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mercoledì 26 febbraio 2020

CORONAVIRUS. MEDICI DI FAMIGLIA A RISCHIO CONTAGIO. GIA' 13 IN QUARANTENA IN ITALIA





 
IL MIO DIARIO NELL'EMERGENZA COVID-19. PROBLEMI PER LE VISITE A DOMICILIO E PER I CERTIFICATI DI MALATTIA

I medici di famiglia sono la categoria di professionisti più a rischio di contagio da coronavirus essendo il primo riferimento del Servizio sanitario nazionale a cui fanno ricorso i pazienti. Al 24 febbraio scorso, come ha ricordato il presidente del sindacato Fimmg, Silvestro Scotti, erano 13 erano i medici in quarantena. I problemi più grossi sono le visite a domicilio di assistiti con sintomi di malattie respiratorie e quello connesso, per i lavoratori, dei certificati di malattia. Nella mattinata di oggi, periodo di chiusura del mio ambulatorio, io ho visitato quasi tutti i miei pazienti in assistenza domiciliare . Si tratta di otto ultrasettantacinquenni, allettati, con gravi patologie croniche neurologiche, cardiologiche, respiratorie. E mentre mi recavo da ognuno di loro facevo una sorta di triage per capire se la visita era sicura o meno. Per tutti è risultata sicura. Si tratta di pazienti che sono seguiti dalle figlie o da badanti che, praticamente, ricevono pochissime visite. Per loro il rischio di contagio da Covid-19 è praticamente zero. In tutti i casi, però, ho chiesto se avevano ricevuto visite di persone provenienti da aree rosse cinesi od italiane. Responso negativo. Visite domiciliari, quindi, effettuate. Non potevo lasciare al loro destino chi ha bisogno. Ma cosa accade per quanti, giovani e persone in età lavorativa, hanno problemi influenzali con febbre e sintomi respiratori? La cosa importante è che essi non entrino in ambulatorio ma che si mettano in contatto telefonico con noi. Il nostro compito è quello di effettuare domande per stilare una scheda di valutazione per infezioni suggestive di rischio coronavirus. Ovviamente, i quesiti più importanti sono quelli sul soggiorno o meno in località a rischio, se ci sia stata una esposizione a casi accertati o sospetti o probabili, se ci siano stati contatti anche con persone rientrate da aree a rischio e con familiari di casi sospetti. Se ci sono risposte positive allora contatteremo il 118 o procederemo a valutazione clinica telefonica al fine di attivare il numero di emergenza o di una rivalutazione disincentivando l'accesso al pronto soccorso, guardia medica, medico di famiglia. Ma nel caso le condizioni non siano critiche o tali da suggerire il ricovero il medico di medicina generale cosa deve fare? Occorre dare indicazioni di igiene e protezione dei conviventi, indicando idonee terapie ma evitando sia l'accesso in pronto soccorso sia la visita domiciliare in assenza di contatti con i numeri verdi regionali od il 1500 del ministero. E per i certificati medici? I sindacati di categoria hanno lanciato alcune proposte. La Fismu: “Serve l’autocertificazione da parte degli assistiti dei primi 3 giorni di malattia e la comunicazione per via telefonica, così da impedire possibili contagi ed evitare di decongestionare gli ambulatori”. La Fimmg, nell'evidenziare che l'Inps ha sospeso le sue attività di medicina legale nelle zone rosse, ho reso noto che niente è stato deciso per i medici di famiglia. Occorre, perciò, “autorizzare i medici operanti nei territori interessati a redigere telefonicamente i certificati di malattia senza la costatazione diretta ambulatoriale o domiciliare, bensì sulla base del solo dato anamnestico, esonerandoli da qualsiasi forma di responsabilità soprattutto in assenza o carenza di fornitura dei Dispositivi di protezione individuali (mascherine, occhiali, tute) previsti”.

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