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giovedì 9 luglio 2020

LIBERA BASILICATA. LA PRIMA MAFIA E' QUELLA DELL'INDIFFERENZA

FRANCESCO TAMMONE (Foto VittimeMafia.it)

RICORDANDO FRANCESCO TAMMONE, IL POLIZIOTTO DI SOLI 26 ANNI VITTIMA DELLA CRIMINALITA' ORGANIZZATA 24 ANNI FA, A POTENZA, LA SEGRETERA REGIONALE DELL'ASSOCIAZIONE HA EVIDENZIATO COME “QUANDO SI MUORE PER MANO CRIMINALE SI HA IL DOVERE DI  RICORDARE, SI HA IL DOVERE DI SOTTOLINEARE LA MAI SCONTATA RELAZIONE FRA LA MEMORIA E L’IMPEGNO”. ED ANCORA: “NUMEROSE SONO LE VERITÀ CHE CI GIRANO INTORNO NON RICONOSCIUTE ANCORA COME  TALI, COPERTE DAI GIOCHI DI POTERE, DALLA FORZA DI RICATTO DELLE MAFIE, DAL MARCIO DELLA CORRUZIONE MA  ANCHE DAL VELO OPACO DELLE TANTE, TROPPE COSCIENZE INERTI E ADDOMESTICATE”. IL COMUNICATO STAMPA INTEGRALE DI LIBERA BASILICATA E' LEGGIBILE CLICCANDO SU:


FRANCESCO TAMMONE
VITTIMA DI MAFIA

AGENTE DELLA POLIZIA DI STATO, UCCISO A POTENZA IL 10 LUGLIO 1996

Morì da eroe a soli 26 anni, in quella divisa che aveva sempre sognato e per la quale aveva  lavorato per lungo tempo a Palermo, in servizio durante gli anni di piombo della mafia. I suoi sogni  morirono con lui in una sera d'estate, nella città dove aveva chiesto di tornare, dove un anno  prima si era sposato e dove un mese prima era nata sua figlia. Lui, originario di Albano di Lucania,  aveva lasciato il suo paese per entrare in polizia.
Ricordare Francesco Tammone significa ancora una volta far sentire la nostra vicinanza ai suoi  familiari, alla stessa Polizia, e allo stesso tempo ricordare che in Basilicata, il pericolo mafioso non  si può assolutamente sottovalutare. 
Quando si muore per mano criminale si ha il dovere di  ricordare, si ha il dovere di sottolineare la mai scontata relazione fra la memoria e l’impegno.
L’impegno contro le mafie non può prescindere dal confronto diretto, concreto, con chi la  corruzione e la violenza mafiose l’hanno subite sulla propria pelle.  

FRANCESCO TAMMONE (foto cadutipolizia.it)

Senza questo confronto, che è  diventato spesso un rapporto di stima, di affetto, di condivisione, si corre il rischio di perdersi nelle  astrazioni dei “discorsi”, delle analisi magari brillanti ma sterili. 
Queste storie ci invitano a restare  coi piedi per terra, a sognare ma a occhi sempre ben aperti, a non dimenticare che al centro di  tutto, quando ci si impegna per la giustizia sociale, è sempre la persona, i suoi bisogni, le sue ferite,  le sue speranze. Ecco allora che la memoria e l’impegno non sono parole accostate a tavolino, ma  dimensioni che convivono in un reciproco, indispensabile, nutrimento. Senza questa convivenza  l’impegno può diventare routine e la memoria “retorica della memoria”, che è l’opposto della  ricerca. 
Non dobbiamo mai stancarci di cercare la giustizia e di chiederla quando viene taciuta,  omessa o manipolata. 
Numerose sono le verità che ci girano intorno non riconosciute ancora come  tali, coperte dai giochi di potere, dalla forza di ricatto delle mafie, dal marcio della corruzione ma  anche dal velo opaco delle tante, troppe coscienze inerti e addomesticate. 
La prima mafia – quella  su cui s’innestano tutte le altre – è la mafia dell’indifferenza.
Siamo consapevoli che in questo mondo è necessario coltivare la speranza perché noi siamo certi  che è viva e il solo fatto di praticare una testimonianza ne è la conferma.

Segreteria
LIBERA Basilicata

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