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mercoledì 2 giugno 2021

IL NO AL RICORSO CONTRO LO SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO COMUNALE DI SCANZANO JONICO

SCANZANO JONICO. IL MUNICIPIO

LA SENTENZA INTEGRALE DEL TAR DEL LAZIO CON LA CONFERMA DELLA DECISIONE ASSUNTA NEL DICEMBRE 2019 DAL MINISTRO DELL'INTERNO LUCIANA LAMORGESE DELLO SCIOGLIMENTO PER INFILTRAZIONI MAFIOSE. DI SEGUITO LA DECISIONE CHE HA RIGETTATO IL RICORSO DELL'EX SINDACO RAFFAELLO RIPOLI E DELL'EX GIUNTA COMUNALE, PER CHI VOLESSE APPROFONDIRLA PUNTO SU PUNTO 

Pubblicato il 01/06/2021

N. 06504/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01541/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1541 del 2020, proposto da 

-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato Gianni Di Pierri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio Territoriale del Governo -OMISSIS-, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 

nei confronti

Comune di -OMISSIS-, in persona della Commissione Prefettizia, -OMISSIS-, non costituiti in giudizio; 

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Vittorio Faraone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

per l'annullamento

1. del Decreto del Presidente della Repubblica del -OMISSIS- di scioglimento del Comune di -OMISSIS- (-OMISSIS-) e nomina della Commissione Straordinaria, notificato agli odierni ricorrenti in data 20.01.2020 e di seguito pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. -OMISSIS-, e dei relativi allegati, come di seguito indicati:

1.1. relazione del Ministro dell’Interno del -OMISSIS- al Sig. Presidente della Repubblica;

1.2. relazione del Prefetto di -OMISSIS- del -OMISSIS- (il tutto - prot. usc. -OMISSIS-);

nonché dei seguenti atti presupposti e conseguenti :

2. deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del -OMISSIS- con cui si disponeva lo scioglimento del Comune di -OMISSIS- (-OMISSIS-);

3. decreto di sospensione degli Organi del Comune di -OMISSIS- (-OMISSIS-) emesso dal Prefetto di -OMISSIS- prot. -OMISSIS-;

4. deliberazione della Commissione straordinaria (adottata con i poteri e le attribuzioni della Giunta Comunale) n. 1 del 02.01.2020 di insediamento della medesima Commissione;

5. verbali delle riunioni del coordinamento interforze del 16.10.2018 e 14.02.2019 di cui si dà atto nella relazione ministeriale;

6. del verbale della seduta del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica del -OMISSIS-;

7. diniego all’accesso agli atti opposto dalla Prefettura di -OMISSIS- prot. n. 681/12B.1 – Area 1^/F. 116/2020 dell’08.01.2020;

8. diniego all’accesso agli atti opposto dal Consiglio dei Ministri prot. n. -OMISSIS-;

9. diniego all’accesso agli atti opposto dal Ministro dell’Interno prot. n. -OMISSIS-;

nonché tutti gli atti presupposti, consequenziali e comunque connessi, anche se non espressamente indicati e non conosciuti dai ricorrenti.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell’Ufficio Territoriale del Governo -OMISSIS-, del Ministero dell'Interno e di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 24 febbraio 2021 la dott.ssa Roberta Ravasio, celebrata in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25, comma 2, del D.L. n. 137 del 28 ottobre 2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con il ricorso in epigrafe indicato il sig. -OMISSIS-, sindaco del Comune di -OMISSIS-, i signori -OMISSIS-, componenti la Giunta Municipale, il sig. -OMISSIS- in qualità di componente il Consiglio Comunale, come pure tutti gli altri ricorrenti, hanno impugnato il D.P.R. -OMISSIS- che ha disposto lo scioglimento dell’Ente ai sensi dell’art. 143 T.U.E.L., affidandone la gestione, per un periodo di 18 mesi, alla Commissione straordinaria, alla quale sono state attribuite le competenze spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco, con ogni altro potere ed incarico connesso a tali cariche.

2. I ricorrenti hanno impugnato gli atti tutti in epigrafe indicati, contestando in maniera puntuale le valutazioni della Commissione prefettizia, relativamente alle situazioni che sarebbero indicative del condizionamento dell’Ente da parte della criminalità organizzata. Inoltre, con specifico riferimento agli atti con cui ai ricorrenti è stato concesso un accesso parziale, i ricorrenti ne deducono l’illegittimità per violazione degli artt. 8, comma 4, lett. c) del D.P.R. n. 352/92, e degli artt. 3, 7, 8, 9 e 10 della L. n. 241/90.

