IL RACCONTO DELLA FUGA DALLA NIGERIA, DELLA
TRAVERSATA, DELL'ARRIVO IN ITALIA: “SPERIAMO IN UNA VITA BUONA”
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LA FESTEGGIATA, IL SUO BAMBINO NATO IN ITALIA, DON ANTONIO |
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 21.7.17
SCANZANO JONICO – I migranti sono ospitati a Terzo
Cavone, nella casa dell'accoglienza annessa alla chiesa di San
Giulio, dal 30 giugno scorso. Si tratta di 12 richiedenti asilo in
attesa dello status di rifugiati politici, 2 uomini, 5 bambini, 5
donne, trasferiti qui da Irsina dalla prefettura nell'ambito di un
progetto diocesano. Il gruppo più consistente è formato da
nigeriani più una donna somala con bambino ed una donna della
Guinea. L'accoglienza è garantita da alcuni operatori, un'assistente
sociale, un mediatore linguistico, uno psicologo, e dai volontari
delle parrocchie di San Giulio e dell'Annunziata, al centro. Sinora,
tutto okay. Tanto che nei giorni scorsi è stata organizzata una
festa di benvenuto in occasione del 25esimo compleanno di una delle
ragazze nigeriane, qui con il marito ed il suo bambino. I
parrocchiani hanno portato da mangiare, dolci compresi, e da bere. Si
è cantato e ballato. Tanti i sorrisi, gli abbracci, i selfie. Come
sembrava lontano quel 29 gennaio scorso in cui alcuni residenti della
frazione di Scanzano Jonico inscenarono una protesta contro il
ventilato arrivo dei profughi nei locali annessi alla chiesa con la
minaccia di occuparli. La festa di benvenuto e di compleanno è
andata benissimo. “E' una bellissima esperienza – ha detto il
parroco don Antonio Polidoro -. Per noi si tratta della continuazione
del Vangelo perchè ci facciamo prossimi ai nostri fratelli che
vivono in difficoltà. E domenica scorsa loro (10 sono cattolici,
ndr) e noi, insieme, siamo stati alla celebrazione della messa.
L'accoglienza diventa comunità”. Felici la festeggiata ed il
marito. “E' una festa bellissima – hanno detto con l'aiuto
dell'interprete. Siamo in Italia dal novembre 2013. Fuggimmo dalla
Nigeria per le lotti tra diversi gruppi armati. Viaggiammo per due
giorni in auto sino alla Libia in attesa del barcone che ci portasse
in Italia”. In Libia, per lui, anche la violenza del carcere “da
cui scappai grazie ad un buon samaritano”. Poi il racconto della
traversata: “Eravamo in più di 150 sulla barca. Alcuni di quelli
che erano con noi morirono. Avemmo tanta paura. Poi lo sbarco in
Sicilia”. Cosa sperano adesso questi due giovani, lui studente di
medicina e lei di marketing nel loro Paese? “Speriamo in una vita
buona e in un buon lavoro, anche a Scanzano Jonico”. Intanto da
quattro anni attendono lo status di rifugiati politici.
UNA
VOCE FUORI DAL CORO DA PARTE DI UN CITTADINO: “CHI PENSA ALLA
NOSTRA CHIESA ED AI GIOVANI DEL POSTO?”
SCANZANO JONICO – C'è
chi non è d'accordo con i migranti nei locali annessi alla chiesa di
San Giulio. Si tratta di Donato Ventimiglia, firmatario, come “Un
cittadino di Terzo Cavone”, di un manifesto affisso sui muri della
città, “Dal solito pulpito le solite prediche”. “Mi aspettavo
– si legge nel lungo testo – che il sindaco (Raffaello Ripoli,
ndr), la Giunta, il nostro misericordioso parroco (don Antonio
Polidoro, ndr) si prodigassero per nuovi punti di aggregazione per i
nostri ragazzi togliendoli dalla strada. Mi sbagliavo!” Ed ancora:
“Il nostro parroco che ha spiccate capacità imprenditoriali
fiutando la possibilità di gestire qualche centinaia di migliaia di
euro l'anno si è buttato a capofitto nell'impresa ignorando le leggi
e fregandosene degli uomini. Nessuno ha mai detto: non li vogliamo (i
migranti, ndr). Abbiamo gridato: sistemateli dove volete ma ridateci
la nostra chiesa”.
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