L’OPERAZIONE CONDOTTA DALLA DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA DI BASILICATA E DA UN POOL DI FORZE DELL’ORDINE LUCANE E PUGLIESI CONTINUA. LEGGI LA NOTIZIA INTEGRALE
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BLITZ «MARE NOSTRO» - LE NOVITÀ DELL’INDAGINE
ASSUNZIONI, TANGENTI E SECURITY, ECCO GLI AFFARI DEL CLAN SCARCI
NOTIFICATA LA NUOVA ORDINANZA FIRMATA DAL GIP DI POTENZA
«ASSUMI O PAGA». A UN IMPRENDITORE È STATO CHIESTO DI ASSUMERE PERSONE VICINE AL GRUPPO OPPURE DI PAGARE MENSILMENTE L’EQUIVALENTE DEGLI STIPENDI
ALESSANDRA CANNETIELLO
FRANCESCO CASULA
Non soltanto il dominio sul mare, ma anche il controllo delle “licenze” alle attività della zona, la riscossione di tangenti e la gestione della security nei locali e negli eventi. Il clan composto dalle famiglie Scarci-Scarcia, per gli inquirenti, aveva allungato le mani su numerose attività economiche del territorio lucano. E se ai pescatori che sconfinavano arrivavano le minacce «di utilizzare armi», anche alle imprese che operavano «a terra» nell’area di influenza del clan le cose non andavano meglio.
Dalla nuova ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Potenza Salvatore Pignata, infatti, emergono diversi episodi che per l’accusa dimostrano il potere del gruppo criminale.
Nelle oltre 700 pagine, infatti, il giudice Pignata ha scritto che l’organizzazione talmente radicata nel territorio da non necessitare di minacce costanti: il solo «blasone» del nome era sufficiente a ottenere il silenzio e la sottomissione di chiunque.
Nulla sfuggiva al controllo e tutto doveva essere messo al vaglio del clan: erano i vertici del gruppo a decidere se concedere una protezione oppure il permesso a svolgere un’attività. Come il ladruncolo che metteva a segno furti di rame: il gruppo lo ha prima pestato e poi ha demolito la sua auto fino a quando ha ottenuto la restituzione della refurtiva. O le imprese costrette ad assumere alle loro dipendenze affiliati o persone vicine al clan Scarcia-Scarci. «Mi devono cominciare a vedere questi a me» aveva detto Salvatore Scarcia riferendosi ad alcuni imprenditori intenzionati ad aprire un nuovo punto vendita a Policoro ai quali aveva chiesto l’assunzione di «personale gradito» o in alternativa «il versamento mensile del controvalore degli stipendi dei dipendenti eventualmente non assunti».
Ma dagli atti, emerge anche l’abitudine del gruppo a piazzare uomini fidati all’interno dei locali, come “sentinelle” per avvertire dell’arrivo delle forze di polizia, ma anche per dare «dimostrazione di forza e controllo sul territorio e sulle attività commerciali».
Anche il personale di sicurezza all’interno dei locali notturni del lungomare di Policoro erano, per l’Antimafia di Potenza, sotto il controllo degli Scarcia: i locali della movida, per i magistrati, erano costretti a scegliere personale di sicurezza “gradito” al gruppo.
Decisioni che seguivano, per gli investigatori, precise direttive date del capoclan, anche sul «comportamento che gli addetti avrebbero dovuto avere durante l’evento o la serata».
È stata l’inchiesta “Mare Nostro”, coordinata dal pool di inquirenti composto dal procuratore distrettuale di Potenza Francesco Curcio, dal sostituto della Dda di Potenza Anna Gloria Piccininni e dai sostituti distrettuali Milto Stefano De Nozza, Sarah Masecchia e Marco Marano, a svelare le attività illecite delle due compagini»,
Le attività investigative avviate dai finanzieri della Compagnia di Policoro diretti oggi dal tenente Massimiliano Montinaro, a cui si sono poi aggiunti la Dia, la Squadra Mobile di Taranto agli ordini dei dirigenti Cosimo Romano e Luigi Vessio, i carabinieri del Ros e della Compagnia di Policoro, i finanzieri del Nucleo Pef di Taranto agli ordini del colonnello Valerio Bovenga e del colonnello Marco Salvatore Tannoia, contano 46 indagati. Alla guida del gruppo dei tarantini, per l’accusa, è il 70enne Andrea Scarci (difeso dall’avvocato Enzo Sapia) e il suo braccio destro Giuseppe Scarci (avvocato Andrea Maggio). Il gruppo lucano, invece, vede al vertice Salvatore e Daniele Scarcia che vanta anche una sua costola nel Comune di Stigliano e zone limitrofe capeggiata da Angelo Rocco Calvello.
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