3. Si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Ufficio Territoriale del Governo di -OMISSIS-.

4. Si è anche costituito in giudizio, aderendo alle domande proposte dai ricorrenti, il sig. -OMISSIS-.

5. Il ricorso è stato chiamato alla camera di consiglio del 22 aprile 2020, quando il Collegio ha respinto la domanda di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati, e contestualmente ha disposto istruttoria allo scopo di acquisire, in forma integrale e senza “omissis”, la relazione della Commissione di Accesso come nominata, il decreto di nomina di tale Commissione e la relazione del Ministro.

6. Le Amministrazioni resistenti hanno ottemperato all’ordine istruttorio.

7. Il ricorso è stato infine chiamato, per la discussione del merito, all’udienza del 24 febbraio 2021, in occasione della quale è stato trattenuto a decisione.

DIRITTO

8. L’art. 143, comma 1 e 2, del D. L.vo n. 267/00 si legge come segue:

1. Fuori dai casi previsti dall'articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell'articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica.

2. Al fine di verificare la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti ed ai dipendenti dell'ente locale, il prefetto competente per territorio dispone ogni opportuno accertamento, di norma promuovendo l'accesso presso l'ente interessato. In tal caso, il prefetto nomina una commissione d'indagine, composta da tre funzionari della pubblica amministrazione, attraverso la quale esercita i poteri di accesso e di accertamento di cui è titolare per delega del Ministro dell'interno ai sensi dell'articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410. Entro tre mesi dalla data di accesso, rinnovabili una volta per un ulteriore periodo massimo di tre mesi, la commissione termina gli accertamenti e rassegna al prefetto le proprie conclusioni.”

8. Relativamente alla interpretazione di tale norma la giurisprudenza ha avuto modo di enunciare una serie di principi, dei quali è opportuno dare conto prima di procedere alla disamina del ricorso.

7.1. In particolare è stato più volte affermato (si vedano tra le più recenti, le seguenti pronunce: C.d.S., Sez. III, sentenze 10.1.2018 n. 96; 2.10.-OMISSIS- n. 4578; 25.1.-OMISSIS- n. 256; 26.9.2014 n. 4845; 28.5.2013, n. 2895) che:

a) lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non ha natura di provvedimento di tipo "sanzionatorio" ma preventivo, per la cui legittimità è sufficiente la presenza di elementi "indizianti", che consentano d'individuare la sussistenza di un rapporto inquinante tra l'organizzazione mafiosa e gli amministratori dell'ente considerato "infiltrato";

b) il quadro fattuale posto a sostegno del provvedimento di scioglimento ex art. 143 cit. deve essere valutato non atomisticamente ma nella sua complessiva valenza dimostrativa, dovendosi tradurre in un prudente apprezzamento in grado di lumeggiare, con adeguato grado di certezza, le situazioni di condizionamento e di ingerenza nella gestione dell'ente che la norma intende prevenire;

c) stante l'ampia sfera di discrezionalità di cui l'Amministrazione dispone in sede di valutazione dei fenomeni connessi all'ordine pubblico, ed in particolare della minaccia rappresentata dal radicamento sul territorio delle organizzazioni "mafiose", il controllo sulla legittimità dei provvedimenti adottati si caratterizza come "estrinseco", nei limiti del vizio di eccesso di potere quanto all'adeguatezza dell'istruttoria, alla ragionevolezza del momento valutativo, nonché alla congruità e proporzionalità rispetto al fine perseguito;

d) assumono rilievo, ai fini di che trattasi, situazioni non traducibili in episodici addebiti personali ma tali da rendere - nel loro insieme - plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata (tra cui, in misura non esaustiva: vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni) e ciò pur quando il valore indiziario degli elementi raccolti non sia sufficiente per l'avvio dell'azione penale o per l'adozione di misure individuali di prevenzione (Cons. di Stato, Sez. III, 2 luglio 2014, n. 3340).

