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lunedì 17 giugno 2024

IL “COLD CASE” DI BASILICATA. L’OMICIDIO DI DOMENICO DI LASCIO, COMMESSO 35 ANNI FA A NEMOLI SENZA COLPEVOLI. IL CASO RIAPERTO DOPO LA DEPOSIZIONE DI UN NUOVO TESTE

DI SEGUITO LA NOTIZIA, CON LA RICOSTRUZIONE DELL’EFFERATO FATTO DI CONACA IN UN ARTICOLO DI DON MARCELLO COZZI DEL 12 GENNAIO 2009


FONTE PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DL POTENZA

DECRETO DI AUTORIZZAZIONE ALLO SVOLGIMENTO DI CONFERENZA STAMPA

II PROCURATORE DELLA REPUBBLICA

Visti gli atti del p.p. 1123/21/23 DDA riguardante un efferato omicidio commesso in Nemoli nel 1989, indagini riaperte a seguito della deposizione di un nuovo teste;

considerato che per il prosieguo delle indagini - relative ad un fatto di molti anni addietro in relazione al quale non è più possibile individuare, attraverso indagini tradizionali o tecniche, i testimoni di una parte della condotta prodromica al delitto che, all'epoca, non venne in alcun modo focalizzata — appare indispensabile rivolgere un appello all'opinione pubblica attraverso i mezzi d'informazione per stimolare eventuali testimoni oculari di tale fase del delitto a presentarsi presso questo Ufficio o presso la polizia giudiziaria, per rendere dichiarazioni;

considerata la particolare gravità dei fatti contestati, relativi a fenomeni di criminalità organizzata autoctona particolarmente pervasivi che hanno interessato il tessuto sociale del potentino;

Rilevato il conseguente grave allarme sociale che destano siffatti episodi delittuosi;

PQM

Dispone procedersi, con riferimento al procedimento suddetto, a conferenza Stampa in data odierna ore 12.30 presso il palazzo di Giustizia secondo le modalità sopra illustrate con la presenza dei responsabili delle diverse polizie giudiziarie che hanno svolto le indagini e dei PPMM assegnatari delle investigazioni. Si informi il Procuratore Generale, previa trasmissione del presente provvedimento

POTENZA 10.5.2023

IL PROCURATORE DISTRETTUALE FRANCESCO CURCIO


FONTE LIBERAINFORMAZIONE.ORG

DOMENICO DI LASCIO VENTI ANNI DOPO

DI MARCELLO COZZI IL 12 GENNAIO 2009

Erano le 23.30 circa dell’11 gennaio 1989. Domenico Di Lascio era al telefono nello studio al primo piano del suo mobilificio a Nemoli, sul lago Sirino, in provincia di Potenza. Qualcuno all’improvviso entra nella stanza e gli spara con una pistola calibro 6,35.
Di Lascio morirà solo dopo qualche giorno di agonia nella sala rianimazione dell’ospedale San Carlo di Potenza.
Sono passati vent’anni e anche di questo omicidio non si sa assolutamente nulla: sconosciuti i sicari, ignote le motivazioni, buio sui possibili mandanti.
Quello stesso buio che purtroppo circonda non poche storie dell’altra Basilicata, quella che non si vede o che non si deve vedere, e che come in altre storie si è lasciata dietro solo
un’infinità di interrogativi.
C’è un legame, per esempio, con quelle telefonate minacciose che arrivarono al telefono dell’ufficio di Di Lascio nel novembre del 1986? Fu un nipote a rispondere al telefono:
“avvisare Mimì che le cose in carcere si stanno sistemando e che non la passerà liscia”; e qualche giorno dopo: “zizì non ha capito niente faccia attenzione”.
E ancora: quella sera dell’11 gennaio i sicari, o il sicario, in che modo entrarono in casa Di Lascio senza forzare nessuna porta di ingresso? Le cronache di quei giorni, infatti,
raccontano che entrarono nel mobilificio attraverso una porta secondaria e usando una chiave di cui erano in possesso. Quella chiave, della quale nessuno sapeva che ci fossero in giro delle copie, è stata poi trovata e sequestrata dai carabinieri insieme ad altre chiavi del
mobilificio. Ma alcuni giorni dopo quel sequestro, in questo stesso mazzo di chiavi, se ne trovò un’altra che apriva una porta secondaria ma che non era nel mazzo sequestrato dai carabinieri. Chi era in possesso di questa chiave? Chi l’ha aggiunta poi al mazzo sequestrato?
E come hanno fatto ad aggiungerla visto che ormai erano in possesso dei carabinieri?
Nella Basilicata che ormai si ribella al silenzio imposto per troppi anni da tante forze “occulte” su non pochi fatti di cronaca, che trova speranza solo in un futuro che ha la capacità di chiudere i conti con il passato, che quotidianamente scopre nella ricostruzione della verità la via migliore per difendere una propria dignità collettiva, in questa Basilicata non c’è più posto per le tante domande senza risposta.
È l’ora della corresponsabilità anche nella ricerca delle verità. Chi dopo vent’anni ricorda qualcosa che non ha mai detto perché lo ha sempre ritenuto banale, chi ha sentito o
visto cose che ritiene importanti ma non ha mai riferito per paura o perché è meglio farsi i fatti propri, chi sa ma non parla perché dietro ci sono altre verità molto più gravi e molto più scottanti, chi invece si porta un terribile peso sulla coscienza perché è colui o colei che
ha ordinato l’omicidio o lo ha materialmente commesso, dopo vent’anni faccia un passo avanti.
È sufficiente un piccolo passo per cancellare vent’anni di silenzio complice.
Un piccolo ma significativo passo per cancellare ogni senso di colpa e mettere a tacere i rimorsi.
Un passo avanti per accorciare la distanza con le tante verità nascoste della Basilicata.

(DA LIBERA.IT)

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