I MEDICI RAFFAELE, A SX, ED ANDREA TATARANNO, A DX |
“Ho vinto la battaglia della vita. E con me l'ha vinta mio figlio Andrea, medico anche lui. Nello stesso giorno, il 26 marzo scorso, abbiamo scoperto di essere rimasti contagiati dal Coronavirus, io a Bernalda, lui a Monza, in piena zona rossa, a 1000 km di distanza. Insieme abbiamo fatto la quarantena. Insieme abbiamo saputo dell'esito negativo dei due tamponi di controllo. Sono un uomo fortunato”.
Sembra non tradire l'emozione che lo assale il medico di famiglia Raffaele Tataranno, il primo della Basilicata ad essere rimasto contagiato dal Covid-19 ed il primo guarito. Ma questo è un periodo di capitani coraggiosi e di emozioni forti. Come possono essere definiti i protagonisti ed i sentimenti vissuti nel corso di una contesa combattuta, fianco a fianco, distanti ma vicini, come dice lo slogan, contro un nemico subdolo ed insidioso, da un padre e da un figlio? Ma ecco ancora il nostro interlocutore che, dopo qualche ritrosia, si è lasciato andare all'intervista con il suo amico, collega medico e giornalista, che tante volte in passato, quando lui era, per nove anni, presidente dell'Ordine di Matera, lo aveva già intervistato. “Non so come mi sono preso il virus. Sicuramente nel corso di una visita domiciliare. Noi non abbiamo cessato, infatti, di andare sul territorio. Io, però, appena saputo della positività in un nucleo familiare dove mi ero recato, mi sono messo in isolamento. E' stata una decisione saggia. Tutta la mia famiglia, qui a Bernalda, e tutti i miei pazienti sottoposti a tampone, sono risultati negativi”.
Il giorno della comunicazione dell'esito del prelievo nasale. A farla, il nipote, sindaco di Bernalda, che si chiama proprio come lui, Raffaele Tataranno. Una mazzata che avrebbe ucciso un bue ma non il medico di medicina generale lucano: “Ho avuto paura, è naturale. Ho più di 65 anni e, quindi, sono soggetto a rischio per l'età. Ho pensato ai tanti colleghi morti sul campo contro il Coronavirus. Decine di medici caduti sul fronte. Tra questi oltre la metà sono miei e tuoi colleghi. Ho pensato ad Ettore Stella, mio compagno di università, presidente dell'Ordine di Varese. Ma ho deciso di chiudere quella pagina del sito della Fnomceo. Volevo vivere. Continuare a vivere. Con mio figlio che combatteva, isolato come me. La solitudine è la cosa più brutta. Ci siamo fatti forza a vicenda. Io, poi, ho continuato a lavorare, pur in quarantena. La Protezione civile, coi suoi volontari, che ringrazio, mi ha aiutato per le ricette che non si potevano spedire via mail. Ed ho curato al telefono o con Whatsapp i miei assistiti. Non sono stato male fisicamente. Solo una tossetta fastidiosa. La migliore medicina? L'affetto, la solidarietà, i messaggi della gente. La mia gente mi ha dato la forza per combattere. Noi siamo veramente la medicina di prossimità”.
Ed ecco l'esito dei due tamponi di verifica... “Si. Ora sono felice. Per me, la mia famiglia, i miei pazienti. Anche Andrea è guarito. Si, pur se ho vissuto momenti terribili, posso dirmi un uomo fortunato”. Ed ora? Riprenderà l'attività di medico a pieno ritmo? Con quale spirito? Con quale coraggio si recherà sul territorio, a casa di pazienti allettati, in assistenza domiciliare, neoplastici, con piaghe da decubito, ed altro ancora? “Con lo spirito di sempre. Senza paura. Ma con tutti i presidi di difesa individuali necessari. Non possiamo andare a casa dei nostri assistiti a mani nude, solo con un paio di guanti ed una mascherina. Ci vogliono anche tute monouso, scudi facciali, cuffie, calzari”.
Già. Cosa ha da chiedere alle istituzioni un medico che per nove anni è stato presidente del suo ordine professionale a Matera? “Tre sono le richieste per me importanti. La prima: Governo, Regione ed Asm debbono dotarci dei presidi di sicurezza necessari per fare al meglio il nostro lavoro senza più il pericolo di infettarci e di infettare. La sicurezza nostra e dei nostri pazienti dev'essere al primo posto. La seconda: Le nostre autorità debbono potenziare la medicina del territorio. E' qui che si combatte la guerra al Coronavirus. Vedete quel che è accaduto in Lombardia dove la medicina di prossimità è stata messa in secondo piano rispetto a quella ospedaliera? Il Sistema è scoppiato. Qui, invece, noi siamo ancora il primo contatto con gli assistiti. Noi siamo ancora i medici di famiglia di una volta. Ed il Servizio sanitario regionale sta reggendo. La terza richiesta: In fase di emergenza nazionale, quantomeno, dev'essere lo Stato a gestire le misure per combattere una pandemia. Non possono esistere 21 sanità diverse in Italia. In Basilicata forse ci stiamo salvando perchè il Covid-19 è arrivato quando già il Governo nazionale aveva avocato a se le decisioni più importanti”.
Ma, dottor Tataranno, dopo questa esperienza terribile, lascerà, a 67 anni, la medicina generale? Andrà in pensione? “Assolutamente no. Mi sono rafforzato ancora di più nell'idea di rimanere sino all'ultimo giorno dei miei 70 anni. Io non abbandono il campo di battaglia”.
Come non mettersi sull'attenti nel salutare questo ennesimo capitano coraggioso della medicina di famiglia italiana nell'epoca del Coronavirus?
grande ? no, grandissimo tu ed Andrea. siamo fieri di voi
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