8.2. Tali principi sono stati sviluppati in più di una occasione anche da questa Sezione (tra le ultime: 24/09/2018, n. 9544, 3/4/18, n. 3675 e 22/1/18, n. 816), che ha precisato, al riguardo, come l'art. 143 del d.lgs. n. 267/2000, al comma 1 (nel testo novellato dall'art. 2, comma 30, della legge 94/2009), richiede che la situazione di condizionamento dell'ente locale da parte della criminalità sia resa evidente da elementi "concreti, univoci e rilevanti", che assumano valenza tale da determinare "un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali". Gli elementi sintomatici del condizionamento criminale devono, quindi, caratterizzarsi per "concretezza", in quanto assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica; per "univocità", intesa quale loro chiara direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire; per "rilevanza", che si caratterizza per l'idoneità all'effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell'ente locale (v. anche: Cons. Stato, Sez. III, 15.3.16, n. 1038).

8.2.1. Ai fini di disporre lo scioglimento di un comune per “condizionamento mafioso” risulta quindi pregiudiziale l’individuazione di aree della azione amministrativa rispetto alle quali si possa affermare che vi è compromissione del buon andamento, della imparzialità e del regolare funzionamento dei servizi, ovvero che si possa affermare la sussistenza di un grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica: tale individuazione risulta pregiudiziale in quanto, ai sensi dell’art. 143, comma 1, del D. L.vo 267/00, solo in presenza di simile compromissione o pregiudizio per l’ente gli eventuali collegamenti degli amministratori con la criminalità organizzata di tipo “mafioso” assumono rilevanza, giustificando lo scioglimento del consiglio comunale: come già precisato, la “ratio” della norma non è punitiva del comportamento degli amministratori, ma è preventiva, essendo funzionale ad evitare che la criminalità organizzata di stampo “mafioso” possa trarre giovamento dalla esistenza e dalla vita degli enti comunali, asservendo gli stessi ai loro scopi.

8.3. Una volta individuate le aree di compromissione della attività e degli interessi dell’ente, deve poi essere stabilito che tale compromissione è conseguenza ed effetto del collegamento che gli amministratori, o altri dipendenti del comune, abbiano con la criminalità organizzata in questione. La giurisprudenza ha più volte affermato - a tale proposito - che lo scioglimento ex art. 143 D. L.vo 267/00 è legittimo sia qualora sia riscontrato il coinvolgimento diretto degli organi di vertice politico-amministrativo, sia anche, più semplicemente, per l'inadeguatezza dello stesso vertice politico-amministrativo a svolgere i propri compiti di vigilanza e di verifica nei confronti della burocrazia e dei gestori di pubblici servizi del Comune, che impongono l'esigenza di intervenire per apprestare tutte le misure e le risorse necessarie per una effettiva e sostanziale cura e difesa dell'interesse pubblico, leso dalla compromissione derivante da ingerenze estranee riconducibili all'influenza ed all'ascendente esercitati da gruppi di criminalità organizzata (in tal senso: T.A.R. Lazio, sez. I, 3.4.2018, n. 3675; TAR Lazio, Sez. I, 28.8.15, n. 10899 e Cons. Stato, Sez. III, 6.3.12 n. 1266.). La giurisprudenza ha affermato, inoltre, che “l'esatta distinzione tra attività di gestione ed attività di indirizzo e di controllo politico-amministrativo non esclude che il non corretto funzionamento degli apparati dell'amministrazione sia addebitabile all'organo politico quando non risultano le attività di indirizzo e di controllo dirette a contrastare tale cattivo funzionamento” (Cons. Stato, Sez. III, n. 4578/17 cit.).

8.3.1. In particolare, la previsione di cui al comma 2 dell’art. 143 D. L.vo 267/00, secondo cui “Al fine di verificare la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti ed ai dipendenti dell'ente locale, il prefetto competente per territorio dispone ogni opportuno accertamento, di norma promuovendo l'accesso presso l'ente interessato”, sottende che il condizionamento degli amministratori, indicati al comma 1, ad opera della criminalità organizzata, ovvero un collegamento diretto o indiretto di essi alle relative consorterie, può legittimamente essere presunto ove tali collegamenti o condizionamenti siano acclarati in capo ai dipendenti o ai dirigenti dell’ente locale; di conseguenza, “una volta constatato l’asservimento dell’ente agli interessi della criminalità organizzata, gli amministratori non possono invocare la loro ignoranza relativamente al collegamento alla criminalità organizzata di dipendenti o dirigenti; sicché, ad evitare la decisione di sciogliere l’ente – pur sempre possibile ai sensi dell’art. 143, comma 5, T.U.E.L. – gli amministratori hanno l’onere di dimostrare di aver agito non solo per riportare ordine nella amministrazione dell’ente, ma più specificamente per individuare e contrastare le forme e le fonti del condizionamento mafioso, e del conseguente pregiudizio per l’ente.” (TAR Lazio-Roma, Sez. I, 5.02.19 n. 1433).

