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giovedì 12 marzo 2020

DIARIO DI UN MEDICO DI FAMIGLIA NELL'ERA DEL CORONAVIRUS. GIORNATA “MICIDIALE”


AL LAVORO CON LA MASCHERINA ASM







PAZIENTI IN AMBULATORIO SOLO DOPO AVER TELEFONATO AL PROPRIO MEDICO. PROBLEMA RICOVERI PER RIABILITAZIONE NELLA VICINA PUGLIA

E' stata una giornata micidiale. Dapprima l'autentica emozione per il nuovo Decreto del Governo Conte per contenere la diffusione del famigerato Covid-19. Poi la decisione di modificare di nuovo l'accesso dei pazienti in ambulatorio. Infine, il contrasto durissimo con i parenti di un paziente da ricoverare in riabilitazione respiratoria in una struttura della vicina Puglia. Ma andiamo con ordine. Già ieri sera ma ancor più stamattina, prima di recarmi in studio, ho ascoltato il premier Giuseppe Conte illustrare la nuova stretta sulle attività nel nostro Paese per contenere il diffondersi dell'epidemia da Coronavirus. Praticamente tutta l'Italia è una grande zona rossa, come lo erano, sino a pochi giorni fa, i comuni del Lodigiano. Mi sono venute le lacrime agli occhi nel pensare al grave momento che stiamo vivendo. Mai avrei immaginato di trovarmi in questa realtà. Ho pensato al mio compito nella società. Sono un medico. Vado a lavorare nell'interesse dei miei pazienti indossando la mascherina che solo ieri ci è stata consegnata dalla Azienda sanitaria del Materano (Asm). Mai ho sentito così importante il mio ruolo. Come quello dei miei colleghi di gruppo, Rocco Stoja e Carla Zuccarella, e quello delle nostre collaboratrici, Sonia Antonicelli e Katia Zuccarella. Siamo una squadra a garanzia della salute dei nostri pazienti ed anche della nostra. L'ho pensato, l'ho detto e lo scrivo con grande orgoglio. Così, appena arrivato in ambulatorio, ecco la proposta, sensata, del dr. Stoja. Occorre evitare il più possibile i contatti ravvicinati tra noi ed i pazienti. Come fare? La decisione: ogni assistito potrà entrare in studio solo dopo aver telefonato segnalando i suoi problemi al proprio medico. Così, eccoci al lavoro, tutti insieme, per un nuovo avviso. Quello che vedete riprodotto sul mio blog e sulla mia pagina Facebook.




In esso anche l'invito a usare moltissimo i nuovi strumenti come Whatsapp, e-mail, Messanger. Il sistema ha funzionato. Ma quando tutto sembrava “tranquillo” ecco la riproposizione di un problema che riguarda i pazienti del Metapontino. Un mio assistito, insufficienza respiratoria acuta su cronica in ossigenoterapia 24 ore su 24, era stato ricoverato in un ospedale privato della vicina provincia di Taranto. Alla dimissione gli è stato prescritto un periodo di riabilitazione intensiva in regime di residenziale. Riabilitazione che noi medici di medicina generale, per disposizione della Asm, non possiamo chiedere come al contrario di tutti gli altri tipi di ricovero. Tale accesso va prescritto dal Team riabilitativo dei Presidi ospedalieri provinciali. Ma ecco il fortissimo contrasto con i parenti del paziente che mi hanno chiamato e mi hanno chiesto la ricetta rossa per l'ingresso in struttura. Al mio rifiuto, motivato dalla imposizione aziendale, le accuse: “Lei è insensibile, rigido, non ha a cuore la salute dei suoi pazienti. Perchè gli altri medici fanno la prescrizione che lei rifiuta? Cosa ci perde a fare questo benedetto pezzo di carta?” Accuse accompagnate dall'invio via Whatsapp della “Scheda di proposta di cure riabilitative” del servizio di fisiatria di Tinchi e dalla ricetta rossa di ricovero di un medico di famiglia del Materano. Ho sofferto molto nel ricevere quei rimproveri. Proprio in un momento come questo in cui noi medici, da qualcuno, siamo considerati eroi. Mi sono sentito ferito. Ho tenuto duro rifiutandomi di ottemperare alla richiesta. Ho parlato prima con un medico della struttura di ricovero e dopo con il responsabile Asm dei servizi di riabilitazione. Che mi ha dato ragione. I miei colleghi che si piegano, come scendiletto, alle richieste improprie o, nel caso, vietatemi dal mio datore di lavoro, non fanno altro che nascondere la polvere sotto il tappeto senza affrontare alla radice la questione. I due professionisti si sono messi in contatto fra loro ed il problema è stato risolto. Il paziente è stato ricoverato in riabilitazione intensiva nell'ospedale del Tarantino, vicino a noi più che a Tricarico e, per questo, molto gettonato dai centri dell'arco jonico lucano, ma senza la mia ricetta rossa. Io, però, ho sofferto per questa vicenda forse più che per l'ansia da Covid-19. Non è bello sentirsi fare accuse simili. Soprattutto se sai che dai tutto, e spesso più di tutto, a chi ti affida la sua salute. Da qui le domande: Perchè i problemi tra la Asm e la struttura ospedaliera in questione devono scaricarsi su di noi esponendoci al contrasto fortissimo con i pazienti ed i loro famigliari a cui dobbiamo dire “No”? Perchè io, medico di famiglia, posso chiedere un ricovero di un mio assistito dappertutto tranne che nelle strutture di riabilitazione, nelle Residenze sanitarie assistenziali e nelle Case protette? Perchè debbo rifiutarmi di effettuare tali richieste? Porrò la questione all'assessore regionale alla sanità, Rocco Leone, policorese, affinché risolva questo problema che esiste dal lontano 4 settembre del 2015. Ma, come suol dirsi, tutto è bene quel che finisce bene. Tutto chiarito anche con i parenti del paziente a mio carico da oltre 30 anni. Speriamo che finisca così anche la lotta al Coronavirus.

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