L'IMPIANTO DI DEPURAZIONE INSTALLATO NELL'ITREC |
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 16.10.18
ROTONDELLA - “Con questo impianto di depurazione, in attività dal 17 maggio scorso, noi riusciamo ad abbattere ai minimi termini, portandoli in concentrazione quasi non misurabili dalla strumentazione, il cromo esavalente e la trielina presenti nelle acque di falda del nostro sito. L'acqua depurata, poi, va a finire in una vasca prima di raggiungere il mar Jonio tramite la condotta di cui abbiamo avuto la facoltà d'uso”. Così il fisico nucleare Emanuele Fontani, responsabile per la Sogin spa della disattivazione degli impianti nucleari italiani, accogliendo La gazzetta, prima testata giornalistica a visitare l'Itrec dopo il sequestro ordinato dalla Direzione distrettuale antimafia il 13 aprile scorso. Sogin è la società interamente pubblica incaricata dallo Stato della messa in sicurezza e disattivazione dei siti atomici nazionali. L'impianto di depurazione è stato installato dopo che la Procura distrettuale antimafia di Potenza ordinò ai carabinieri del Noe di eseguire un decreto di sequestro preventivo di tre vasche di raccolta delle acque di falda e della relativa condotta di scarico dell'Itrec, nonchè di quello che era rimasto di un ex impianto nucleare, il Magnox, ubicato nell'area gestita dall'ente di ricerca Enea. Per il procuratore capo, Francesco Curcio, dall'Itrec acqua contaminata veniva sversata nel mar Ionio. Ed ora, invece? Fontani: “Ora, invece, l'acqua di falda, che va necessariamente sollevata per non interferire con gli impianti radioattivi, viene convogliata in questo depuratore – ha spiegato Fontani accompagnato da Vincenzo Stigliano, responsabile dell'Itrec - dove cromo esavalente e trielina vengono abbattuti. Il primo diventa fango, la seconda viene trattenuta da filtri di carbone. Entrambi questi rifiuti andranno trattati come radioattivi. L'acqua, invece, arriva in una delle vasche dissequestrate e tramite la condotta, di cui la Procura ci ha concesso l'uso, raggiunge lo Jonio. I controlli sul funzionamento della struttura sono effettuati da noi, dall'Arbap, e dalla magistratura su sua richiesta”.
Da sx. Emanuele Fontani, resp. dismissione impianti Sogin, e Vincenzo Stigliano, respons. sito Itrec |
ROTONDELLA - Il 13 aprile 2018 esplose il cosiddetto “bubbone” della Trisaia. Il procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia di Potenza, Francesco Curcio, infatti, ordinò sequestri preventivi di urgenza di alcune strutture sia in area Itrec, gestita da Sogin spa, sia in area Enea, gestita dall'Ente di ricerca nazionale. Pesanti le tesi accusatorie formulate: inquinamento ambientale, falsità ideologica, smaltimento illecito di rifiuti e traffico illecito di rifiuti. Cinque gli indagati. Si tratterebbe dei referenti dei procedimenti di controllo e smaltimento delle acque. Inchiesta di cui, ancora, non si è arrivati alla chiusura delle indagini preliminari. “Le indagini – sostenne il procuratore Curcio – hanno preso le mosse dal grave stato di inquinamento ambientale causato da sostanze chimiche in cui versava (e versa) la falda acquifera sottostante il sito (caratterizzata da contaminazione da cromo esavalente e tricloroetilene). Sostanze che erano state utilizzate per il trattamento delle barre di uranio/torio collocate nell'Itrec. Si accertava, inoltre, una grave ed illecita attività di scarico a mare dell'acqua contaminata, che non veniva in alcun modo trattata”.
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