IL POPOLARE CANTANTE,
TITOLARE DI UNA AZIENDA DI 150 ETTARI IN PUGLIA, AL CORRIERE DELLA SERA: “MANIFESTAZIONI SACROSANTE.
SENZA LA MUSICA SAREI FALLITO”
FOTO CORRIERE.IT |
AL BANO: «ANCHE IO SONO UN CONTADINO E PROTESTERÒ CON IL TRATTORE. SENZA LA MUSICA SAREI GIÀ FALLITO»
DI ALESSANDRO FULLONI
IL CANTANTE E LE PROTESTE DEI TRATTORI: «MANIFESTAZIONI SACROSANTE, MA NON DEVONO DEGENERARE». «NELLA MIA AZIENDA VIGNE E ULIVI PER 150 ETTARI, I CONTI NON REGGONO. SERVONO PIÙ CONTROLLI SULLA FILIERA». «CHI DECIDE NELLA UE? LI CHIAMEREI DA ME PER FARLI LAVORARE UN PAIO DI MESI...»
Pronto Al Bano, buonasera.
Sono le 19, dove si trova in questo momento?
«A Parigi. In una stanza dell’hotel Bristol, sto preparandomi per un concerto
privato».
Per chi si esibirà?
«Non lo so con certezza. Politici europei, ministri».
Magari a loro poi dirà ciò
che pensa della protesta degli agricoltori sempre più estesa, Belgio, Francia,
Italia...
«Se ne avrò la possibilità, senza dubbio.
Anche perché la considero sacrosanta. Io sono un contadino dentro. Detto
che mi auguro che questa rabbia non tracimi alla francese, come accadde con i
“gilet gialli”, spero che la Ue e l’Italia aprano gli occhi su una realtà che è
drammatica».
Perché?
«A
chi comanda a Bruxelles vorrei mostrare i conti della mia azienda agricola,
poco più di 150 ettari, soprattutto vigne e uliveti. Se non fossi un cantante,
se non portassi avanti la mia attività con i concerti, non ci starei dentro,
sarei un contadino ridotto alla fame. Ma è un bollettino di guerra, tante
aziende chiudono nella mia Puglia quanto nel resto d’Italia: costi alti,
guadagni irrisori...».
Faccia qualche cifra.
«Servono controlli sulla filiera dei prezzi. Per un chilo di radicchi al
produttore va una miseria, sì e no 50 centesimi, ma al dettaglio si arriva a
tre euro. Disparità enormi valide per qualunque altro ortaggio, per il latte. A
fronte, c’è una manodopera difficile da trovare e che, ribadisco giustamente,
deve essere ben remunerata. La conclusione è una, semplice: non si regge più».
Cosa chiederebbe alla Ue?
«Io? Niente. Ma vorrei che quelli che legiferano senza sapere niente di
agricoltura, che decidono stando al chiuso dei loro uffici, venissero a
lavorare da me per qualche tempo, non dico un anno, basterebbero un paio di
mesi».
Quale sarebbe il bilancio
che potrebbero trarre dallo «stage» all’azienda Carrisi?
«Comprenderebbero che quello del contadino è un mestiere durissimo, ci si
sveglia alle quattro di notte e si va nei campi con qualunque condizione meteo:
freddo, caldo africano, pioggia. Niente orari, si finisce quando si deve finire
e poi magari arriva una grandinata che manda all’aria il raccolto...».
Lei sta in campagna da
sempre...
«Da quando ero bambino. I primi soldi che presi da cantante li diedi a mio
padre che comperò un trattore».
A un certo punto però
lasciò i campi...
«Origliai per caso certe cifre durante una riunione di famiglia. A fine anno
avevano guadagnato 800.000 lire lorde, niente. Eravamo in quattro, oltre al
mulo. Servivano zolfo, concime... Compresi di dover scappare via».
Quanto tempo dedica
all’agricoltura?
«280 giorni all’anno sono per i concerti. Il resto è sui campi. Ma il pensiero
per il raccolto è continuo».
Parteciperà alle prossime
proteste?
«Se sarò libero, forse sarò a Roma la prossima settimana. Con il trattore».
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