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sabato 13 aprile 2019

MEDICI DI FAMIGLIA SULL'ORLO DI UNA CRISI DI NERVI: DAL BORNOUT ALLE AGGRESSIONI. COME DIFENDERSI?

NO ALLA VIOLENZA SUI MEDICI. MANIFESTO DELLA FNOMCEO DI BARI
Di FILIPPO MELE. MEDICO DI MEDICINA GENERALE, POLICORO (MT)

LA MIA RELAZIONE AL CORSO DI EDUCAZIONE MEDICA CONTINUA ORGANIZZATO DALL'ORDINE DEI MEDICI SU “IL RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE: PERCHE' LA VIOLENZA” E SVOLTOSI OGGI A MATERA, NELL'AUDITORIUM DELL'OSPEDALE MADONNA DELLE GRAZIE 
MATERA 13.4.19 - Conosco la violenza. Sono iscritto a due ordini, quello dei giornalisti e quello dei medici. Ed esercito entrambe le professioni. Per la prima mi sono occupato, sino al 1 aprile scorso, giorno dei mio pensionamento come collaboratore de La gazzetta del mezzogiorno, anche di cronaca: omicidi, aggressioni, risse, criminalità organizzata e non. Così, il 10 ottobre 2018 ignoti mi hanno recapitato nottetempo una busta bianca con in foglio A4, anch'esso bianco, un proiettile di pistola inesploso, una penna Bic rossa. 

IL PROIETTILE DI PISTOLA E LA PENNA BIC ROSSA RECAPITATAMI NOTTETEMPO IL 10.10.2018
Ed ignoti hanno gettato una bomba carta sulla tettoia della mia casa. Evidentemente a qualche boss non era piaciuto qualcuno dei miei articoli sulla criminalità organizzata. Per questo sono stato messo sotto sorveglianza dinamica da parte delle forze dell'ordine per decisione della Prefettura di Matera.
Nè sono stato e non sono più tranquillo come medico. Al mio collega, Leonardo Trentadue, il 1 settembre del 2017 un paziente ha provocato la frattura di un femore aggredendolo per il suo rifiuto a redigere un certificato anamnestico per la patente palesemente falso. 

IL DR LEONARDO TRENTADUE INTERVISTATO DALLE TV NAZIONALI DOPO L'AGGRESSIONE
Allora?
Allora cominciamo dalla prima parte del titolo della mia relazione: IL BURNOUT. Di cosa si tratta? Christina Maslach ne ha dato la prima definizione: "Sindrome da esaurimento emotivo, da spersonalizzazione e riduzione delle capacità personali che può presentarsi in soggetti che per professione si occupano della gente". E chi più dei medici si occupa delle persone, anzi del loro bene supremo come la salute? La sindrome da Burnout, quindi, è l'esito patologico di un processo stressogeno che colpisce le persone che esercitano professioni d'aiuto, qualora queste non rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad assumere. Così il termine burnout in italiano si può tradurre come “bruciato”, “scoppiato”, “esaurito”. Ma da dove deriva questa autentica patologia? Dai tanti “No” che ogni giorno siamo costretti a dire ai nostri pazienti. Eccovi alcune “scene da ambulatorio quotidiano” come esempi.
Prima scena. Una paziente: “Dottore mi fai la richiesta di ricovero di riabilitazione a Ginosa? Se tu vuoi, mi hanno detto all'ospedale di Taranto dove faro' la protesi al ginocchio, puoi farmela...”. Richiesta che io non posso fare per ordine della mia Asl che ha deciso si impedire ai medici di famiglia la possibilità di chiedere ricoveri per riabilitazione ortopedica, neurologica, cardiologica. Ovviamente la mia risposta ha causato un conflitto con la mia assistita.
Secondo “siparietto”. “Dottore, al cup mi hanno detto che puoi mettermi la priorità B per la mia tac, la mia rmn, la mia colonscopia, la mia visita ortopedica e via discorrendo”. Ed io, obtorto collo, come altri colleghi, metto la B con risultato che questa classe di priorità non esiste più.
Terza scena. “Dottore, alla farmacia mi hanno detto che questa medicina è mutuabile, perchè me l'hai scritta a pagamento? la mia amica non la paga...”. Ed io a rispondere che non è così, purtroppo, per via delle note Aifa o perchè la prescrizione è “off label”, al di fuori dalle indicazioni riconosciute per quella medicina. Ed il paziente va via non troppo convinto.
Quarta “piece” da ambulatorio quotidiano. “Dottore, mi fai un certificato di malattia di 15 giorni. Lo ha chiesto il nostro datore di lavoro a tutti noi operai. Sa, piove e, quindi, non possiamo lavorare”. Ed al mio rifiuto di rilasciare il certificato palesemente falso ecco la replica: “Ci vuole fortuna nella vita. A tutti i miei colleghi gli altri medici hanno fatto il pezzo di carta”. Il risultato di questo conflitto? Il giorno dopo il paziente e tutti gli altri membri della sua famiglia, da me assistiti da oltre 20 anni, hanno cambiato medico.
Già. Il risultato di tutti i “No” quotidiani è quello della sindrome di burnout nei professionisti con l'aggravante della perdita di “clienti”. Sul collo di ogni medico di famiglia, infatti, che lavorano in regime di concorrenza, pende la “spada di Damocle della ricusazione”. 

