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venerdì 25 novembre 2022

25 NOVEMBRE. LAGAZZETTADELMEZZOGIORNO.IT: “LILLY ROMITA E LA SUA STORIA CON L’EX CONSIGLIERE REGIONALE PAOLO CASTELLUCCIO ARRESTATO A POLICORO CON LE ACCUSE DI ATTI PERSECUTORI, VIOLENZA PRIVATA E MINACCE”

“IO, USCITA DALL’INFERNO DELLA VIOLENZA SONO RIMASTA VITTIMA DUE VOLTE. ANZI TRE”. DI SEGUITO IL TESTO INTEGRALE DELL’INTERVISTA RILASCIATA A MASSIMO BRANCATI  


LILLY ROMITA (FOTO LA GAZZETTADELMEZZOGIORNO.IT)

FONTE LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO.IT

LILLY ROMITA: «IO, USCITA DALL’INFERNO DELLA VIOLENZA, OGGI CI METTO LA FACCIA»

LA SUA STORIA CON L’EX CONSIGLIERE REGIONALE CASTELLUCCIO ARRESTATO A POLICORO CON LE ACCUSE DI ATTI PERSECUTORI, VIOLENZA PRIVATA E MINACCE

25 NOVEMBRE 2022

MASSIMO BRANCATI

La storia risale al 26 marzo 2018. L'allora vicepresidente del Consiglio regionale, Paolo Castelluccio, arrestato nella sua abitazione di Policoro con le accuse di atti persecutori, violenza privata e minacce. Colto in flagranza di reato, l’uomo è stato rinviato a giudizio con un processo che, a distanza di quattro anni dall'accaduto, non è ancora decollato. In tutto questo tempo la vittima ha preferito restare nell'ombra, avviluppata dal silenzio per metabolizzare il dolore. Oggi ha deciso di uscire allo scoperto, di parlare, raccontare, puntualizzare alcuni aspetti di una vicenda che l'ha condizionata nel profondo al punto da dover ricorrere a cure psichiatriche per smarcarsi da depressione e attacchi di panico. Lei è Lilly Romita, 48 anni, impiegata, residente nei Sassi di Matera. Incarna l'archetipo della donna “tosta”, indipendente, affascinante e piena di gioia di vivere, ma la serenità raggiunta è il frutto di un calvario. O, per meglio dire, di un inferno da cui è emersa con grande difficoltà.

Perché ha deciso di parlare proprio ora dopo il lungo silenzio?

«La verità è che prima stavo troppo male per poter raccontare pubblicamente la mia storia. Non ero in grado. Adesso sto meglio, ho superato quel periodo e sento di dover spiegare come si sente davvero una vittima. In occasione della giornata contro la violenza sulle donne c'è chi dice cose senza sapere di cosa si stia parlando davvero, cosa significa subire una violenza. Dibattiti vacui, inutili. Non è un caso che chi ha vissuto sulla propria pelle certe situazioni non partecipa a queste passerelle».

Secondo quanto trapela dalle carte dell'inchiesta il vostro rapporto è stato all'insegna dello “stop and go”. Tante volte dice di averlo lasciato. Ma la denuncia è scattata solo nel 2018. Perché non l'ha fatta prima?

«Non volevo denunciarlo perché ne ero innamorata. E non l’ho denunciato neppure quando, nell’agosto del 2017, mi minacciò con un coltello. Chiesi al mio avvocato di scrivergli lettere di diffida di fronte alle sue persecuzioni, ma lui le ha sempre ignorate. Ricevevo continue telefonate con minacce. Ho avuto tanta paura. Eppure ho pianto al suo arresto...».

Saranno state lacrime di “liberazione...”

«No, non volevo che lo arrestassero. Pensi che arrivai a dire alle forze dell'ordine di voler ritirare la denuncia. Anche quando andai in questura chiesi di tenerlo a distanza ma senza far scattare le manette e rendere pubblica la vicenda. Hanno proceduto d'ufficio all'arresto perché quello che aveva fatto era troppo grave. Non volevo che finisse in carcere».

La classica sindrome di Stoccolma...

«È vero, scattano dei meccanismi psicologici inspiegabili nelle vittime di violenze e soprusi».

Quanto tempo è durata la vostra storia?

«Sette anni».

All'inizio del rapporto non si è accorta delle distorsioni comportamentali del suo compagno?

«No, appariva come l'uomo dei sogni, il principe azzurro. Ma piano piano è venuta fuori la sua indole e già dopo due, tre anni ho provato a lasciarlo. Più cercavo di allontanarmi, però, e più lui diventata pressante, ossessivo, maniacale. Una gelosia morbosa e ingiustificata».

Pensava che lei lo tradisse?

«Sì, ma chi tradiva era lui, non io. Mi accusava addirittura di avere una storia con un mio parente o che quando mi spostavo per lavoro in alberghi allacciavo relazioni. In realtà era lui che aveva altre storie in contemporanea alla nostra e, come si dice in gergo, girava la frittata accusandomi di avere flirt».

Una cosa è accusarla, un'altra è minacciarla...

«Già, andava fuori di testa perché lo volevo lasciare dopo aver scoperto i suoi tradimenti. Appena lo mandavo via succedeva il caos, perdeva il controllo. Molte telefonate al giorno, si piazzava sotto casa, piangeva e una volta minacciava di uccidermi e l'altra di togliersi la vita. Un inferno».

Dagli arresti è passato ai domiciliari e al divieto di dimora a Matera. Oggi Castelluccio è libero in attesa del processo. Lo ha mai più incontrato?

«Il giorno stesso della scadenza del divieto di dimora si è palesato sotto casa mia. E altre volte si è fatto vedere accompagnato da donne forse per farmi ingelosire. Ma il fatto che lui stesse con altre persone mi faceva stare tranquilla, perché ho sempre vissuto nel terrore che mi piombasse alle spalle mentre stavo da sola, come accadde poco prima dell'arresto quando mi inseguì per sussurrarmi all'orecchio: “Se ti vedo con un altro ti taglio la gola”. Prima di andarsene mi diede uno schiaffo e mi insultò. Insulti che ha continuato a farmi anche parlando con terze persone, con i suoi amici e parenti».

Dicendo cosa?

«Che quella p... di Lilly l'ha rovinato. Più o meno ciò che dicono alcuni suoi amici secondo cui lui è una persona degna di stima. Anche in Consiglio regionale mi ha diffamato dicendo che avevo un altro uomo mentre stavo con lui. Falso. Per questo l’ho querelato e risponderà del reato di diffamazione aggravata. In pratica sono rimasta vittima due volte. Anzi, tre».

Tre volte vittima. Perché?

«Perché ho perso anche alcune cose di famiglia a cui tenevo. Ha portato via tutto quello che c'era in una casa che aveva in fitto a Matera dove io avevo lasciato un antico armadio di famiglia e altro materiale. Nonostante gli avessi fatto scrivere dall'avvocato chiedendogli di restituire le mie cose, lui ha fatto finta di nulla. Alla fine l'ho denunciato per appropriazione indebita ed è stato anche condannato. So che ha fatto ricorso in appello».

Può dire oggi di essere riuscita a mettersi alle spalle definitivamente questa storia?

«Ho vissuto un lungo periodo davvero difficile, ingoiata dal vortice della paura. Quando passeggiavo al solo rumore di un'auto in prossimità mi saliva il cuore in gola e giravo sempre con lo spray al peperoncino. Temevo per la mia vita. Oggi sto recuperando il tempo perduto, ho tanta voglia di vivere. Ma le ferite dell'anima restano».

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