8.4. Infine va ricordato che, parimenti per consolidato orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez. III, 18.10.18, n. 5970), lo scioglimento del consiglio comunale ai sensi dell’art. 143 T.U.E.L. non si giustifica, necessariamente, solo a fronte del riscontro di una molteplicità di aree di compromissione e, correlativamente, di canali di infiltrazione e condizionamento della criminalità organizzata di stampo “mafioso” nella vita dell’ente, potendo essere sufficiente a tale scopo, a seconda dei casi, anche l’individuazione di alcune situazioni, o anche di una sola, in cui si evidenzia l’asservimento dell’ente a vantaggio di simili sodalizi.

9. Tanto premesso e ricordato in punto di diritto, il Collegio passa ora ad esaminare gli atti impugnati al fine di verificare, prima di tutto, se essi si fondino sul riscontro della effettiva compromissione di interessi del Comune di -OMISSIS- e di elementi di significato univoco, che consentano di collegare tale compromissione a fenomeni di condizionamento mafioso.

10. Il Decreto del Presidente della Repubblica del -OMISSIS- in realtà si fonda su una motivazione estremamente sintetica, rinviando alla allegata relazione del Ministro dell’Interno nonché alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del -OMISSIS-.

11. La relazione ministeriale richiama poi i risultati dell’indagine della Commissione di accesso, la quale ha sottolineato il ruolo primario svolto da uno degli amministratori dell’ente, che nell’ambito della sua attività professionale ha contatti con persone vicine al più noto clan mafioso locale.

12. Le situazioni e le persone cui ha fatto riferimento il Ministro nella propria relazione sono poi specificate nella Relazione della Commissione prefettizia, il cui contenuto e le cui conclusioni sono radicalmente contestate dai ricorrenti.

13. A questo punto si ritiene opportuno esaminare la relazione della Commissione di accesso, del -OMISSIS-, acquisita in copia integrale al fascicolo del giudizio a seguito della istruttoria disposta dal Collegio, al fine di verificare se e quali, tra le situazioni di cui ivi si riferisce, possano effettivamente considerarsi quale fonte di vantaggio per la criminalità organizzata e di compromissione degli interessi della Amministrazione comunale, tenendo conto anche dei rilievi critici mossi dal ricorrente.

14. Ad avviso del Collegio la situazione più significativa, nel senso sopra indicato, riguarda il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani. L’appalto relativo a tale servizio era stato aggiudicato, nel 2010, alla ditta T. s.r.l., sino al 2018. Dopo aver subito alcuni atti intimidatori, compendiatisi in atti di danneggiamento di beni aziendali, perpetrati anche mediante colpi di arma da fuoco, la società ha assunto alle proprie dipendenze Giu. S., figlio dell’esponente fi punta della consorteria mafiosa dominante nel Comune di -OMISSIS-, ed ha anche preso in affitto un immobile intestato ad altro congiunto del medesimo esponente mafioso. Dopo di ciò gli atti intimidatori sono cessati. Il Comune in seguito ha contestato all’appaltatrice numerosi inadempimenti, fatti constare anche in apposite verbalizzazioni, tra le quali un verbale del 10 settembre 2015, sottoscritto dal Comune e dal rappresentante della T. s.r.l., finalizzato alla risoluzione del contratto, che però il Comune non ha mai formalizzato.

14.1. Per effetto di ciò la T. s.r.l. di fatto ha continuato a gestire il servizio, e tale situazione si è trascinata anche dopo le elezioni amministrative del -OMISSIS-, che hanno portato all’elezione degli odierni ricorrenti. Sul punto va rilevato che solo nel gennaio -OMISSIS- il responsabile del Settore Tecnico, architetto I., ha avviato la gara per l’affidamento del nuovo contratto, della durata di nove anni. Nel settembre -OMISSIS- la T. s.r.l. ha assunto alle proprie dipendenze un altro soggetto, ritenuto affiliato alla locale consorteria mafiosa, e con provvedimento del 22 febbraio 2018 la medesima T. s.r.l. si è aggiudicata nuovamente il servizio, per altri nove anni. A seguito di ricorso giurisdizionale, presentato dalla seconda classificata, l’aggiudicazione è stata sospesa (con ordinanza del TAR -OMISSIS- del 18 aprile 2018) e poi definitivamente annullata, in ragione del fatto che la T. s.r.l. aveva perso la capacità di partecipare alla gara, trovandosi in stato di insolvenza ed avendo chiesto il concordato preventivo, al quale non era stata ancora ammessa (e che poi è stato negato, tanto che la società è fallita).

