“LE
CHIEDIAMO DI INTERESSARSI PERCHÉ SIA EMANATA UNA LEGGE CHE PREVEDA UNA
SELEZIONE O CONCORSO RISERVATO AI LAVORATORI IMPEGNATI IN LAVORI SOCIALMENTE
UTILI. PERCEPIAMO UN SUSSIDIO PIÙ BASSO DI UN REDDITO DI CITTADINANZA, SOLO 550
EURO AL MESE, QUESTA SITUAZIONE CI STA DISTRUGGENDO FISICAMENTE E
PSICOLOGICAMENTE”. DI SEGUITO IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA CONSEGNATA AL PRESIDENTE
MATTARELLA
LA LETTERA CONSEGNATA DAI LAVORATORI RMI E TIS AL CAPO CERIMONIERE DEL PRESIDENTE SERGIO MATTARELLA (FOTO RAINEWS.IT) |
IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA CONSEGNATA DAI LAVORATORI RMI/TIS LUCANI AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA, SERGIO MATTARELLA
SIGNOR PRESIDENTE,
siamo una
rappresentanza dei 1800 nuclei familiari collocati in progetti di inserimento sociale/lavorativo
, nei fatti lavoratori a tutti gli effetti che non vengono riconosciuti da
parte delle pubbliche amministrazioni.
Siamo lavoratrici e lavoratori della Basilicata impegnati da anni in progetti
di pubblica utilità, collocati nelle scuole, nei tribunali, nei comuni, nel
verde pubblico e in tanti altri ambienti di lavoro della pubblica
amministrazione, svolgendo attività dove la carenza di personale e una
inesistente pianificazione di rinnovo occupazionale oltre alla compressione dei
livelli dei servizi minimi da assicurare alla comunità crea disagi e disservizi
agli utenti ,colmati in parte con il nostro lavoro gratuito e senza un
regolare contratto di lavoro.
Negli anni abbiamo acquisito professionalità e competenze riconosciute da tutti
, ma formalmente e nei fatti non siamo neanche degni di essere chiamati
“lavoratori”.
Non abbiamo diritto alla malattia, ai contributi pensionistici, ad un giusto
riposo, alla maternità, non abbiamo alcun diritto riconosciuto. Avremmo diritto
a lavorare senza rischiare la vita, senza perderla, ma non essendo considerato
il nostro un lavoro, spesso e volentieri, non abbiamo nemmeno la minima
dotazione di sicurezza personale.
Sono passati decenni dal nostro primo inserimento in platee di pubblica
utilità, ci hanno chiamati con i nomi più fantasiosi e disparati pur di tenerci
sempre nel mondo sommerso del lavoro nero legalizzato dalle istituzioni, adesso
siamo definiti “tirocinanti di inserimento sociale” e “reddito minimo di
inserimento”, con ingente sperpero di fondi europei.
Assistiamo disabili, guidiamo pulmini dei comuni, visioniamo documenti e atti
sensibili in comuni e tribunali, siamo presenti nelle mense scolastiche e tante
altre mansioni, insomma svolgiamo un regolare lavoro ma senza un regolare
contratto.
Questo si chiama lavoro nero e le istituzioni invece di combatterlo se ne
riempiono i comuni.
Percepiamo un sussidio più basso di un reddito di
cittadinanza, solo 550 euro al mese, questa situazione ci sta distruggendo
fisicamente e psicologicamente.
Non riusciamo a pagare le bollette, a mantenere le nostre famiglie, a garantire
un’istruzione ai nostri figli. Ci sentiamo umiliati e sfruttati a tutti i
livelli dalle pubbliche amministrazioni, le quali si servono del nostro lavoro
senza riconoscerne il merito e i diritti.
Tutto questo perché è più facile far quadrare i bilanci se una persona al
posto di assumerla la marchi a vita come tirocinante, è comodo mandare avanti
la macchina comunale se la regione ti assegna gratuitamente lavoratori
lasciandoti meritoriamente pensare che contribuisci a strapparli
dal degrado e dall’emarginazione sociale.
Per noi questo paese non è una repubblica fondata sul lavoro, è un paese
gestito da rappresentanti istituzionali che usano il lavoro nero per garantire
dei servizi indispensabili, questo è anticostituzionale, oltre che
profondamente ingiusto.
Noi non cerchiamo un lavoro perché ce lo abbiamo già, siamo più che preparati
visto che lo svolgiamo da tanti anni, quello che Le chiediamo è un intervento
affinché si regolarizzi la nostra posizione lavorativa.
Le chiediamo di interessarsi perché sia emanata una legge che preveda una
selezione o concorso riservato ai lavoratori impegnati in lavori socialmente
utili comunque denominati, anche al di là dei tetti di spesa e delle piante
organiche così come oggi determinate, come già avvenuto in precedenza per
sanare le stesse situazioni. Sino a quando si userà l’utilizzo di sussidi di
sostegno al reddito per ottenere lavoro nero queste situazioni si ripeteranno e
si nasconderanno le migliaia di posti di lavoro coperti illegittimamente.
Chiediamo che per il futuro si faccia esperienza del fallimento della
condizionalità del riconoscimento dei sussidi subordinato all’espletamento di
lavori di pubblica utilità nei progetti di inclusione sociale ma che
vengano instaurati veri rapporti di lavoro, con il riconoscimento di
tutte le tutele previste.
La preghiamo di ascoltare il nostro grido di aiuto e di non lasciarci soli in
questa battaglia di dignità e giustizia.
La ringraziamo per l’attenzione che vorrà dedicare alla nostra lettera e Le
porgiamo i nostri più distinti saluti.
I LAVORATORI RMI/TIS LUCANI
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