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giovedì 14 maggio 2020

GLI EFFETTI NEL METAPONTINO DELLA REGOLARIZZAZIONE DEI MIGRANTI CLANDESTINI


INTERVISTA A PIETRO SIMONETTI, COMPONENTE DEL TAVOLO NAZIONALE ANTICAPORALATO: “NO, NON HO PIANTO MA SONO ORGOGLIOSO DI AVER LAVORATO PER COGLIERE QUESTO OBIETTIVO. ORA MI ASPETTO UN CAMBIO DI CULTURA IMPRENDITORIALE NELL'ARCO JONICO LUCANO PER L'EMERSIONE DEL LAVORO NERO, LA SICUREZZA PER BRACCIANTI ED AGRICOLTORI, LA LOTTA AI CAPORALI. NO ALLA ILLEGALITA' CHE FAVORISCE L'ESPANSIONE DELLE MAFIE”.
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Non ha pianto, come la ministra Teresa Bellanova, ma ha espresso tutta la sua soddisfazione per il decreto approvato dal Consiglio dei ministri per la regolarizzazione degli immigrati clandestini. Si tratta di Pietro Simonetti, già responsabile della task force della Regione Basilicata per le politiche per i migranti ed attuale componente del Tavolo nazionale anticaporalato. Lo abbiamo intervistato via skype per parlare proprio di questa decisione governativa e delle possibilità connesse all'utilizzo della manodopera extracomunitaria nel Metapontino.
Allora, Pietro, contento?
Si. Ho lavorato duramente con altre persone negli ultimi due mesi per cogliere l'obiettivo. Non ho pianto ma è prevalso l'orgoglio”.
Perchè parli di obiettivo importante?
Perchè sulla questione immigrazione negli anni si è sviluppata l'industria della paura e della falsificazione. Il falso prevale ancora per nutrire l'emarginazione di queste persone indicate come il male assoluto. Ma non è così. Basti frequentare le campagne o le case dove vi sono le badanti che assistono i nostri anziani per capire l'umanità di questi soggetti”.
Quattrocento immigrati africani nel ghetto della Felandina. Cosa potrà cambiare nel prossimo futuro per questi lavoratori e per gli agricoltori che li assumeranno?
Non vanno ripetuti gli errori tragici del passato. Togliere di mezzo i containers di Bernalda nel 2010 con una trentina di migranti trasferitisi sotto il ponte di Metaponto. Poi lo sgombero senza alternativa nonostante Governo e Regione avessero proposto un investimento per un centro di accoglienza per 70 persone. Se non dai la casa, uno se la cerca. Da qui l'occupazione della Felandina coincisa con la chiusura degli Sprar e l'eliminazione dei permessi umanitari. Ed ecco il ghetto dove, lo ricordo, è stata bruciata viva una nigeriana trentenne che voleva uscire dalla tratta”.
Bene o male, però, questi braccianti erano impegnati nelle nostre campagne. Il decreto Conte potrà far emergere il lavoro nero dando sicurezza a lavoratori ed agricoltori eliminando il caporalato?
In queste settimane si inneggia al personale sanitario. Ma nessuno parla di queste persone. Oggi nel Metapontino lavorano 11mila soggetti per la gran parte migranti che non sono stati tutelati dal Covid-19. Parliamo di un 60 % formato da intere famiglie di rumeni, bulgari, che vivono da anni da noi. Loro sostengono il sistema dell'ortofrutta. Gli italiani sono il 40%. A chi produce odio dico che una buona parte dei nostri connazionali sono fittizi, assunti dagli imprenditori per raggiungere le 50 giornate. Ma loro non hanno mai visto una fragola. La manodopera specializzata del Metapontino è composta da migranti ed anche italiani.
Ma veramente gli italiani non vogliono più lavorare nei campi? Io ho messaggi contrari. Gli imprenditori vorrebbero gli extracomunitari perchè li pagherebbero di meno.
In parte è vero. L'assunzione di un italiano presuppone rispetto di norme e contratti. L'extracomunitario non chiede l'assicurazione o le indennità per la pensione. Si esiste anche questo problema”.
Il deliberato del Consiglio dei ministri lo risolverà? Ci saranno sicurezza sul lavoro? Contratti regolari? Il caporalato scomparirà o no?
Per esperienza dico che i decreti non risolvono il problema. La norma aiuta. Quando conquistammo lo Statuto dei lavoratori lo facemmo prima nelle fabbriche e poi con la legge. Qui c'è bisogno di un cambio di cultura: ci vuole la dignità del lavoro per rifuggire dal sommerso, dall'arrangiamento, dalla gestione di rapporti di produzione che hanno fatto il proprio tempo. C'è un rischio che ho misurato personalmente, Nel Nord Europa comincia a profilarsi il rifiuto della produzione gestita coi caporali. Mi hanno detto: noi i prodotti raccolti col sangue provocato dal caporalato non li vogliamo. Un'azienda inglese ha tolto una commessa da 100 milioni di euro ad una ditta del foggiano. Attenti: la prospettiva economica di una zona con una cultura del lavoro che viene da tempi lontani deve adeguarsi ad esigenze di libertà, democrazia, rispetto dei diritti.
Insomma serve legalità anche in agricoltura e nelle assunzioni nel settore?
La legalità non è una ricetta del medico. E' un esercizio della funzione democratica di libertà. Se prende il sopravvento l'illegalità viene la mafia. Se gestisce la criminalità viene la mancanza di libertà con estorsioni, attentati incendiari notturni, ritorsioni. Servono una bonifica culturale ed una economica. 

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