INTERVISTA ALLA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO DEL PROCURATORE FRANCESCO CURCIO, COLUI CHE HA VOLUTO FORTEMENTE LA DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA (DIA) NELLA NOSTRA REGIONE. “A REGIME – HA DETTO – SARÀ UN GRUPPO COMPOSTO DA 23 TRA UOMINI E DONNE. ADESSO COMINCIAMO CON 15. LA BASILICATA NON È PIÙ TERRA DI NESSUNO”. LE CONDIZIONI DEI SODALIZI CRIMINALI LUCANI. E NEL METAPONTINO LA MAFIA TIENE COSTANTEMENTE SOTTO ATTACCO LA FILIERA AGROALIMENTARE. DI SEGUITO L’INTERVISTA INTEGRALE CONCESSA DAL MAGISTRATO A CARMELA FORMICOLA
IL PROCURATORE FRANCESCO CURCIO, SECONDO DA SX, AD UN CONVEGNO DI LIBERA NELL'OTTOBRE 2018 A POLICORO |
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
SALTA INAUGURAZIONE DIA
CLAN VIVI E DROGA A FIUMI, LE EMERGENZE DELLA BASILICATA: PARLA PROCURATORE CURCIO
«OGGI ANCHE UN PAESINO DI 1.500 ABITANTI HA UNA SUA REGOLARE PIAZZA DI SPACCIO. L’AZIONE CRIMINALE SI È FATTA PIÙ CAPILLARE»
25 FEBBRAIO 2022
CARMELA FORMICOLA
Clan
inabissati ma vivi. Piazze della droga fiorentissime. Metapontino solita
polveriera. Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese avrebbe dovuto
inaugurare oggi la nascita della Dia lucana, ma i venti di guerra ne hanno per
ora differito la visita potentina.
La sezione operativa di Potenza della Direzione investigativa antimafia (la
sede è al numero 90 di via Vaccaro) è una piccola vittoria personale del
procuratore Francesco Curcio. Che il territorio regionale sia già culla
di una criminalità adulta, è noto a tutti. Che la pressione delle mafie di
Calabria, Campania e Puglia prema sui confini, è ben intuibile. Che alla fine
la Basilicata possa trasformarsi nel teatro di guerra tra varie compagini, è il
rischio da scongiurare. Di qui l’importanza di un gruppo di investigatori che
lavori solo sul fronte del contrasto alle associazioni di stampo mafioso. Con
Francesco Curcio tentiamo la ricostruzione più realistica possibile dello stato
delle cose.
Procuratore,
quali sono le condizioni dei sodalizi lucani? Piegati, ridimensionati da
inchieste e sentenze? Oppure vivi e agguerriti?
«I clan ci sono. Sono sempre quelli e perseverano nei loro affari consolidati:
racket, droga e traffico di armi. Certo, le organizzazioni hanno risentito dei
colpi della giustizia. Pensiamo a Potenza, Martorano è tornato in libertà ma è
rimasto in carcere per oltre 20 anni».
E il
gruppo Riviezzi?
«È sempre sulla breccia».
La faida
di Melfi sembra silente.
«Mah.. i Cassotta sembrano indeboliti, i Delli Gatti sono sempre lì. Parlerei
più di pax mafiosa. Comunque anche loro stanno “lavorando”».
La città
di Matera impensierisce meno?
«Tutt’altro. Lì abbiamo incombenti i gruppi pugliesi, in particolare di
Altamura. E c’è interesse anche dalla Calabria. Si vende molta, molta droga a
Matera».
E la
storica mala di Montescaglioso?
«I focolai sono sempre accesi. Questa ad esempio (Curcio prende dalla scrivania
un corposo fascicolo) è la sentenza dell’omicidio dello scorso anno di Antonio
Grieco, ucciso nel bosco dinanzi al figlio in un agguato che ha qualcosa di
sinistramente cinematografico. La condanna è stata inflitta a Giuseppe D’Elia, sullo
sfondo, anche qui, il mercato della droga».
Il
Metapontino appare l’area più calda, anche per le notevoli infiltrazioni
mafiose nell’economia sana, per quella filiera agroalimentare costantemente
sotto attacco.
«Non c’è dubbio. Eloquente la conversazione di un indagato intercettata nel
corso di un’indagine. Lui accompagna delle persone a vedere la sua azienda
specializzata nella produzione di fragole e illustrandone l’ampiezza e la
bellezza dice che tutto questo è stato possibile grazie ai “compari”. Ovviamente
l’azienda è stata sequestrata».
Procuratore,
lei insiste molto sulla droga. È uno dei motivi di allarme che più d’altri
dovrebbe impensierire la comunità lucana.
«È un grosso problema. Un tempo al controllo sociale non sfuggiva chi fumava lo
spinello o chi si iniettava eroina. Era anche più difficile per gli spacciatori
muoversi in certi contesti. Oggi anche un paesino di 1.500 abitanti ha una sua
regolare piazza di spaccio. L’azione criminale si è fatta decisamente più
capillare».
L’avvio
della sezione operativa della Dia in Basilicata darà un buon contributo alla
lotta al crimine organizzato.
«Beh, sarà un gruppo di lavoro impegnato solo su questo terreno. Grande il
lavoro fatto in questi anni dalla polizia o dai carabinieri, che tuttavia sono chiamati
a fronteggiare anche altre forme di minaccia alla sicurezza pubblica».
Quante persone saranno al lavoro nella Dia lucana?
«A regime saranno 23 tra uomini e donne. Adesso cominciamo con un gruppo di 15.
Ma sia chiaro: non aspettiamoci risultati immediati! I primi frutti del
potenziamento della lotta alla mafia cominceremo a coglierli non prima di un
anno e mezzo. L’importante è il messaggio che la presenza della Dia comunica
alla comunità lucana».
Quale messaggio?
«Questa non è più terra di nessuno».
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