UNA FASE DELL'OPERAZIONE "FAUST" |
DON
MARCELLO COZZI: “L'INCHIESTA DELLA DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA
DI REGGIO CALABRIA FOTOGRAFA IL METAPONTINO COME UN TERRITORIO
CONSIDERATO UNA VERA E PROPRIA PROVINCIA DI PERTINENZA DI ALCUNE
DELLE 'NDRINE PIÙ EFFERATE DELLA MAFIA CALABRESE. E CI RIPROPONE
NOMI, VOLTI E LOCALITÀ CHE PURTROPPO HANNO FATTO LA RECENTE STORIA
DELLA CRIMINALITÀ LUCANA, AFFIANCATI DALLE NUOVE LEVE, FIGLI E ANCHE
FIGLIE DI QUESTA TERRA”.
IL COMUNICATO STAMPA DIFFUSO DAL CENTRO STUDI E RICERCHE SULLE REALTÀ MERIDIONALI )(CESTRIM) A FIRMA DON MARCELLO COZZI
OPERAZIONE FAUST: “I CARE”, MI INTERESSA
La recente operazione antimafia denominata “Faust” coordinata dalla DDA di Reggio Calabria ci restituisce pericolosi segnali di allarme e tanta preoccupazione.
Non solo perché ci ripropone nomi, volti e località che purtroppo hanno fatto la recente storia della criminalità lucana, affiancati tra l'altro dalle nuove leve, figli e anche figlie di questa terra, ma soprattutto perché ci fotografa una Basilicata come crocevia degli affari della 'ndrangheta e in modo particolare il metapontino come un territorio considerato una vera e propria provincia di pertinenza di alcune delle 'ndrine più efferate della mafia calabrese.
Hanno in mano “mezza Basilicata”, dicono al telefono queste persone, perché “la Basilicata è una zona ricca”, “un cuscinetto per tutti”, e anche in Basilicata come per tutta l'Italia “a partire da San Luca, dove esiste la Madonna di Polsi... comandano tutti i calabresi”.
Quello che però ci preoccupa di più sono i fiumi di droga che hanno attraversato la nostra regione; e a una “domanda” che purtroppo aumenta, il mercato mafioso continua a rispondere con efficienza: “il prezzo è buono e la qualità è la migliore che c'è”, affermano soddisfatti fra di loro i trafficanti.
E se in questi tempi di pandemia pensiamo alla superficialità con cui spesso rispondiamo ai nostri giovani che in astinenza di socialità chiedono invece con forza di ritornare a scuola, se pensiamo alle misure sempre più insufficienti per i tantissimi operatori economici in difficoltà, e nello stesso tempo pensiamo alla capacità delle mafie di porsi come vero e proprio welfare o spazio di soddisfazione di tanti bisogni primari, come si fa a non pensare alle devastanti conseguenze e alle profonde cicatrici sociali ed esistenziali che lascerà questa pandemia? Come si fa a non preoccuparsi?
E quand'è che capiremo che l'aggressione criminale non è solo una questione per addetti ai lavori, una partita fra guardie e ladri, ma piuttosto una sfida sociale, culturale ed etica che riguarda proprio tutti?
Sarebbe un notevole passo in avanti se dinanzi all'operazione “Faust” o alle tante operazioni giudiziarie della nostra Dda, i singoli cittadini, la politica, la scuola, la Chiesa, l'associazionismo dicessimo tutti insieme con don Lorenzo Milani: “i care, mi interessa”.
DON MARCELLO COZZI
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