“IO, USCITA DALL’INFERNO DELLA VIOLENZA SONO RIMASTA VITTIMA DUE VOLTE. ANZI TRE”. DI SEGUITO IL TESTO INTEGRALE DELL’INTERVISTA RILASCIATA A MASSIMO BRANCATI
LILLY ROMITA (FOTO LA GAZZETTADELMEZZOGIORNO.IT) |
FONTE LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO.IT
LILLY ROMITA: «IO, USCITA
DALL’INFERNO DELLA VIOLENZA, OGGI CI METTO LA FACCIA»
LA SUA STORIA CON L’EX
CONSIGLIERE REGIONALE CASTELLUCCIO ARRESTATO A POLICORO CON LE ACCUSE DI ATTI
PERSECUTORI, VIOLENZA PRIVATA E MINACCE
25 NOVEMBRE 2022
MASSIMO BRANCATI
La storia risale al 26 marzo 2018. L'allora vicepresidente del Consiglio regionale, Paolo Castelluccio, arrestato nella sua abitazione di Policoro con le accuse di atti persecutori, violenza privata e minacce. Colto in flagranza di reato, l’uomo è stato rinviato a giudizio con un processo che, a distanza di quattro anni dall'accaduto, non è ancora decollato. In tutto questo tempo la vittima ha preferito restare nell'ombra, avviluppata dal silenzio per metabolizzare il dolore. Oggi ha deciso di uscire allo scoperto, di parlare, raccontare, puntualizzare alcuni aspetti di una vicenda che l'ha condizionata nel profondo al punto da dover ricorrere a cure psichiatriche per smarcarsi da depressione e attacchi di panico. Lei è Lilly Romita, 48 anni, impiegata, residente nei Sassi di Matera. Incarna l'archetipo della donna “tosta”, indipendente, affascinante e piena di gioia di vivere, ma la serenità raggiunta è il frutto di un calvario. O, per meglio dire, di un inferno da cui è emersa con grande difficoltà.
Perché ha deciso di parlare proprio ora dopo il lungo silenzio?
«La
verità è che prima stavo troppo male per poter raccontare pubblicamente la mia
storia. Non ero in grado. Adesso sto meglio, ho superato quel periodo e sento
di dover spiegare come si sente davvero una vittima. In occasione della
giornata contro la violenza sulle donne c'è chi dice cose senza sapere di cosa
si stia parlando davvero, cosa significa subire una violenza. Dibattiti vacui,
inutili. Non è un caso che chi ha vissuto sulla propria pelle certe situazioni
non partecipa a queste passerelle».
Secondo quanto trapela dalle carte dell'inchiesta
il vostro rapporto è stato all'insegna dello “stop and go”. Tante volte dice di
averlo lasciato. Ma la denuncia è scattata solo nel 2018. Perché non l'ha fatta
prima?
«Non
volevo denunciarlo perché ne ero innamorata. E non l’ho denunciato neppure
quando, nell’agosto del 2017, mi minacciò con un coltello. Chiesi al mio
avvocato di scrivergli lettere di diffida di fronte alle sue persecuzioni, ma
lui le ha sempre ignorate. Ricevevo continue telefonate con minacce. Ho avuto
tanta paura. Eppure ho pianto al suo arresto...».
Saranno state lacrime di “liberazione...”
«No, non
volevo che lo arrestassero. Pensi che arrivai a dire alle forze dell'ordine di
voler ritirare la denuncia. Anche quando andai in questura chiesi di tenerlo a
distanza ma senza far scattare le manette e rendere pubblica la vicenda. Hanno
proceduto d'ufficio all'arresto perché quello che aveva fatto era troppo grave.
Non volevo che finisse in carcere».
La classica sindrome di Stoccolma...
«È vero,
scattano dei meccanismi psicologici inspiegabili nelle vittime di violenze e
soprusi».
Quanto tempo è durata la vostra storia?
«Sette
anni».
All'inizio del rapporto non si è accorta delle distorsioni
comportamentali del suo compagno?
«No,
appariva come l'uomo dei sogni, il principe azzurro. Ma piano piano è venuta
fuori la sua indole e già dopo due, tre anni ho provato a lasciarlo. Più
cercavo di allontanarmi, però, e più lui diventata pressante, ossessivo,
maniacale. Una gelosia morbosa e ingiustificata».
Pensava che lei lo tradisse?
«Sì, ma
chi tradiva era lui, non io. Mi accusava addirittura di avere una storia con un
mio parente o che quando mi spostavo per lavoro in alberghi allacciavo relazioni.
In realtà era lui che aveva altre storie in contemporanea alla nostra e, come
si dice in gergo, girava la frittata accusandomi di avere flirt».
Una cosa è accusarla, un'altra è minacciarla...
«Già,
andava fuori di testa perché lo volevo lasciare dopo aver scoperto i suoi
tradimenti. Appena lo mandavo via succedeva il caos, perdeva il controllo.
Molte telefonate al giorno, si piazzava sotto casa, piangeva e una volta
minacciava di uccidermi e l'altra di togliersi la vita. Un inferno».
Dagli arresti è passato ai domiciliari e al divieto
di dimora a Matera. Oggi Castelluccio è libero in attesa del processo. Lo ha
mai più incontrato?
«Il
giorno stesso della scadenza del divieto di dimora si è palesato sotto casa
mia. E altre volte si è fatto vedere accompagnato da donne forse per farmi
ingelosire. Ma il fatto che lui stesse con altre persone mi faceva stare
tranquilla, perché ho sempre vissuto nel terrore che mi piombasse alle spalle
mentre stavo da sola, come accadde poco prima dell'arresto quando mi inseguì
per sussurrarmi all'orecchio: “Se ti vedo con un altro ti taglio la gola”.
Prima di andarsene mi diede uno schiaffo e mi insultò. Insulti che ha
continuato a farmi anche parlando con terze persone, con i suoi amici e
parenti».
Dicendo cosa?
«Che quella
p... di Lilly l'ha rovinato. Più o meno ciò che dicono alcuni suoi amici
secondo cui lui è una persona degna di stima. Anche in Consiglio regionale mi
ha diffamato dicendo che avevo un altro uomo mentre stavo con lui. Falso. Per questo l’ho querelato e risponderà del reato di
diffamazione aggravata. In pratica sono rimasta vittima due volte. Anzi, tre».
Tre volte vittima. Perché?
«Perché
ho perso anche alcune cose di famiglia a cui tenevo. Ha portato via tutto
quello che c'era in una casa che aveva in fitto a Matera dove io avevo lasciato
un antico armadio di famiglia e altro materiale. Nonostante gli avessi fatto
scrivere dall'avvocato chiedendogli di restituire le mie cose, lui ha fatto
finta di nulla. Alla fine l'ho denunciato per appropriazione indebita ed è
stato anche condannato. So che ha fatto ricorso in appello».
Può dire oggi di essere riuscita a mettersi alle
spalle definitivamente questa storia?
«Ho
vissuto un lungo periodo davvero difficile, ingoiata dal vortice della paura.
Quando passeggiavo al solo rumore di un'auto in prossimità mi saliva il cuore
in gola e giravo sempre con lo spray al peperoncino. Temevo per la mia vita.
Oggi sto recuperando il tempo perduto, ho tanta voglia di vivere. Ma le ferite
dell'anima restano».
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