14.2. Solo nell’agosto 2018 la Centrale Unica di Committenza, prendendo atto della decisione del Giudice Amministrativo, ha riconvocato la Commissione di gara, pervenendo poi a ri-aggiudicare il servizio alla S.G.S. s.r.l. con provvedimento del -OMISSIS-.

14.3. L’episodio testé riferito è significativo, dal momento che l’originaria appaltatrice sembra aver subito il condizionamento della locale consorteria mafiosa, cedendo, dopo aver subito atti intimidatori, alle richieste di assumere alle proprie dipendenze due persone ad essa affiliate e di prendere in affitto un immobile intestato ad altra persona della medesima famiglia. In concomitanza con tale circostanza si constata l’inerzia del Comune ad assumere i provvedimenti del caso pur in presenza di conclamati inadempimenti, e tale inerzia si è protratta anche nel vigore dell’Amministrazione eletta nel -OMISSIS-, a tal punto che di fatto il contratto è arrivato alla sua scadenza naturale (anziché essere risolto quantomeno nel corso dell’anno -OMISSIS-), e, poi, il servizio è stato nuovamente aggiudicato alla medesima T. s.r.l.; solo l’iniziativa di un’altra ditta partecipante alla gara ha posto fine a tale situazione.

14.4. Nella vicenda appare evidente la lesione cagionata agli interessi dell’Ente, a tutto favore di una società relativamente alla quale vi sono gravi indizi di condizionamento da parte del clan locale mafioso, facente capo a Ge. S.

14.5. I ricorrenti sottolineano che è stato breve il lasso di tempo intercorrente tra la loro elezione (giugno -OMISSIS-) ed il momento in cui il Comune ha approvato, con la Delibera di G. M. n. 1 del 18.01.-OMISSIS-, il progetto dei “Servizi di Igiene Urbana e Complementari”, prodromico al nuovo affidamento; che è stata la precedente amministrazione ad acconsentire alla prosecuzione del contratto, pur in presenza di conclamati inadempimenti; che la gara per l’affidamento del nuovo contratto non è stata condotta dal Comune di -OMISSIS- ma dalla Centrale Unica di Committenza “-OMISSIS-”, e che il seggio di gara era composto da persone scelte dall’albo istituito presso l’ANAC; che la richiesta di concordato preventivo da parte della società T. s.r.l. era stata presentata in corso di gara, appena pochi giorni prima della aggiudicazione, e dunque la stazione appaltante non ne doveva tener conto all’inizio e non ne è stata successivamente informata; che la Stazione Appaltante aveva espletato tutte le verifiche del caso.

14.6. Il Collegio, tuttavia, non ritiene tali rilievi dirimenti: rimane sospetto il fatto che la nuova Amministrazione non sembra aver neppure tentato di rimettere in discussione il contratto stipulato con la T. s.r.l., né si comprende come, a fronte di precedenti e conclamati inadempimenti, la T. s.r.l. sia stata ammessa a partecipare alla gara; quanto al fatto che lo stato di insolvenza della T. s.r.l. non fosse conosciuto alla Stazione Appaltante, appare circostanza inverosimile, e comunque sospetta, a fronte del fatto che invece era conosciuta alla seconda classificata.

15. La Commissione prefettizia ha anche appurato che uno stabilimento balneare pubblico, con i relativi servizi igienici e fossa Imhof, nel 2013 sono stati concessi in uso, per la sola stagione in corso, al sig. G. C., titolare di uno stabilimento balneare posto nelle vicinanze, dotato di servizi igienici ma privo dell’ impianto di smaltimento delle acque reflue: con tale autorizzazione il sig. G.C. ha potuto collegare i servizi igienici presenti nello stabilimento di sua proprietà alla fossa Imhof di proprietà pubblica. Il medesimo G.C., padre di persona ritenuta affiliata al clan mafioso facente capo a Ge. S., ha però continuato ad utilizzare la medesima struttura pubblica anche negli anni successivi, senza titolo alcuno, fino a che nel 2018 ha avuto l’autorizzazione a realizzare l’impianto di acqure reflue all’interno del proprio stabilimento.