DAMOCLE ALLA CORTE DI DIONIGI, TIRANNO DI SIRACUSA
Il cittadino, infatti, può cambiare sanitario, senza alcuna giustificazione, ogni sette giorni. Ed i medici, è ovvio, hanno bisogno di lavorare.
Quali sintomi caratterizzano il burnout? Qui riporto quelli fisici e quelli psichici. I primi: stanchezza, necessità di dormire, irritabilità, dolore alla schiena, cefalea, stanchezza agli arti inferiori, dolori viscerali, diarrea, inappetenza, nausea, vertigini, dolori al petto, alterazioni circadiane, crisi di affanno, crisi di pianto. I sintomi psichici: stato di costante tensione, irritabilità, depersonalizzazione, senso di frustrazione, senso di fallimento, ridotta produttività, ridotto interesse verso il proprio lavoro, reazioni negative verso familiari e colleghi, apatia, demoralizzazione, disimpegno sul lavoro, distacco emotivo.
Dal burnout alla violenza il passo è breve.
LA VIOLENZA. STIME FIASO (FEDERAZIONE DI ASL ED OSPEDALI) E NURSING (SINDACATO INFERMIERI) DELL'APRILE 2018: 3000 aggressioni l'anno con 1.200 denunciati all’Inail; 456 attacchi ad infermieri dei pronto soccorso; 400 a medici e infermieri che lavorano in corsia; 320 violenze negli ambulatori; 87 casi tra omicidi, violenze carnali e sequestri per i medici di continuità assistenziale negli ultimi 20 anni.
Quali le cause delle aggressioni? Rispondo con Silvestro Scotti, presidente della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) e dell'Ordine dei medici di Napoli: “Responsabilità attribuita al medico per i limiti organizzativi del Sistema sanitario nazionale; per motivi logistici delle strutture sanitarie; per una condizione di malattia ad evoluzione cronica-infausta”.
Che fare contro la violenza sugli operatori sanitari? Ecco alcune risposte date in diversi contesti nazionali.
Corsi di arti marziali giapponesi “Ki aikido”. L'iniziativa è stata annunciata dal presidente dell'Omceo di Torino Guido Giustetto. Il corso prevede una giornata di convegno sul Ki aikido e le tecniche per contenere e depotenziare gli atteggiamenti aggressivi.
KI AIKIDO
Campagne informative con manifesti come quelli fatti redarre dall'Ordine dei medici di Bari: “Chi aggredisce un medico aggredisce se stesso. Difendiamo chi difende la nostra salute”.


Progetti di legge. La proposta di Michela Rostan, deputata di Leu, prima firmataria di un ddl che vuole equiparare tutti i medici, al di là della loro funzione, ai pubblici ufficiali. Ad appoggiare la proposta il presidente della Fnomceo Filippo Anelli, il presidente Fimmg Scotti, il numero uno dell’Enpam Alberto Oliveti. (Sanità ed informazione 30.7.18).
Che fare? La proposta che personalmente preferisco: “La cura della coppia medico-paziente”. Si tratta di un decalogo di Cittadinanzattiva-Tdm e Fnoceo contenente 5 diritti e 5 doveri sia del paziente sia del medico.
Diritti e doveri dei cittadino.
Diritti: 1) avere il giusto tempo di ascolto; 2) ricevere informazioni comprensibili; 3) condividere percorsi di cura; 4) ricevere cure in sicurezza; 5) non soffrire inutilmente.
Doveri: 1) non sostituire il web o il passaparola al medico; 2) collaborare con il medico; 3) rispettare le persone; 4) rispettare gli ambienti e gli oggetti; 5) segnalare disfunzioni.
Diritti e doveri del medico.
Diritti: 1) esercitare la propria professionalità; 2) essere rispettato; 3) non assecondare ogni richiesta; 4) essere informato dal cittadino; 5) lavorare nelle migliori condizioni.
Doveri: 1) ascoltare; 2) informare; 3) ridurre o alleggerire la burocrazia; 4) interagire e confrontarsi con altri professionisti; 5) segnalare.
Il decalogo, però, è stato adottato nel 2017 e, nonostante esso sia stato molto pubblicizzato, non ha sortito gli effetti sperati, la diminuzione dei casi di violenza contro i medici.
Quali conclusione, allora, si possono trarre da questa trattazione?
Io, medico di 66 anni, dopo 40 anni di professione, non posso non concludere con una frase ormai famosa in Italia grazie al maestro Marcello D'Orta, che ha scritto il libro, ed a Paolo Villaggio, protagonista nel film tratto dal volume: “IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO”.

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