenziare che l'Inps ha sospeso le sue attività di
medicina legale nelle zone rosse, ho reso noto che niente è stato
deciso per i medici di famiglia. Occorre, perciò, “autorizzare
i medici operanti nei territori interessati a redigere
telefonicamente i certificati di malattia senza la costatazione
diretta ambulatoriale o domiciliare, bensì sulla base del solo dato
anamnestico, esonerandoli da qualsiasi forma di responsabilità
soprattutto in assenza o carenza di fornitura dei Dispositivi di
protezione individuali (mascherine, occhiali, tute) previsti”.
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