15.1. La Commissione prefettizia nella propria relazione ha evidenziato che in tale vicenda il sig. G.C. ha potuto beneficiare, per 5 anni, senza alcuna autorizzazione e senza dover corrispondere alcunché al Comune, della struttura pubblica, il che gli ha consentito anche di gestire lo stabilimento balneare di sua proprietà, che altrimenti – in mancanza di impianto di smaltimento delle acque reflue – non avrebbe avuto i requisiti igienico-sanitari per poter ottenere l’agibilità. La Commissione ha anche rilevato che lo stabilimento balneare in questione, benché intestato a G.C., di fatto è gestito materialmente dal figlio V.C., che – come già precisato – è ritenuto affiliato al clan di Ge. S.

15.2. I ricorrenti deducono che lo stabilimento balneare intestato al sig. G.C. era, invece, dotato, dei servizi, necessari ad adempiere alle prescrizioni igienico-sanitarie, e pertanto non aveva necessità di utilizzare quelli comunali, deducono inoltre che al sig. G.C. era stata data una autorizzazione all’utilizzazione della fossa Imhof, di proprietà comunale, a tempo indeterminato.

15.3. Tali rilievi non colgono nel segno. Ciò che mancava allo stabilimento del G.C. era l’impianto di smaltimento delle acque reflue, senza il quale i servizi igienici ivi esistenti non potevano essere utilizzati. Proprio per questa ragione questi aveva fatto istanza per utilizzare la fossa Imhof di proprietà comunale, autorizzazione che effettivamente gli venne data senza limiti di tempo. Poco dopo, però, il G.C. richiese anche di poter utilizzare i servizi igienici presenti nella struttura comunale “ al fine di implementare l’offerta di servizi ai fruitori della spiaggia di -OMISSIS- e quindi anche ai clienti del suo (n.d.r.: del G.C.) stabilimento balneare”: a tale istanza il Comune ha fatto riscontro concedendo al G.C. la gestione dello stabilimento balneare pubblico, nell’impossibilità di gestirlo direttamente, comunque limitando tale concessione alla stagione in corso. Se, dunque, è vero che l’autorizzazione all’utilizzo della fossa Imhof era senza limiti di tempo, è altrettanto pacifico che il Comune non chiese nulla in cambio, avvantaggiandosi nell’operazione solo indirettamente, per il fatto che il G.C. eseguì opere di manutenzione straordinaria della fossa Imhof a proprie spese. Inoltre non risulta che negli anni successivi al 2013 il Comune abbia concesso lo stabilimento balneare pubblico in gestione a terzi, il che suggerisce che l’utilizzo della vasca Imhof da parte del G.C. costituisse un ostacolo al libero godimento dello stabilimento da parte del Comune (verosimilmente per incapacità dell’impianto a ricevere i reflui di due stabilimenti).

16. Questi due episodi costituiscono distinte situazioni in cui a fronte di indubbi vantaggi procurati, anche indirettamente, alla locale criminalità organizzata, si constata un pregiudizio per il Comune, che in un caso ha dovuto accontentarsi di un servizio inefficiente di recupero e smaltimento dei rifiuti urbani, ed in altro caso ha rinunciato a chiedere un compenso a fronte della concessione a terzi dell’utilizzazione di un proprio bene. Si tratta, dunque, di situazioni che oggettivamente e astrattamente sono spiegabili con fenomeni di condizionamento mafioso esercitati su dipendenti e/o amministratori dell’ente, e non solo con la casualità. In un simile contesto la presenza di amministratori o dipendenti che risultino avere legami o frequentazioni con esponenti della criminalità organizzata può ragionevolmente essere ritenuta significativa ai fini della adozione di un provvedimento ex art. 143 T.U.E.L.

17. Sotto questo profilo la Commissione ha sottolineato, nella propria relazione, che la ricorrente D.P., assessora al commercio, politiche giovanili, spettacoli, rapporti Pro Loco, alla comunicazione ed alla pubblica istruzione, è sorella di M.P., condannato in via definitiva per vari reati “spia” nonché per associazione a delinquere di stampo mafioso, in particolare per aver fatto parte dell’associazione di tipo mafioso facente capo a Ge. S.; si riferisce, inoltre, che la famiglia di D.P. ha abituali frequentazioni con altri soggetti pregiudicati, facenti capo a clan operanti in altre località del versante jonico.

17.1. Significativa è anche la presenza, tra i dipendenti del Comune, di F.C., che ha mansioni di messo comunale e di autista, e che però è amministratore di svariate società e che da indagini penali è emerso essere estremamente vicino al clan di Ge. S. nonché alla famiglia dell’assessora D.P.

