INTERVISTA
A PIETRO SIMONETTI, COMPONENTE DEL TAVOLO NAZIONALE ANTICAPORALATO:
“NO, NON HO PIANTO MA SONO ORGOGLIOSO DI AVER LAVORATO PER COGLIERE
QUESTO OBIETTIVO. ORA MI ASPETTO UN CAMBIO DI CULTURA IMPRENDITORIALE
NELL'ARCO JONICO LUCANO PER L'EMERSIONE DEL LAVORO NERO, LA SICUREZZA
PER BRACCIANTI ED AGRICOLTORI, LA LOTTA AI CAPORALI. NO ALLA
ILLEGALITA' CHE FAVORISCE L'ESPANSIONE DELLE MAFIE”.
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Non
ha pianto, come la ministra Teresa Bellanova, ma ha espresso tutta la
sua soddisfazione per il decreto approvato dal Consiglio dei ministri
per la regolarizzazione degli immigrati clandestini. Si tratta di
Pietro Simonetti, già responsabile della task force della Regione
Basilicata per le politiche per i migranti ed attuale componente del
Tavolo nazionale anticaporalato. Lo abbiamo intervistato via skype
per parlare proprio di questa decisione governativa e delle
possibilità connesse all'utilizzo della manodopera extracomunitaria
nel Metapontino.
Allora,
Pietro, contento?
“Si.
Ho lavorato duramente con altre persone negli ultimi due mesi per
cogliere
l'obiettivo. Non ho pianto ma è prevalso l'orgoglio”.
Perchè
parli di obiettivo importante?
“ Perchè
sulla questione immigrazione negli anni si è sviluppata l'industria
della paura e della falsificazione. Il falso prevale ancora per
nutrire l'emarginazione di queste persone indicate come il male
assoluto. Ma non è così. Basti frequentare le campagne o le case
dove vi sono le badanti che assistono i nostri anziani per capire
l'umanità di questi soggetti”.
Quattrocento
immigrati africani nel ghetto della Felandina. Cosa potrà cambiare
nel prossimo futuro per questi lavoratori e per gli agricoltori che
li assumeranno?
“Non
vanno ripetuti gli errori tragici del passato. Togliere di mezzo i
containers di Bernalda nel 2010 con una trentina di migranti
trasferitisi sotto il ponte di Metaponto. Poi lo sgombero senza
alternativa nonostante Governo e Regione avessero proposto un
investimento per un centro di accoglienza per 70 persone. Se non dai
la casa, uno se la cerca. Da qui l'occupazione della Felandina
coincisa con la chiusura degli Sprar e l'eliminazione dei permessi
umanitari. Ed ecco il ghetto dove, lo ricordo, è stata bruciata
viva una nigeriana trentenne che voleva uscire dalla tratta”.
Bene
o male, però, questi braccianti erano impegnati nelle nostre
campagne. Il decreto Conte potrà far emergere il lavoro nero dando
sicurezza a lavoratori ed agricoltori eliminando il caporalato?
In
queste settimane si inneggia al personale sanitario. Ma nessuno parla
di queste persone. Oggi nel Metapontino lavorano 11mila soggetti per
la gran parte migranti che non sono stati tutelati dal Covid-19.
Parliamo di un 60 % formato da intere famiglie di rumeni, bulgari,
che vivono da anni da noi. Loro sostengono il sistema
dell'ortofrutta. Gli italiani sono il 40%. A chi produce odio dico
che una buona parte dei nostri connazionali sono fittizi, assunti
dagli imprenditori per raggiungere le 50 giornate. Ma loro non hanno
mai visto una fragola. La manodopera specializzata del Metapontino è
composta da migranti ed anche italiani.
Ma
veramente gli italiani non vogliono più lavorare nei campi? Io ho
messaggi contrari. Gli imprenditori vorrebbero gli extracomunitari
perchè li pagherebbero di meno.
“In
parte è vero. L'assunzione di un italiano presuppone rispetto di
norme e contratti. L'extracomunitario non chiede l'assicurazione o le
indennità per la pensione. Si esiste anche questo problema”.
Il
deliberato del Consiglio dei ministri lo risolverà? Ci saranno
sicurezza sul lavoro? Contratti regolari? Il caporalato scomparirà o
no?
Per
esperienza dico che i decreti non risolvono il problema. La norma
aiuta. Quando conquistammo lo Statuto dei lavoratori lo facemmo prima
nelle fabbriche e poi con la legge. Qui c'è bisogno di un cambio di
cultura: ci vuole la dignità del lavoro per rifuggire dal sommerso,
dall'arrangiamento, dalla gestione di rapporti di produzione che
hanno fatto il proprio tempo. C'è un rischio che ho misurato
personalmente, Nel Nord Europa comincia a profilarsi il rifiuto della
produzione gestita coi caporali. Mi hanno detto: noi i prodotti
raccolti col sangue provocato dal caporalato non li vogliamo.
Un'azienda inglese ha tolto una commessa da 100 milioni di euro ad
una ditta del foggiano. Attenti: la prospettiva economica di una zona
con una cultura del lavoro che viene da tempi lontani deve adeguarsi
ad esigenze di libertà, democrazia, rispetto dei diritti.
Insomma
serve legalità anche in agricoltura e nelle assunzioni nel settore?
La
legalità non è una ricetta del medico. E' un esercizio della
funzione democratica di libertà. Se prende il sopravvento
l'illegalità viene la mafia. Se gestisce la criminalità viene la
mancanza di libertà con estorsioni, attentati incendiari notturni,
ritorsioni. Servono una bonifica culturale ed una economica.
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