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lunedì 15 gennaio 2024

NUCLEARE. ECCO TRINO (VC), L’UNICO COMUNE D’ITALIA CHE VUOLE LE SCORIE RADIOATTIVE. IL SINDACO PANE (FDI):“CI SONO GIA’, ALMENO AVREMO SOLDI, 700 POSTI DI LAVORO E IL PARCO TECNOLOGICO”

MA I RESIDENTI SI DIVIDONO. COME FINIRA’? INTANTO, PER TRINO SI' FANNO IL TIFO ANCHE DALLA BASILICATA

TRINO. L'EX CENTRALE NUCLEARE E. FERMI

IL SINDACO DANIELE PANE



FONTE REPUBBICA.IT

IL REPORTAGE

NEL PAESE CHE VUOLE LE SCORIE NUCLEARI “PORTANO SOLDI E 700 POSTI DI LAVORO”

DAL NOSTRO INVIATO DIEGO LONGHIN

TRINO VERCELLESE, 6MILA ABITANTI, SI CANDIDA A OSPITARE IL DEPOSITO NAZIONALE. MA I RESIDENTI SI DIVIDONO

14 GENNAIO 2024

TRINO (VERCELLI) — Alzi la mano chi l’avrebbe mai detto. Nel Paese dei “no”, c’è un sindaco che decide di dire “sì”. Anche se si è già attirato le ire di gran parte dei suoi concittadini e dei colleghi sindaci della zona. Ed è stato scaricato dal governatore del Piemonte, Alberto Cirio, e dal presidente della Provincia di Vercelli, Davide Gilardino. Pure la Diocesi, alla vigilia del consiglio comunale aperto che alla fine ha detto sì, è uscita con una nota per criticare la sua scelta, così come gli agricoltori.

Eppure Daniele Pane, il primo cittadino di Trino, non molla e ripete: «Il deposito di scorie nucleari? Lo prendo io. Tanto, i rifiuti li ho già in casa». Nel 2003 presero parte in 100 mila alla marcia del “no” contro il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi a Scanzano Jonico. Vent’anni dopo Pane (FdI), complice il governo Meloni che glie lo ha consentito, ha candidato il suo Comune a ospitarlo. Candidatura anomala, visto che il paese, 6 mila anime, non è nell’elenco dei 51 siti idonei.

Per Pane, nato nel 1986, l’anno prima del referendum che nel novembre 1987 sancì il “no” al nucleare in Italia, è più facile che per altri non farsi prendere dalla sindrome Nimby (Not in my backyard, “non nel mio cortile”, ndr): «Sarei solo un ipocrita — dice — . Io i rifiuti in cortile ce li ho già: sono dentro alla ex centrale nucleare chiusa nel ‘90. Ho già il problema, per questo devo trovare una soluzione».

Secondo il primo cittadino rieletto pochi mesi fa con il 73% dei consensi, il deposito è una valida exit strategy da una situazione di stallo. Per un motivo: fatto 100 il livello di radioattività delle scorie italiane, il 70% è tra Trino (nella centrale Enrico Fermi sulle sponde del Po) e il vicino deposito nel Comune di Saluggia. Ma chi si oppone alla visione di Pane, come il Comitato Tri-NO, non la vede così: non calcola la radiottività, ma la loro quantità. «Abbiamo qui meno del 5% delle scorie, perché dovremmo prenderci il resto?», dice Fausto Cognasso, che già nel 1987 si batteva per il “no” al nucleare. Intende che “abbiamo già dato”, come dice Cirio? «Non è solo questo — risponde — per noi il territorio non è idoneo a ospitare il deposito. Non per la nostra storia, il nostro passato e la presenza che abbiamo, ma per la conformazione idrogeologica e la falda che affiora. E a dirlo non siamo noi, ma i geologi». Al Comitato hanno aderito 600 persone, non solo di Trino, e l’obiettivo, oltre alla battaglia legale, è arrivare a un referendum tra i trinesi per bloccare il progetto.

Il cimitero nazionale delle scorie, che sarà costruito su un’area di 150 ettari, servirà a “tombare” in sicurezza per tre secoli anni 95 mila metri cubi di scorie, di cui 78.000 a bassissima e bassa attività e 17.000 a media ed alta attività. Il 60% proviene dall’esercizio e dallo smantellamento delle centrali nucleari italiane. Il resto dall’attività ospedaliera, di ricerca e medica. L’Italia prova a costruire questo spazio da decenni, senza successo, e l’Europa ha aperto una procedura d’infrazione. «Spendiamo soldi per le multe e per depositare le scorie altrove, tra Francia, Belgio e Inghilterra», dice Pane. Solo quest’ultima voce vale più di 150 milioni all’anno. E i fondi suddivisi tra i Comuni “ex nucleari” che ospitano depositi temporanei valgono altri 15 milioni all’anno.

Ora parte di questo denaro potrebbe arrivare a Trino, paese cerniera tra le risaie del vercellese e le colline del Monferrato che provano a imboccare la strada enogastroturistica delle Langhe. Senza contare i 4 mila posti di lavoro per costruire il deposito che occuperebbe, a regime, 700 addetti. E nel pacchetto è previsto pure un parco tecnologico. «Sono opportunità — dice Pane — ma se dopo la nostra richiesta ci diranno che l’area del Comune non è adatta, andrò con quel foglio in tutti i ministeri e dirò che non solo a Trino non possono tornare le scorie che sono all’estero, ma quelle che ci sono devono sparire subito».

Il paese ha vissuto sulla centrale e sui piani di incentivi fiscali per aprire imprese che, appena finiti i soldi, chiudevano, lasciandosi dietro dei buchi neri. Ora è in cerca di una nuova vocazione. Ma i trinesi da che parte stanno? «Io credo che la maggioranza silenziosa stia con me», sottolinea Pane, mostrando i messaggini di chi gli scrive “Sei un eroe”. «Non è così — ribatte Cognasso — anche molti di quelli che l’hanno sostenuto ora sono con noi». Francesco Corigliano è arrivato a Trino nel ‘77, al Bar Family legge le ultime sulla vicenda del deposito: «Non ne vedo la necessità e non capisco. Perché questa fuga in avanti? Prima si faccia un referendum». Al tavolo accanto, una signora interviene. Non vuole dire il suo nome, «tanto lo andrò a dire a Daniele (Pane, ndr) direttamente: Trino il deposito non lo vuole. Ho perso mio marito che aveva 43 anni per un tumore, io ho problemi alla tiroide. E come me sono tanti qui a Trino. Sarà un caso? Va bene. Ma quando ci sono state le alluvioni era un disastro. Si figuri con il deposito cosa accadrebbe». E poi riflette: «Qui dietro c’è Casale Monferrato, pensi a come reagirebbero se qualcuno — per assurdo — proponesse un deposito di Eternit». Paolo Gasco è il titolare dell’unica edicola in corso Italia: «Di scorie non me ne intendo, ma quando la centrale funzionava c’erano 12 mila persone, tre cinema e si stava bene. Me lo ricordo». Il tabaccaio, Luciano Bertin, sintetizza così: «La maggioranza è contro, ma prima di decidere bisogna chiedersi se il deposito porta sviluppo o se è solo una discarica».

Le malelingue dicono che il cimitero servirà a Pane come trampolino di lancio per andare a Roma. «Se toglie le castagne dal fuoco a Meloni, la ricompensa arriverà», è la congettura. Non sono passati inosservati gli elogi del ministro dell’Ambiente, il biellese Gilberto Pichetto Fratin. D’altronde, un vecchio adagio locale dice che «la centrale ha prodotto più politici che kilowattora».

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