18. Il possibile condizionamento dell’Ente alla criminalità organizzata non è desumibile solo dalla presenza, all’interno della struttura comunale, di persone di sicura vicinanza con ambienti della criminalità organizzata, ma anche da alcuni degli altri episodi di cui ha riferito la Commissione, che sono indicativi di una certa simpatia, o quantomeno tolleranza, dell’Autorità amministrativa nei confronti della criminalità organizzata locale.

18.1. Tale, ad esempio, il concerto patrocinato dal Comune ed organizzato l’-OMISSIS- da una Associazione il cui presidente è stato destinatario di ordinanza di custodia cautelare in quanto affiliato al clan mafioso di Ge. S.: si tratta di una manifestazione che ha ospitato un cantante noto per gli atteggiamenti simpatizzanti per il mondo criminale, evidenti dal testo delle sue canzoni. L’Associazione aveva chiesto l’autorizzazione a ricevere 200 persone, indicando due vie di esodo; la Commissione di Vigilanza sui locali di pubblico spettacolo aveva dato parere favorevole alla condizione che non fossero ricevute più di 150 persone; l’Associazione ha quindi presentato una seconda autorizzazione per accogliere 1.000 persone, indicando tre vie di esodo, ma a quel punto la pratica non è più tornata in Commissione di Vigilanza e nessun provvedimento espresso è stato adottato, di modo che – come il Responsabile del SUAP ha poi dichiarato alla Commissione prefettizia – l’autorizzazione sulla seconda richiesta si sarebbe formata per silenzio assenso. Nei fatti al concerto sarebbero affluite indisturbate, secondo quanto riferisce la Commissione di accesso, circa 6.000 persone.

18.2. I ricorrenti replicano ai rilievi della Commissione prefettizia, deducendo che nessun membro dell’Amministrazione, ed in particolare l’assessora D.P., aveva proposto la concessione del patrocinio di tale intervento specifico; che l’Amministrazione si limitò ad approvare un programma di eventi messo a punto dalla Pro Loco, che aveva anche chiesto un contributo economico, che però il Comune non erogò; che l’Associazione organizzatrice non ricevette dal Comune alcun beneficio, se non quello insito nell’uso della piazza pubblica a titolo gratuito; che il cantante in questione era sconosciuto all’Amministrazione, come pure lo era l’Associazione organizzatrice e gli esponenti della medesima; che il sindaco, odierno ricorrente, ha pubblicamente criticato l’evento, prendendone le distanze, al punto da entrare in polemica aperta con uno degli organizzatori, D.P., noto affiliato al clan di Ge. S.; che nel corso dell’istruttoria della pratica amministrativa l’Associazione organizzatrice aveva prodotto documentazione comprovante la possibilità di accogliere più di 200 persone, e che solo a causa dell’assenza del responsabile del SUAP, partito per le ferie, l’autorizzazione non venne formalmente rilasciata, essendo poi stata, tardivamente ed impropriamente, archiaviata come silenzio-assenso.

18.3. Tali rilievi non sono dirimenti. Essi non mettono in dubbio la riconducibilità dell’Associazione che ha organizzato il concerto ad esponenti del clan di Ge. S., né mettono in dubbio l’inappropriatezza della performance del cantante, proprio in ragione del messaggio comunicato attraverso la canzone, elogiativo del mondo criminale e di ammiccamento alla “-OMISSIS-”. Ciò posto i ricorrenti invocano, da una parte, la propria ignoranza, che però: (i) appare non credibile, alla luce del fatto pacifico che alla manifestazione sono confluite moltissime persone, evidentemente per la ragione che il cantante gode di una certa notorietà locale, e (ii) se anche fosse, non sarebbe giustificabile, dal momento che in un contesto caratterizzato dalla presenza di note organizzazioni criminali di stampo mafioso è compito degli amministratori di un Comune essere particolarmente diligenti e attenti nella selezione dei soggetti con cui l’Amministrazione entra in contatto, anche solo al fine di conferire il patrocinio dell’Ente. D’altro canto i ricorrenti invocano la assoluta regolarità della pratica amministrativa, seppure ammettendo che sarebbe stata necessaria una autorizzazione formale: non si spiega, tuttavia, come sia stato possibile che in mancanza della necessaria autorizzazione espressa del Responsabile del SUAP, nessuno, neanche la Polizia Municipale, abbia sollevato obiezioni all’allestimento della manifestazione, che si è svolta – come ha riferito la Commissione - in difetto della relativa autorizzazione e prima che il Responsabile del SUAP avesse modo di verificare la regolarità della documentazione integrativa depositata.

