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lunedì 9 dicembre 2024

CRONACA GIUDIZIARIA. CASSAZIONE, CONFERMATA LA CONDANNA PER GIANLUCA VIZZIELLO, DI POLICORO, A 4 ANNI DI RECLUSIONE

SENTENZA DEFINITIVA PER UNA RAPINA AD UN SUPERMERCATO DI SCANZANO JONICO. LEGGI LA NOTIZIA INTEGRALE


FONTE LE CRONACHE LUCANE

NON HA CONVINTO NEANCHE LA CASSAZIONE LA TESI DEL “PALO” A SUA INSAPUTA: PER IL CLASSE ‘80 DI POLICORO PENA A 4 ANNI DI RECLUSIONE

Rapina al supermercato di Scanzano Jonico: la tesi del “palo” a sua insaputa non convince neanche all’ultimo grado di giudizio. Per il classe ‘80 di Policoro, Gianluca Vizziello, confermata dalla Cassazione la sentenza con cui la Corte d’Appello di Potenza, ad inizio anno e in parziale riforma del verdetto del Tribunale di Matera emesso 2 anni fa all’esito di giudizio abbreviato, confermò la responsabilità di Viziello per i delitti di rapina aggravata e di illegale detenzione e porto in luogo pubblico di una pistola: 4 anni di reclusione.

I reati sono stati contestati in concorso con Simone Lacopeta, individuato come l’esecutore materiale dell’assalto alla cassa dell’esercizio commerciale.

Come linee difensiva, Vizziello ha ammesso di aver accompagnato Lacopeta al supermercato ma specificando che fu in risposta a una richiesta di «un semplice ed occasionale passaggio». Anche per la targa parzialmente occultata, nessuna connessione con la rapina. Richiamando una conversazione telefonica del gennaio 2022 tra lui ed una donna, ha rimarcato che era aduso a «“coprire”» la targa per eludere gli autovelox e quindi per evitare multe stradali.

In più, Vizziello ha ricordato come quel giorno indossasse capi di abbigliamento ed un casco «con segni molto vistosi» e caratterizzanti, tali da renderlo agevolmente identificabile. Elemento che, a detta della difesa, mal si concilia con l’azione predatoria.

Non solo, mentre era in corso la consumazione della rapina, è stato fatto notare, aveva addirittura utilizzato il proprio cellulare per chiamare la sorella e navigare su internet in tal mondo facendosi localizzare come presente sul luogo del fatto.

Inoltre, ha ulteriormente sottolineato Vizziello, non poteva fare il “palo” essendo rimasto ad una distanza di circa 150-160 metri dall’esercizio commerciale rapinato e sostando in una strada limitrofa a quella in cui esso è collocato.

Questi ed altri elementi, risaltati per corroborare la tesi di essere all’oscuro dell’intenzione del coimputato di commettere la rapina presso il supermercato di Scanzano Jonico.

Per gli “ermellini”, però, sul ruolo di “palo” di Vizziello e sul suo contributo causale alla realizzazione della rapina, le motivazioni delle sentenze non presentano contraddizioni.

Vizziello, tra le altre cose, aveva avuto contatti telefonici, «mai registrati in precedenza», con il coniuge della donna ritenuta basista della rapina, proprio in orari posti «esattamente a cavallo rispetto ai tempi di consumazione dell’azione predatoria».

Non plausibile, proseguendo, l’avere accompagnato «un mero conoscente» in un luogo diverso dal paese di residenza senza avergli minimamente chiesto le ragioni di tale trasferta, «così come era altrettanto inverosimile che Lacopeta avesse compiuto la rapina, previamente pianificata con un basista, avvalendosi dell’inconsapevole apporto di un soggetto con il quale aveva semplici rapporti di conoscenza e che avrebbe potuto rifiutare il passaggio richiesto, così vanificando la programmata azione difensiva». Ha offerto un passaggio al coimputato, ma lo ha anche atteso sino a quando questi era uscito dall’esercizio commerciale.

La distanza, quei circa 160 metri, per i Giudici era stata un’accortezza per non farsi riconoscere dai dipendenti del supermercato, tanto che non gli impedì di «rilevare e segnalare a Lacopeta, tramite il cellulare di cui era in possesso, la presenza nei pressi delle Forze dell’Ordine e di raggiungere velocemente il complice a mezzo dello scooter».

Per questi ed altri motivi, estraneità alla rapina bollata come inattendibile, ricorso dichiarato inammissibile, e, per Gianluca Vizziello, confermata la condanna, così come ridotta dalla Corte d’Appello di Potenza, a quattro anni di reclusione.

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