LA GAZZETTA DEL
MEZZOGIORNO 2.1.18
SCANZANO
JONICO - C'e' anche Michele Puce, pregiudicato della città del
Metapontino, tra i condannati del “Processo Feudo”, scaturito
dall'omonima operazione condotta tra Puglia, Basilicata e Calabria il
15 giugno 2016. Assolto, invece, un altro imputato del centro lucano,
Giovanni Bruno. Per tutti i 61 soggetti coinvolti è caduto il reato
di associazione mafiosa mentre è rimasto in piedi quello di
associazione finalizzata al traffico di droga. “L'eroina - secondo
l'accusa - viaggiava dalla Calabria a Taranto e dalla città pugliese
in Basilicata”. La notizia è stata diffusa dall'associazione
antimafia Libera Basilicata con un link del 31 gennaio nella sua
pagina facebook: “Quindici giorni fa sono state emesse le condanne,
con rito abbreviato, dal Gup del tribunale di Lecce, in seguito
all'“Operazione Feudo”. C'è anche un lucano di Scanzano Jonico”.
Il gup Stefano Sernia, infatti, ha condannato 36 dei 61 imputati del
processo a carico di alcuni clan tarantini smantellati con un blitz
della Guardia di finanza nel giugno di due anni fa. Venticinque le
persone assolte tra cui Bruno. Secondo investigatori ed inquirenti,
l’organizzazione, capeggiata dal boss Giuseppe Cesario, detto Pelè,
morto nel marzo 2014, operava “in contatto con altre consorterie di
Taranto, come il clan D’Oronzo-De Vitis, e in Calabria. Dopo il
decesso del capo la gestione degli affari illeciti sarebbe passata
nelle mani dei suoi luogotenenti. Le indagini, altresì, avevano
accertato che il gruppo Cesario aveva rapporti con esponenti
criminali di Scanzano Jonico ai quali forniva eroina”. Sempre
secondo l'accusa “legami molto stretti erano stati consolidati con
esponenti di spicco di note famiglie della 'ndrangheta del Vibonese,
della Locride e del Reggino, dalle quali la cosca malavitosa si
riforniva di sostanze stupefacenti ed armi sequestrate nel corso
dell'inchiesta. Oltre alla droga, i gruppi criminali erano dediti
all’usura, alle estorsioni, al porto e alla detenzione di armi, al
contrabbando di sigarette”. Il gup, così, al termine del
dibattimento, ha condannato, tra gli altri, a 16 anni di reclusione
Orlando D’Oronzo e Nicola De Vitis; a 14 Luciano Bello e Salvatore
Musciacchio; a 13 Gianni Bello; a 11 anni e un mese Egidio De Biaso;
a 10 anni e 10 mesi Luigi Di Bella; ed a 10 anni Puce. Avverso alla
condanna di quest'ultimo l'avvocato difensore, Livia Lauria, ha
preannunciato ricorso. Ricordiamo che lo stesso Puce è stato
condannato in primo grado nel novembre del 2016 a 30 anni di
reclusione nell'ambito del processo “Neve tarantina” tutt'ora
pendente in Corte di appello.
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