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venerdì 1 giugno 2018

SCANZANO JONICO. OVERDOSE, LETTERA PER LA RIAPERTURA DEL CASO DELLA MORTE DI COSIMO VENA AL PROCURATORE ARGENTINO. L'HA SCRITTA LA SORELLA MARIA ANNA

COSIMO VENA

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 1.6.18

SCANZANO JONICO – Non si arrende la famiglia alla morte senza colpevoli di Cosimo Vena avvenuta a 37 anni, il 15 settembre del 2015, per overdose mentre si trovava agli arresti domiciliari. La sorella Maria Anna, in particolare, ha scritto una lettera al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Matera, Pietro Argentino in cui ha chiesto di sapere “se risulto indagata o se risulto persona offesa in procedimenti penali, ove esistenti, nello stato delle indagini preliminari”. La donna, nel contempo, ha conferito una procura speciale all'avvocato difensore, Pietro Damiano Mazzoccoli, sia a depositare le sua nota sia al ritiro dell'esito della sua istanza. Si tratta della modalità individuata dalla legge per sapere se l'esposto-denuncia presentato ai carabinieri della Compagnia di Policoro nel febbraio scorso con la richiesta di riapertura delle indagini sul caso abbia sortito effetti oppure no. Caso che è stato chiuso senza colpevoli da parte della magistratura. “Vidi morire mio figlio tra le mie braccia – dichiarò alla Gazzetta il 10 febbraio scorso Rosa Anna Diamante, la madre di Cosimo -. Finchè i miei occhi rimarranno aperti mi batterò perchè i responsabili vengano individuati e condannati”. Vena morì mentre si trovava ai domiciliari perchè coinvolto nell'indagine “Neve tarantina”. Un decesso di cui non sono stati accertati colpevoli. Nel gennaio scorso il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Matera, Angelo Onorati, archiviò il procedimento a carico di tre persone indagate per omicidio colposo (due operatori del 118 ed il medico di famiglia, ndr) e di un'altra accusata di aver provocato la morte dell'uomo fornendogli la dose di cocaina letale. Archiviazione richiesta dalla Procura della Repubblica contro cui avevano fatto opposizione i familiari. Ma invano. Da qui il nuovo esposto ai carabinieri della madre e della sorella di Cosimo con la richiesta di indagare ancora su due aspetti: sulle responsabilità di chi aveva il dovere di assistere il loro congiunto quando fu chiamato il 118 la prima volta e su chi portò la droga mortale ad un uomo ai domiciliari che non poteva incontrare nessuno. Le due donne chiesero di esaminare le registrazioni delle chiamate al 118 e quelle della persona accusata di aver provocato il decesso fornendo a Cosimo la dose letale. Ora, vogliono sapere se le indagini siano state riaperte o meno.


LA MORTE DI COSIMO VENA E LA BATTAGLIA DELLA SUA FAMIGLIA PER LA RICERCA DELLA VERITA'


SCANZANO JONICO – La morte di Cosimo Vena avvenne il 15 settembre 2015 nel pronto soccorso di Policoro. L'uomo, 37 anni, era ai domiciliari per una inchiesta per droga. La sorella, Maria Anna, e la madre, Rosa Anna Diamante, da quel giorno si battono per l'accertamento della verità. “Il 118 – ha spiegato Maria Anna – fece due accessi a casa di Cosimo. La prima alle 17, col medico di famiglia. Dissero che tutto andava bene. Poi, alle 22.30-23 tornai. Mio fratello non respirava più. Chiamai il 118 che arrivò con due ambulanze. Ma il trasporto a Policoro fu inutile”. Il 18 settembre 2015 l'autopsia e l'iscrizione di 4 persone nel registro degli indagati. Morte causata da un mix di droga e antidepressivi. Il 25 gennaio scorso la notizia dell'archiviazione senza colpevoli. Ma il 10 febbraio successivo esposto ai carabinieri della famiglia. Ora la lettera al procuratore Argentino di Maria Anna.

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