MA SUMMA RIMARRÀ NEL SINDACATO. È STATO ELETTO, INFATTI, SEGRETARIO REGIONALE DELLO SPI, IL SINDACATO PENSIONATI. E NE FUTURO, FORSE, CI SARA’ LA POLITICA. DI SEGUITO L’INTERVISTA INTEGRALE CONCESSA DAL SINDACALISTA AL CAPOREDATTORE DE LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO, MASSIMO BRANCATI
FONTE LAGAZZETTADELMEZZOGIORNO.IT
DOPO OTTO ANNI DA LEADER DEL SINDACATO REGIONALE, SI APPRESTA A LASCIARE IL TESTIMONE. LE PRIORITÀ DA AFFRONTARE, LE CRITICHE AL GOVERNO LUCANO, LE SFIDE SU WELFARE, SANITÀ E INFRASTRUTTURE
01 FEBBRAIO 2023
MASSIMO BRANCATI
Ha compattato il sindacato, gli ha conferito un’anima, lo ha guidato con il piglio di un leader attento alle dinamiche del territorio e meticoloso nello studio delle varie questioni in campo. Dopo otto anni e due mandati Angelo Summa si appresta a lasciare la segreteria regionale della Cgil Basilicata. Quasi un decennio di sfide, determinazione, impegno, sempre in trincea sui fronti del lavoro, dello sviluppo, dell’ambiente. E della sanità, di cui ha denunciato storture e anomalie come le nomine dell’ex direttore generale del San Carlo, Massimo Barresi, e dell’ex direttore dell’Asp Giampaolo Stopazzolo. Denunce confluite in inchieste giudiziarie.
Segretario,
in che stato di salute è la Cgil che consegna al suo successore?
«Lascio un’organizzazione forte, matura, seria e coesa, radicata nel territorio
e nei posti di lavoro in cui i processi di rinnovamento l'hanno rafforzata. Il
sindacato è pronto a raccogliere la sfida dei mutamenti epocali che
impatteranno anche sul nostro territorio».
Ma la
classe dirigente è altrettanto pronta?
«Non credo proprio. Quattro anni di immobilismo di questo governo regionale
hanno fatto scivolare la Basilicata in fondo alle classifiche nazionali tra
redditi, disoccupazione e infrastrutture».
Da sempre
lei segnala una sorta di impantanamento dell’esecutivo lucano. Ma il sindacato
cosa ha fatto per contribuire a cambiare rotta?
«Dalla Cgil al sindacato unitario abbiamo provato in tutti i modi ad avanzare
proposte, come il piano per il lavoro e il patto sullo sviluppo, ma non c'è
stato mai un reale confronto. Sono convinto che chi governa debba sempre
prevedere una partecipazione democratica. L'idea di sviluppo del territorio va
costruito con tutti i soggetti locali. Invece la politica si è chiusa nel
fortino nell'occupazione degli enti».
A
proposito di proposte, lei lo ha citato: che fine ha fatto il patto per il
lavoro presentato dai sindacati il 19 luglio 2021?
«È un esempio della chiusura del governo regionale. Bardi ha più volte
annunciato che avrebbe aperto a questo patto. Un impegno preso durante i
congressi di Cisl e Uil e nel corso dell'assemblea di Confindustria. Ma non c’è
mai stato un seguito. Il 18 febbraio 2020, insieme alle imprese, costruimmo una
proposta operativa sulla scia di una storica intesa tra mondo imprenditoriale e
sindacati. Servimmo su un piatto d’argento quell’accordo frutto di una larga
condivisione, ma il governo regionale decise di non cogliere questa
opportunità, confermando una deriva democratica e illiberale di concezione e di
interpretazione della funzione politica e istituzionale».
La
questione della programmazione condivisa si sta riproponendo anche in questo
periodo con la partita dei fondi Pnrr?
«Sì, ed è molto preoccupante. Le sfide rispetto alle risorse che l'Europa ci ha
messo a disposizione per superare i divari con il resto del Paese sono
determinanti per il destino della Basilicata. Il futuro del nostro territorio
va costruito con la partecipazione democratica. Sia chiaro, non avremo un'altra
possibilità: da qui al 2026 occorrerà saper spendere bene questi fondi e
intervenire sulle principali criticità».
Una di
queste è rappresentata dalle infrastrutture. La Basilicata continua a scontare
ritardi e carenze...
«Situazione cristallizzata per colpa di una politica che non ha il peso specifico
giusto per costringere i player nazionali a dare la giusta dignità al nostro
territorio. Siamo una regione che dentro i piani generali di sviluppo non ha
alcun peso politico nonostante in Basilicata e a Roma ci siano governi dello
stesso colore politico. Condizione che non porta alcun riconoscimento al nostro
territorio».
