SCANZANO JONICO. OVERDOSE, LETTERA PER LA RIAPERTURA DEL CASO DELLA MORTE DI COSIMO VENA AL PROCURATORE ARGENTINO. L'HA SCRITTA LA SORELLA MARIA ANNA
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COSIMO VENA |
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 1.6.18
SCANZANO JONICO – Non si arrende la famiglia alla
morte senza colpevoli di Cosimo Vena avvenuta a 37 anni, il 15
settembre del 2015, per overdose mentre si trovava agli arresti
domiciliari. La sorella Maria Anna, in particolare, ha scritto una
lettera al procuratore della Repubblica presso il tribunale di
Matera, Pietro Argentino in cui ha chiesto di sapere “se risulto
indagata o se risulto persona offesa in procedimenti penali, ove
esistenti, nello stato delle indagini preliminari”. La donna, nel
contempo, ha conferito una procura speciale all'avvocato difensore,
Pietro Damiano Mazzoccoli, sia a depositare le sua nota sia al ritiro
dell'esito della sua istanza. Si tratta della modalità individuata
dalla legge per sapere se l'esposto-denuncia presentato ai
carabinieri della Compagnia di Policoro nel febbraio scorso con la
richiesta di riapertura delle indagini sul caso abbia sortito effetti
oppure no. Caso che è stato chiuso senza colpevoli da parte della
magistratura. “Vidi morire mio figlio tra le mie braccia –
dichiarò alla Gazzetta il 10 febbraio scorso Rosa Anna Diamante, la
madre di Cosimo -. Finchè i miei occhi rimarranno aperti mi batterò
perchè i responsabili vengano individuati e condannati”. Vena morì
mentre si trovava ai domiciliari perchè coinvolto nell'indagine
“Neve tarantina”. Un decesso di cui non sono stati accertati
colpevoli. Nel gennaio scorso il giudice delle indagini preliminari
del tribunale di Matera, Angelo Onorati, archiviò il procedimento a
carico di tre persone indagate per omicidio colposo (due operatori
del 118 ed il medico di famiglia, ndr) e di un'altra accusata di aver
provocato la morte dell'uomo fornendogli la dose di cocaina letale.
Archiviazione richiesta dalla Procura della Repubblica contro cui
avevano fatto opposizione i familiari. Ma invano. Da qui il nuovo
esposto ai carabinieri della madre e della sorella di Cosimo con la
richiesta di indagare ancora su due aspetti: sulle responsabilità di
chi aveva il dovere di assistere il loro congiunto quando fu chiamato
il 118 la prima volta e su chi portò la droga mortale ad un uomo ai
domiciliari che non poteva incontrare nessuno. Le due donne chiesero
di esaminare le registrazioni delle chiamate al 118 e quelle della
persona accusata di aver provocato il decesso fornendo a Cosimo la
dose letale. Ora, vogliono sapere se le indagini siano state riaperte
o meno.
LA
MORTE DI COSIMO VENA E LA BATTAGLIA DELLA SUA FAMIGLIA PER LA RICERCA
DELLA VERITA'
SCANZANO JONICO – La morte di Cosimo Vena avvenne
il 15 settembre 2015 nel pronto soccorso di Policoro. L'uomo, 37
anni, era ai domiciliari per una inchiesta per droga. La sorella,
Maria Anna, e la madre, Rosa Anna Diamante, da quel giorno si battono
per l'accertamento della verità. “Il 118 – ha spiegato Maria
Anna – fece due accessi a casa di Cosimo. La prima alle 17, col
medico di famiglia. Dissero che tutto andava bene. Poi, alle 22.30-23
tornai. Mio fratello non respirava più. Chiamai il 118 che arrivò
con due ambulanze. Ma il trasporto a Policoro fu inutile”. Il 18
settembre 2015 l'autopsia e l'iscrizione di 4 persone nel registro
degli indagati. Morte causata da un mix di droga e antidepressivi. Il
25 gennaio scorso la notizia dell'archiviazione senza colpevoli. Ma
il 10 febbraio successivo esposto ai carabinieri della famiglia. Ora
la lettera al procuratore Argentino di Maria Anna.
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