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domenica 5 giugno 2016

SCANZANO J. OTTO MESI FA MORIVA COSIMO VENA. LA MADRE: “SI DEVE FARE GIUSTIZIA”

CHI HA VENDUTO LA DROGA AL MIORAGAZZO?”

 
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 5.6.16

SCANZANO JONICO - “Voglio giustizia per mio figlio Cosimo. Ad otto mesi di distanza dalla sua morte non c'è un solo indagato. Le forze dell'ordine procedano nelle indagini facendo uscire la verità su chi ha venduto e portato droga al mio ragazzo, in cura con antidepressivi, causandogli, così, la morte”. Lo ha scritto Rosa Anna Diamante, madre di Cosimo Vena, deceduto a 37 anni il 15 settembre scorso nel pronto soccorso dell'ospedale di Policoro dove era stato trasportato attorno alle 23. Il 37enne era agli arresti domiciliari con l'accusa di aver spacciato stupefacenti nell'ambito dell'inchiesta “Neve tarantina” scattata il 15 gennaio 2014. Sulla sua morte, dovuta a cause che furono oggetto di esame autoptico non ripetibile accompagnato da esami tossicologici, la Procura aprì un'inchiesta coordinata dal pubblico ministero Annafranca Ventricelli con indagini affidate al Commissariato di Polizia di Policoro. Così, Rosa Anna Diamante: “Il mio medico legale mi riferì, dopo l'autopsia, che la presunta causa della morte di mio figlio sarebbe stata attribuita ad un soffocamento causato da un rigurgio di vomito finito nei polmoni. Quando, però, la Polizia convocò mia figlia Maria Anna ecco la notizia che quel rigurgito sarebbe stato causato da sostanze stupefacenti mischiate alle medicine antidepressive e che l'indagine si sarebbe indirizzata verso chi avesse portato la droga a Cosimo. Ma da allora più nulla”. Il testo della lettera è fitto di particolari e fa capire come il rapporto tra investigatori e familiari di vittime di reati sia complesso: “Andai in Commissariato perché volevo presentare una mia informativa su quanto accaduto il 15 settembre del 2015 ma mi fu detto che il mio racconto non sarebbe stato rilevante e che le indagini erano in corso. Allora mi recai dai carabinieri che raccolsero le mie dichiarazioni ritenendole opportune e fondamentali”. Ma ancora il nulla. Da qui un dubbio atroce ha assalito questa madre disperata: “Io non voglio assolutamente pensare che, solo perché mio figlio era ritenuto un delinquente dalle forze dell'ordine e stava pagando per i suoi errori ai domiciliari da 19 mesi abbandonato da alcuni affetti familiari e privato della presenza della figlia da più di un anno e mezzo a causa della sua depressione, non venga fatta giustizia. Nè voglio pensare che qualcuno voglia coprire il responsabile della morte di Cosimo”.


ERA AI DOMICILIARI PER L'INCHIESTA “NEVE TARANTINA”
 
L'AUTOPSIA E I TRE INFAGATI PER OMICIDIO COLPOSO

SCANZANO JONICO – La Gazzetta si occupò il 17 ed il 18 settembre scorsi della morte di Cosimo Vena, 37 anni, ai domiciliari perché coinvolto nell'inchiesta “Neve tarantina”. Fu la sorella Maria Anna a chiedere di cosa fosse morto il fratello e se ci fossero state responsabilità. Il 118 fece due accessi a casa Vena. “La prima – disse Maria Anna - attorno alle 17, alla presenza del medico di famiglia. Mi dissero che tutto andava bene e che mio fratello doveva dormire. Poi, alle 22.30-23 tornai. Cosimo non respirava più. Chiamai il 118 che arrivò con un'ambulanza senza medico e poi con una col medico. Ma il trasporto al Pronto soccorso di Policoro fu inutile”. Il 18 settembre la Gazzetta scrisse dell'autopsia sulla salma e di tre indagati per omicidio colposo. Poi, la notizia di fonte investigativa della morte per un mix di droga e antidepiressivi. Chi cedette lo stupefacente a Cosimo Vena?

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