Quando
dice che non abbiamo il giusto peso nei confronti dei player nazionali cosa
intende dire esattamente?
«Per esempio i tempi dell'Anas per quanto riguarda i lavori stradali sono
quattro volte più lunghi rispetto ad altre realtà locali. Lo dimostra la Basentana,
perennemente piena di cantieri, con i lavori che procedono a rilento.
Trenitalia riceve dalla Regione 27 milioni di euro e continuiamo a non avere
collegamenti degni di un Paese civile. Oltre a registrare disservizi come il
recente caso del bus sostitutivo che non arriva alla stazione di Potenza o del
dimezzamento dei Freccia Link».
Soffermiamoci
sul tema ferroviario: l’alta velocità resterà una chimera per i lucani?
«Le scelte progettuali, purtroppo, vanno in questa direzione. Ci siamo battuti
come Cgil affinché venisse cambiato il tracciato della Taranto-Salerno
prevedendo il collegamento della bretella Tito-Auletta. Hanno preferito
un’altra opzione che non incide sulle performance dei tempi di percorrenza».
Capitolo
sanità. Lei è considerato un fustigatore delle distorsioni del sistema. È
davvero così critica la situazione?
«Il comparto vive da troppo tempo in uno stato comatoso tra carenza di
personale e una visione non programmatica. Oggi la sanità lucana è
desertificata, condizione aggravata dal degrado politico e istituzionale emerso
dalla recente inchiesta giudiziaria. Il settore ha bisogno di trasparenza e non
dell’appartenenza politica che produce nomine illegittime, su cui abbiamo avuto
ragione rispetto alle nostre varie denunce. La sanità lucana è dentro una
stagione pericolosa di arretramento. E dire che negli anni ‘90 fino al 2000 era
all’avanguardia, capace di riformare se stessa, dando vita, tra i primi in Italia,
agli screening oncologici che, al di là dell’azione di prevenzione, sono
diventati una forma di contrasto alle liste d’attesa. Negli ultimi quindici
anni, invece, la sanità è scivolata nel baratro per l'assenza di programmazione
da parte di una politica che ha scelto la strada dell'occupazione del comparto
come elemento di ritorno elettorale, dimenticando che il fine è quello di
garantire salute e benessere alle persone».
Parliamo
di industrie. E non possiamo non far riferimento a Stellantis. La preoccupa il
futuro dello stabilimento lucano?
«Non potrebbe essere altrimenti. Stiamo perdendo l’occasione di poter evitare
un ridimensionamento pesante di uno dei settori strategici della nostra
regione. In questi ultimi due anni abbiamo assistito alla riduzione di addetti,
scesi sotto la soglia dei 6mila. La Regione si è fatta cogliere impreparata.
Eppure c’erano tutti gli elementi di una crisi avviata da tempo rispetto ai
volumi produttivi scesi da 350mila vetture del 2015 alle circa 180mila prodotte
negli ultimi anni. Non c'è stato un piano industriale di rilancio e di
potenziamento di questo grande settore dell'economia lucana. Bisognava mettere
a valore il campus di ricerca a Melfi che è diventato un contenitore vuoto.
Occorreva investire sulle nuove tecnologie, sulle scocche, sul design e non
solo sui motori elettrici».
Parlando di
Melfi non possiamo non far riferimento alla situazione dell’area industriale e
ai problemi di illuminazione...
«Ma non è solo quella la zona in difficoltà. Tutte le aree industriali scontano
i problemi legati al conflitto tra il consorzio industriale e Apibas che ancora
oggi non ha trovato una sua collocazione operativa anche a causa di una legge
regionale che ha profili di illegittimità».
Lascia la
guida del sindacato, ma resterà nei vertici della Cgil. È stato appena eletto
segretario regionale dello Spi, il sindacato pensionati. Qual è il suo primo
impegno?
«Ricostruire il welfare in una regione, la Basilicata, che invecchia sempre di
più. L'idea è provare a definire una rete di servizi utilizzando le risorse
delle royalty per venire incontro alle esigenze della terza e quarta età e per
creare occupazione».
Qualcuno
pensa che lei si stia preparando il campo per una futura candidatura alle
regionali. È così?
«Per adesso il mio impegno rimane nella Cgil. Vedremo cosa accadrà in futuro.
In ogni caso la mia visione sarà sempre quella di una politica di servizio. Nel
sindacato o fuori il sindacato».
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