19. La Commissione ha riferito, ancora, dell’inerzia del Comune nel disporre la demolizione di un immobile che il capo del locale sodalizio mafioso locale, Ge. S., ha realizzato su terreno di proprietà dell’-OMISSIS-, immobile la cui riconducibilità a tale famiglia mafiosa è desumibile sia da un contratto di fornitura di energia elettrica, stipulato nel 2003, sia dal fatto che una ordinanza di custodia cautelare a carico di Giu. S., figlio di Ge. S., è stata ivi notificata, e tale immobile risulta luogo di attuale detenzione domiciliare.

19.1. L’ordinanza di demolizione, pur emessa da anni non è mai stata eseguita, asseritamente perché il Comune sarebbe privo di fondi a tale scopo: tale situazione, seppure rispondente a verità, sarebbe, anche in questo caso, ingiustificabile, esistendo dal -OMISSIS- il Fondo Demolizione di Opere Abusive, al quale può accedere qualsiasi Comune.

19.2. Obiettano i ricorrenti che la situazione risale a ben prima che l’attuale Amministrazione si insediasse, e che non si tratta dell’unica ordinanza di demolizione rimasta ineseguita: anche tali rilievi non sono dirimenti, sia per la ragione già indicata (esistenza di un apposito Fondo di rotazione di supporto ai Comuni), sia perché gli organi comunali potrebbero aver deciso di desistere da ogni altra demolizione proprio per non attirare l’attenzione sulla mancata demolizione dell’immobile occupato dal Ge. S. e dalla di lui famiglia.

20. La Commissione prefettizia riferisce anche altri episodi indicativi di possibile condizionamento dell’Ente da parte della criminalità organizzata, ma il Collegio ritiene di poter soprassedere dalla relativa disamina, atteso che le situazioni già sin qui esaminate possono ritenersi sufficientemente indicative dell’esistenza di aree in cui l’attività dell’Ente è compromessa da condizionamento della criminalità organizzata: sussistono, in particolare, indizi del fatto che tale condizionamento sia reso possibile dalla presenza, nella struttura dell’Ente, di persone che hanno stretti contatti con i maggiori esponenti del locale clan mafioso, e che nella loro qualità sono in condizione di esercitare opportune pressioni sugli organi comunali competenti. del -OMISSIS- di scioglimento del Comune di -OMISSIS- (-OMISSIS-)

21. In conclusione debbono essere respinti i motivi di ricorso articolati avverso il D.P.R. del -OMISSIS-, di scioglimento del Comune di -OMISSIS-, e gli atti ad esso presupposti.

22. Per quanto riguarda l’impugnazione dei atti della Prefettura di -OMISSIS-, del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Interno, con cui è stato concesso accesso parziale ai ricorrenti, può essere dichiarata l’improcedibilità della relativa domanda, dal momento che nel corso del giudizio gli atti, oggetto della richiesta di accesso, sono stati acquisiti in forma integrale e priva di “omissis”.

22. Le spese di giudizio vanno rimborsate nei confronti delle sole Amministrazioni e compensate con l’interventore.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

- respinge la domanda di annullamento del D.P.R. -OMISSIS-, che ha disposto lo scioglimento, ai sensi dell’art. 143 TUEL, del Comune di -OMISSIS-, e di tutti gli atti ad esso presupposti;

- dichiara improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, la domanda avente ad oggetto il diniego all’accesso di cui agli atti della Prefettura di -OMISSIS- prot. n. 681/12B.1 – Area 1^/F. 116/2020 dell’08.01.2020, del Consiglio dei Ministri prot. n. -OMISSIS- e del Ministro dell’Interno prot. n. -OMISSIS-;

Condanna i ricorrenti alla refusione delle spese di giudizio, quantificate in euro 3.000,00, nei confronti delle Amministrazioni intimate, compensandole nei confronti dell’interventore.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) -OMISSIS-/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile -OMISSIS-), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dei ricorrenti, del Comune di -OMISSIS-, della Prefettura di -OMISSIS-, del sig. -OMISSIS-, nonché di ogni altra persona fisica o giuridica citata nella presente sentenza, in epigrafe o nella motivazione.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 febbraio 2021, celebrata in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25, comma 2, del D.L. n. 137 del 28 ottobre 2020, con l'intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore

Lucia Maria Brancatelli, Primo Referendario

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Roberta Ravasio Antonino Savo Amodio

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