“CHI HA
VENDUTO LA DROGA AL MIORAGAZZO?”
LA GAZZETTA
DEL MEZZOGIORNO 5.6.16
SCANZANO
JONICO - “Voglio giustizia per mio figlio Cosimo. Ad otto mesi di
distanza dalla sua morte non c'è un solo indagato. Le forze
dell'ordine procedano nelle indagini facendo uscire la verità su chi
ha venduto e portato droga al mio ragazzo, in cura con
antidepressivi, causandogli, così, la morte”. Lo ha scritto Rosa
Anna Diamante, madre di Cosimo Vena, deceduto a 37 anni il 15
settembre scorso nel pronto soccorso dell'ospedale di Policoro dove
era stato trasportato attorno alle 23. Il 37enne era agli arresti
domiciliari con l'accusa di aver spacciato stupefacenti nell'ambito
dell'inchiesta “Neve tarantina” scattata il 15 gennaio 2014.
Sulla sua morte, dovuta a cause che furono oggetto di esame autoptico
non ripetibile accompagnato da esami tossicologici, la Procura aprì
un'inchiesta coordinata dal pubblico ministero Annafranca Ventricelli
con indagini affidate al Commissariato di Polizia di Policoro. Così,
Rosa Anna Diamante: “Il mio medico legale mi riferì, dopo
l'autopsia, che la presunta causa della morte di mio figlio sarebbe
stata attribuita ad un soffocamento causato da un rigurgio di vomito
finito nei polmoni. Quando, però, la Polizia convocò mia figlia
Maria Anna ecco la notizia che quel rigurgito sarebbe stato causato
da sostanze stupefacenti mischiate alle medicine antidepressive e che
l'indagine si sarebbe indirizzata verso chi avesse portato la droga a
Cosimo. Ma da allora più nulla”. Il testo della lettera è fitto
di particolari e fa capire come il rapporto tra investigatori e
familiari di vittime di reati sia complesso: “Andai in
Commissariato perché volevo presentare una mia informativa su quanto
accaduto il 15 settembre del 2015 ma mi fu detto che il mio racconto
non sarebbe stato rilevante e che le indagini erano in corso. Allora
mi recai dai carabinieri che raccolsero le mie dichiarazioni
ritenendole opportune e fondamentali”. Ma ancora il nulla. Da qui
un dubbio atroce ha assalito questa madre disperata: “Io non voglio
assolutamente pensare che, solo perché mio figlio era ritenuto un
delinquente dalle forze dell'ordine e stava pagando per i suoi errori
ai domiciliari da 19 mesi abbandonato da alcuni affetti familiari e
privato della presenza della figlia da più di un anno e mezzo a
causa della sua depressione, non venga fatta giustizia. Nè voglio
pensare che qualcuno voglia coprire il responsabile della morte di
Cosimo”.
ERA AI
DOMICILIARI PER L'INCHIESTA “NEVE TARANTINA”
L'AUTOPSIA
E I TRE INFAGATI PER OMICIDIO COLPOSO
SCANZANO
JONICO – La Gazzetta si occupò il 17 ed il 18 settembre scorsi
della morte di Cosimo Vena, 37 anni, ai domiciliari perché coinvolto
nell'inchiesta “Neve tarantina”. Fu la sorella Maria Anna a
chiedere di cosa fosse morto il fratello e se ci fossero state
responsabilità. Il 118 fece due accessi a casa Vena. “La prima –
disse Maria Anna - attorno alle 17, alla presenza del medico di
famiglia. Mi dissero che tutto andava bene e che mio fratello doveva
dormire. Poi, alle 22.30-23 tornai. Cosimo non respirava più.
Chiamai il 118 che arrivò con un'ambulanza senza medico e poi con
una col medico. Ma il trasporto al Pronto soccorso di Policoro fu
inutile”. Il 18 settembre la Gazzetta scrisse dell'autopsia sulla
salma e di tre indagati per omicidio colposo. Poi, la notizia di
fonte investigativa della morte per un mix di droga e
antidepiressivi. Chi cedette lo stupefacente a Cosimo Vena?
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