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venerdì 17 novembre 2023

FERRANDINA. L’AMIANTO KILLER DI SCENA AL PROCESSO MATERIT. CHIESTI 2 ANNI E 8 MESI PER 5 IMPUTATI

MEDICINA DEMOCRATICA E ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI AMIANTO: “AD OLTRE 30ANNI DALLA CHIUSURA EFFETTUATA DAL NOE DEI CARABINIERI IL SITO COSTITUISCE ANCORA UN GRAVE PERICOLO PER LA SALUTE PUBBLICA E L’AMBIENTE” 



FOTO DAL SERVIZIO "TERRA DI NESSUNO", TG2000, 18 GIUGNO 2018

FONTE ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI AMIANTO E MEDICINA DEMOCRATICA

PROCESSO MATERIT: CHIESTI 2 ANNI E 8 MESI PER GLI IMPUTATI

NOVEMBRE 17, 2023 

PROCESSO MATERIT: CHIESTI 2 ANNI E 8 MESI PER GLI IMPUTATI

In data 21 novembre 2023 si terrà l’udienza per il processo penale che vede imputati cinque dirigenti della ex Cemater-Materit di Ferrandina Scalo, colpevoli, secondo l’accusa, di aver cagionato malattie professionali asbesto-correlate a diversi ex lavoratori della fabbrica e il decesso di altri, il decesso della moglie di un ex lavoratore deceduto.

Ad oggi si riscontra l’aggravamento di alcuni lavoratori già cagionati e lesioni polmonari asbesto-correlate in un’altra vedova.

Durante l’udienza è previsto l’intervento dei legali a difesa degli imputati.

Le Associazioni Medicina Democratica e Associazione Italiana Esposti Amianto continueranno ad essere presenti con viva e forte partecipazione, nell’intento di dar voce alle sofferenze e alle morti silenziose dei tanti lavoratori ex esposti all’amianto.

L’amianto proveniva: dai monti Urali in Russia in sacchi di juta contenente amianto blu (crocidilite), dalle miniere a cielo aperto di Balangero –TO e dalle cave del Sudafrica in sacchi di plastica contenente amianto crisotilo. I sacchi da 50 Kg ciascuno venivano stoccati manualmente per tipologia in un’area dedicata. Da quest’area l’amianto veniva trasferito alle due linee di produzione installate in due diversi capannoni. In un capannone venivano prodotte le lastre ondulate e le canne quadre di diversa misura per camini, nell’altro le lastre piane. I sacchi venivano aperti manualmente con taglierini, svuotati e scossi per il recupero del materiale. L’amianto veniva trasportato tramite nastro nel trituratore per poi passare alla molazza che rompeva i granuli ricavando una farina che veniva trasferita nel silo tramoggia. Sotto il silo una coclea alimentava l’amianto ad una banda pesatrice che dosava la quantità di amianto necessaria per ottenere nel mescolatore l’impasto voluto con cemento, la silice ed acqua. Questa fase di lavorazione era identica per le due linee di produzione.

Nello stabilimento entravano altre materie prime quali il cemento e la silice che venivano stoccati in relativi silos. Queste venivano prelevate e trasferite nel mescolatore con la stessa modalità dell’amianto.

I prodotti finiti, ondulina (eternit) e le canne quadre per camini dopo la fase di finitura venivano opportunamente confezionati per la commercializzazione.

Le lastre piane dopo la fase di essiccamento venivano rettificate sui bordi con appositi utensili sviluppando una notevole quantità di polvere; successivamente venivano avviate alla fase di verniciatura e trattamento termoindurente, poi confezionate per la commercializzazione.

L’intera produzione avveniva in ambiente saturo di polveri e fibre di amianto poiché, la manipolazione dei sacchi, il trasferimento, la molatura dell’amianto, il sistema per l’alimentazione e dosaggio, finitura dei manufatti ……  veniva effettuata con operazioni manuali, non in camere stagne, con l’utilizzo di eventuali aspiratori aperti, con nastri a cielo aperto, con coclee …… che permettevano una elevatissima dispersione delle polveri sia all’interno che agli esterni dei capannoni. Le polveri depositatesi nel tempo sul pavimento e sulle apparecchiature venivano smosse da una qualsiasi corrente d’aria, in particolare nelle giornate ventose.

Solitamente gli operatori consumavano la colazione durante il pattugliamento per il controllo delle macchine perché non si poteva abbandonare il posto di lavoro (si mangiava pane ed amianto);

…. I sacchi di juta vuoti venivano cuciti ed utilizzati come manto per la raccolta delle olive;

… il sabato veniva dedicato alla pulizia delle macchine e dell’ambiente con l’utilizzo di utensili, spazzole, scope, soffi d’aria ed aspiratori industriali per polveri. I fanghi rimossi dalle apparecchiature venivano avviati a vasche esterne di decantazione. L’acqua stratificata contenente polvere e fibre di amianto veniva diretta nel fiume Basento, distante circa 300 mt. L’acqua del fiume veniva e viene utilizzata per l’abbeveraggio degli armenti e l’irrigazione. Il sedimentato veniva trasferito all’esterno dello stabilimento.

… tutti gli scarti di lavorazione venivano ammucchiati all’esterno dei capannoni e periodicamente allontanati dallo stabilimento;

…. Nessun ambiente di lavoro era munito di idonei sistemi di aspirazione e captazione polveri;

— gli operatori non erano informati sul rischio amianto, sulle precauzioni operative e sulle protezioni individuali. Verso la fine degli anni ’80, prima della chiusura dello stabilimento, i lavoratori cominciarono a prendere coscienza della pericolosità dell’amianto attraverso volantini trovati all’interno dei sacchi di plastica provenienti da Balangiero;

— i controlli sanitari non erano assolutamente adeguati al contesto lavorativo;

— ai lavoratori che sono stati avviati a sorveglianza sanitaria agli inizi degli anni 2000, sono state riscontrate patologie professionali, in prevalenza asbestosi, placche pleuriche e deficit respiratorio;

— nel 2013 il sito è stato riconosciuto come Sito di Interesse Nazionale –SIN- dal Ministero dell’Ambiente.

—  ad oltre 30anni dalla chiusura effettuata dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri è tuttora una fonte potenziale di rischio e costituisce un pericolo grave per salute pubblica e l’ambiente.

La presenza di persone non direttamente interessate, durante l’udienza, può essere di conforto alle vedove ed ai familiari presenti.

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