RICORDANDO FRANCESCO
TAMMONE, IL POLIZIOTTO DI SOLI 26 ANNI VITTIMA DELLA CRIMINALITA'
ORGANIZZATA 24 ANNI FA, A POTENZA, LA SEGRETERA REGIONALE
DELL'ASSOCIAZIONE HA EVIDENZIATO COME “QUANDO SI MUORE PER MANO
CRIMINALE SI HA IL DOVERE DI RICORDARE, SI HA IL DOVERE DI
SOTTOLINEARE LA MAI SCONTATA RELAZIONE FRA LA MEMORIA E L’IMPEGNO”.
ED ANCORA: “NUMEROSE SONO LE VERITÀ CHE CI GIRANO INTORNO NON
RICONOSCIUTE ANCORA COME TALI, COPERTE DAI GIOCHI DI POTERE,
DALLA FORZA DI RICATTO DELLE MAFIE, DAL MARCIO DELLA CORRUZIONE MA
ANCHE DAL VELO OPACO DELLE TANTE, TROPPE COSCIENZE INERTI E
ADDOMESTICATE”. IL COMUNICATO STAMPA INTEGRALE DI LIBERA BASILICATA
E' LEGGIBILE CLICCANDO SU:
FRANCESCO TAMMONE
VITTIMA DI MAFIA
AGENTE DELLA POLIZIA DI STATO, UCCISO A POTENZA IL 10 LUGLIO 1996
Morì da eroe a soli 26 anni, in quella divisa che aveva sempre sognato e per la quale aveva lavorato per lungo tempo a Palermo, in servizio durante gli anni di piombo della mafia. I suoi sogni morirono con lui in una sera d'estate, nella città dove aveva chiesto di tornare, dove un anno prima si era sposato e dove un mese prima era nata sua figlia. Lui, originario di Albano di Lucania, aveva lasciato il suo paese per entrare in polizia.
Ricordare Francesco Tammone significa ancora una volta far sentire la nostra vicinanza ai suoi familiari, alla stessa Polizia, e allo stesso tempo ricordare che in Basilicata, il pericolo mafioso non si può assolutamente sottovalutare.
Quando si muore per mano criminale si ha il dovere di ricordare, si ha il dovere di sottolineare la mai scontata relazione fra la memoria e l’impegno.
L’impegno contro le mafie non può prescindere dal confronto diretto, concreto, con chi la corruzione e la violenza mafiose l’hanno subite sulla propria pelle.
FRANCESCO TAMMONE (foto cadutipolizia.it) |
Senza questo confronto, che è diventato spesso
un rapporto di stima, di affetto, di condivisione, si corre il
rischio di perdersi nelle astrazioni dei “discorsi”, delle
analisi magari brillanti ma sterili.
Queste storie ci invitano a restare coi piedi
per terra, a sognare ma a occhi sempre ben aperti, a non dimenticare
che al centro di tutto, quando ci si impegna per la giustizia
sociale, è sempre la persona, i suoi bisogni, le sue ferite,
le sue speranze. Ecco allora che la memoria e l’impegno non sono
parole accostate a tavolino, ma dimensioni che convivono in un
reciproco, indispensabile, nutrimento. Senza questa convivenza
l’impegno può diventare routine e la memoria “retorica della
memoria”, che è l’opposto della ricerca.
Non dobbiamo mai stancarci di cercare la giustizia e di chiederla quando viene taciuta, omessa o manipolata.
Numerose sono le verità che ci girano intorno non riconosciute ancora come tali, coperte dai giochi di potere, dalla forza di ricatto delle mafie, dal marcio della corruzione ma anche dal velo opaco delle tante, troppe coscienze inerti e addomesticate.
La prima mafia – quella su cui s’innestano tutte le altre – è la mafia dell’indifferenza.
Siamo consapevoli che in questo mondo è necessario
coltivare la speranza perché noi siamo certi che è viva e il
solo fatto di praticare una testimonianza ne è la conferma.
Segreteria
LIBERA Basilicata
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